Questo morto vale la metà…
Frasi di un lontano 2008 che sembrano appartenere ad un vecchio e lurido passato fatto di compravendite di morti e intrallazzi tenuti quasi alla luce del sole e condotti in camere mortuarie di ospedali milanesi.
Ricordi del passato e “care e vecchie” abitudini dure a morire che attraversano anche oggi tutta l’Italia ignorando la differenza tra nord e sud, grande e piccolo, alto e basso o ricco e povero.
Appena avevo iniziato a fare questo lavoro un mio amico con un sorriso tra il satirico e l’ironico mi disse: adesso anche tu da buon becchino comincerai a correr dietro alle ambulanze? (neanche a dire che non è più mio amico)
Anche a me è successo tanti anni fa; la notizia che mio padre fosse deceduto mi fu comunicata con grande tatto in ospedale dal falchetto appostato che ci accolse alle porte del reparto.
La cosa più incredibile è che, al giorno d’oggi, assistiamo a corsi e ricorsi della storia.
Ogni tanto, in qualche regione d’Italia, sentiamo di retate o maxi processi che coinvolgono gruppi di dirigenti ospedalieri, infermieri e i sempre intramontabili impresari di pompe funebri.
Cosa succede dopo? Nulla; chi viene messo alla porta? Nessuno; quali interventi si attuano? Nessuno.
Se c’è una cosa che la categoria non si fa mai mancare è quella di rinfrescarsi sempre una nomea atroce agli occhi della gente.
Mentre state leggendo queste quattro righe, negli ospedali pubblici o privati di mezza Italia si sta perpetrando ORA l’illecito vergognoso della vendita del morto.
In microeconomia la domanda e l’offerta sono modelli matematici che determinano il giusto prezzo, che tradotto per tutti noi, se non c’è domanda non ci sarà mai offerta e viceversa. Questo significa che è uno schifoso mercato che si autoalimenta facendo crescere l’appetito mentre già si sta mangiando.
Non importa se ogni tanto gli attori vengono cambiati perché sorpresi a mettere le braccia fino alle spalle nella marmellata perché dietro di loro ci sarà sempre qualcun altro pronto a prendere il loro posto sul palcoscenico.
Ci siamo chiesti allora (ogni tanto ci interroghiamo sul destino del mondo) cosa possiamo fare noi per interrompere questa catena e sradicare questo fenomeno sociale?
Una soluzione (impossibile) sarebbe quella di educare le future generazioni di imprenditori ad una sana e buona deontologia professionale, ma arriveremmo tardi e sempre dopo l’educazione di casa propria.
Altra soluzione (più praticabile) è quella di inasprire le gestioni ed i controlli delle camere mortuarie agendo con radicali interventi di carattere procedurale sulla conduzione di queste strutture.
È un classico, è più facile metter due guardie a sorvegliare che educare il sentimento a non rubare.
Quindi Federcofit ha concepito e condiviso con Feniof un piano di intervento radicale dotato di molti punti nodali e di specifici interventi, messi a punto anche con tecnici gestionali nel settore sanitario, per cercare di scardinare alla base la possibilità di interferenze tra le figure dell’infermiere e quella dell’operatore funebre scorretto.
Nuove procedure che se adottate, anche solo in parte, riuscirebbero a far seccare le radici di queste piante infestanti.
Queste numerose proposte le faremo arrivare alle orecchie e sui tavoli degli assessori regionali che da tempo ci stanno ascoltando e affiancando nei vari percorsi di riforma.
Precursore farà la Lombardia di questo ambizioso progetto avendo già iniziato da tempo un percorso di eccellenza della sanità regionale.
Noi ci proviamo, è giusto ed un nostro preciso dovere, cercare affannosamente di ridare una corretta immagine di professionalità a chi si adopera in un mestiere difficile e impegnativo come il nostro.