Le nuove stagioni della Funeraria

Periodicamente, Euroact si fa portatore di ipotesi e progetti per il futuro della funeraria italiana che travalicano l’azione di informazione propria e tradizionale dell’Agenzia ed i commenti su fatti, temi e questioni proprie di questo settore utili e particolarmente apprezzati.

È il caso del “Ri-federiamo dal basso la polizia mortuaria con un modello a “rete”» di Necroforo del 12 settembre scorso.

Senza entrare nel merito di un leitmotiv del pensiero dell’autore, mutuato in buona parte dalle posizioni di SEFIT, cioè la critica feroce e, francamente, ingiustificata in considerazione del quadro di riferimento normativo nazionale, contro l’operato normativo delle Regioni, merita una qualche attenzione la riflessione condotta nell’articolo nella considerazione, palese di fronte a tutti, dell’assoluto disinteresse della “politica nazionale” sulla materia.

Dal 2001, con la presentazione del Disegno di Legge “Sirchia” e dopo la conferma referendaria della modifica del Capo V della Costituzione, abbiamo assistito alla presentazione in ogni legislatura succedutasi (5 o 6 tra quelle piene e quelle interrotte) di specifici Disegni di Legge senza che nessuno sia riuscito ad arrivare in porto, indipendentemente dal giudizio che ogni componente interessata ne possa dare.

Al di là, quindi, della certezza “incontrovertibile” e certificabile da tutti che il rinnovamento e lo sviluppo della funeraria italiana, per la verità più il funebre rispetto al cimiteriale (anche su questo sarebbe utile un maggiore approfondimento), lo dobbiamo alle bistrattate Regioni (formazione degli addetti, trasferimento delle salme, nuovi e corposi investimenti per qualificare i servizi con le case funerarie, definizione delle “incompatibilità”…), può essere utile e fruttuoso avviare una riflessione su un assetto “istituzionale” e normativo imperniato sulla centralità, o ruolo più significativo, delle Regioni con vincoli condizionati, su specificate materie, dalla Conferenza Stato-Regioni al fine di unificare meglio, sul piano nazionale, le varie ed articolate realtà territoriali.

Ci sono sicuramente materie che comportano un intervento di competenze sovraregionali; si pensi alla realizzazione e confezionamento dei cofani, ai ristretti confini territoriali per il trasferimento delle “salme”, ai processi formativi obbligatori per tutti gli addetti funebri, cimiteriali e non solo, e ad altre poche materie anche nell’ambito cimiteriale come le dimensioni minime dei sepolcri o delle fosse da inumazione, per fare un solo esempio. Si tratta di materie particolari che travalicano i singoli territori e le particolari consuetudini locali capaci, però, di segnare l’unitarietà di un Paese e il rispetto di regole e diritti inalienabili in tutto il Paese.

L’impressione, o forse meglio la certezza, che si ricava alla luce degli ultimi 25 anni di storia nazionale in merito alla disciplina funeraria è che la totale disattenzione dalla “politica nazionale” all’argomento derivi non solo dall’incombere sulla scena politica negli ultimi decenni di temi e problemi più gravi ed impellenti, oltre che più profittevoli, rispetto alla misera funeraria ma probabilmente anche dalla constatazione che il settore, ancorché coinvolgente oltre 600.000 famiglie ogni anno, di fatto non è abbandonato a se stesso ma è, in qualche modo, curato dalle Regioni (con buona pace dei cittadini laziali che ancora aspettano una qualche cura) e quindi non bisognoso di una particolare sollecita attenzione. Non si spiega altrimenti la perdurante disattenzione anche in presenza di maggioranze solide come ce ne sono state nel corso degli ultimi 25 anni; certamente, alla presenza di ben 19 leggi regionali e con i problemi generali che il Paese deve affrontare, anche le divisioni marcate all’interno delle componenti presenti nel settore sono ragioni valide per non intervenire nazionalmente.

In questo quadro politico nazionale – con una pressoché totale sordità verso le domande della funeraria – il ruolo delle Regioni, e soprattutto se coordinate nazionalmente, assumerebbe una importanza decisiva anche per le prospettive future dell’intero settore.

Si tratta di strada complessa e, sicuramente, non facile alla luce delle posizioni manifestate dalle più significative componenti e Organizzazioni presenti, funebri, cimiteriali, comunali ecc.

Una generale convergenza tra gli attori del settore è ancora più necessaria per fare concreti passi avanti.

La storia degli ultimi vent’anni è ricca di tentativi di raggiungere risultati concreti miseramente falliti: dai primi tentativi sotto l’egida del compianto Nino Leanza, alla proposta di legge “Sirchia”, alle altre proposte e controproposte succedutesi nelle successive legislature l’unica convergenza che si ricordi tra le Organizzazioni nazionali del settore è quella riferita alla fiscalità dei servizi funebri e cimiteriali (introduzione di IVA ridotta e ampliamento delle detrazioni sui servizi funebri e cimiteriali) mai accettata dalle Istituzioni, neppure in fase di analisi, perché considerata di applicazione impossibile.

Dobbiamo constatare tutti, nessuno escluso, come sia prevalsa la logica del “prendere o lasciare” senza compromessi o mediazioni che ha portato la “politica”, anche quando potevano esserci possibilità di successo, ad abbandonare la “pugna” per le troppo marcate divisioni del settore.

Una cosa è certa: le legislazione regionale, in genere anche se con differenze e con qualche rara eccezione, ha permesso e permette alla funeraria nel suo complesso uno sviluppo sia in termini professionali sia nella crescita e rafforzamento imprenditoriale (molto più nel funebre rispetto al cimiteriale probabilmente anche per la minore attenzione prestata a questo livello di legislazione da parte delle componenti cimiteriali), ma tutto questo  non basta per affrontare i problemi dell’oggi e del futuro del settore.

I mutamenti ed evoluzioni sociali del paese, uno per tutti l’esplodere delle cremazioni e la crisi delle strutture cimiteriali, impongono una profonda evoluzione delle norme: temi come la semplificazione, la digitalizzazione, la liberalizzazione e i ruoli delle strutture e dei vari soggetti in campo debbono trovare risposte nuove e di lungo respiro in ambiti territoriali vasti, almeno nazionali.

La strada delle Regioni raccordate tra loro, e quindi con una sorta di potestà nazionale, può rappresentare uno sbocco più facile rispetto all’intervento dello Stato Centrale tramite il Parlamento, però anche questa strada può avere successo solo se le Organizzazioni “nazionali” riescono a convergere su un disegno condiviso, almeno nelle grandi linee.

Bisogna ricominciare a parlarsi, a conoscersi meglio, ad analizzare e, come dire, metabolizzare le ragioni diverse che stanno alla base delle specifiche posizioni; bisogna riprendere un percorso che permetta la realizzazione di sedi di costante e consuetudinario confronto sulle soluzioni ai vari problemi senza considerarci, nessuno, come il sole intorno a cui girano i vari pianeti.

Il settore nel suo complesso è cresciuto, ne è prova l’interesse crescente del capitale finanziario che registriamo giornalmente; ha bisogno di nuove risposte per svolgere, oggi, la sua funzione sociale ed economica.

Compito delle Organizzazioni del settore è elaborare le risposte adeguate e trovare la strada per metterle in atto, tutti insieme e non ognuno per conto suo, come dimostra la lunga esperienza passata.

CARONTE