I segreti di Caronte: il traghettatore dell’Ade che Dante ha reso immortale

Tutti quanti conosciamo Caronte, il nostro editorialista che, tenendo fede alla nomea di personaggio non proprio conciliante, si prende la briga di vergare i commenti più sferzanti sulle cose che non vanno della Funeraria italiana, ma è possibile che non tutti ne conoscano la storia personale e familiare perché, oltre che poco conciliante, il nostro Caronte è pure molto riservato: abbiamo condotto una indagine accuratissima sul suo passato (e presente), che sicuramente ci procurerà qualche bisticcio in redazione…

Nella mitologia greca e romana, Caronte è il traghettatore delle anime dei defunti attraverso il fiume Acheronte, che separa il mondo dei vivi da quello dei morti. La sua figura è legata al mito dell’obolo, una moneta che veniva posta sotto la lingua del defunto per pagare il passaggio sulla barca.
Le origini precristiane di un mito dell’era moderna di un personaggio della letteratura medievale
Le prime testimonianze sulla figura di Caronte risalgono al V secolo a.C., ma è probabile che il personaggio abbia origini ancora più antiche. Il suo nome, in greco antico Χάρων, potrebbe essere collegato al termine χαροπός (charopos), che significa “ardente”, “fiammeggiante”, in riferimento ai suoi occhi.

Caronte - attribuito al Pittore di Tymbos - 500a.C. circa
Caronte – attribuito al Pittore di Tymbos – 500a.C. circa

Le prime raffigurazioni di Caronte risalgono all’antica Grecia, dove il personaggio era già presente nella mitologia. Lo troviamo in alcune pitture l’anfora attribuita al Pittore di Tymbos (circa 500 a.C.), che mostra Caronte mentre traghetta le anime su una barca.
Secondo la tradizione mitologica, Caronte è figlio di Erebo (l’oscurità) e della Notte. Viene descritto come un vecchio burbero e scontroso, con una lunga barba e occhi di fuoco. La sua barca è spesso raffigurata come una piccola imbarcazione malandata, adatta a trasportare le anime dei defunti.

Nella mitologia greca, Caronte emerge come figura chiave nel trapasso, il traghettatore di anime attraverso il fiume infernale Acheronte. Il suo servizio aveva un costo: l’obolo, una piccola moneta che i defunti dovevano portare con sé per pagare il viaggio verso l’aldilà.
L’usanza di porre una moneta sotto la lingua del defunto per il “nolo” è profondamente radicata nella cultura greca, con testimonianze che risalgono al V secolo a.C. Questa pratica non era solo un atto simbolico, ma una vera e propria necessità per assicurare al defunto un passaggio sereno verso l’Ade.
Il mito dell’obolo di Caronte ha radici profonde e significati simbolici importanti. Il pagamento sottolinea il passaggio dalla vita alla morte come un viaggio inevitabile, un tributo da versare per accedere al regno dei morti.

"Obolo di Caronte". V-I secolo a.C.
Obolo di Caronte“. V-I secolo a.C.

Questa credenza ha influenzato profondamente le pratiche funebri e la cultura popolare, lasciando un’eredità che persiste nel tempo. L’obolo di Caronte è diventato un simbolo potente del trapasso, un monito sulla caducità della vita e sull’importanza di prepararsi al viaggio finale.
Nel corso dei secoli, la figura di Caronte e il mito dell’obolo sono stati ripresi e reinterpretati in diverse forme artistiche e letterarie, dalla Divina Commedia di Dante alle opere di autori contemporanei. La loro presenza testimonia il fascino intramontabile di questa leggenda, capace di parlare ancora oggi al cuore dell’uomo.

Caronte e i suoi “fratelli”
La figura di Caronte non è unica nel suo genere. Diverse culture antiche presentano personaggi simili, con il ruolo di accompagnare le anime dei defunti nell’aldilà. Tra questi, possiamo citare: Anubi, il dio egizio con testa di sciacallo, protettore dei morti e guida nell’oltretomba, Ermete Psicopompo (ebbene sì, il nostro Ermes!), messaggero degli dèi greci, incaricato di accompagnare le anime dei defunti nell’Ade e, infine, Xolotl il dio azteco con testa di cane, guida delle anime nel Mictlan, il regno dei morti.
Da traghettatore dell’Ade a demone infernale: la cristianizzazione di Caronte
Nella mitologia greca e romana, Caronte era il traghettatore delle anime dei defunti attraverso il fiume Acheronte. Con l’avvento del cristianesimo, la sua figura ha subito una trasformazione significativa.
Il cristianesimo, con la sua visione del mondo incentrata sulla contrapposizione tra il bene e il male, ha reinterpretato le figure mitologiche pagane in chiave negativa. Caronte, in quanto legato al mondo dei morti, è stato associato al demonio, diventando una figura oscura e spaventosa.
Questa immagine di Caronte è presente anche nella Divina Commedia di Dante, dove il personaggio è descritto come un “dimonio dagli occhi di bragia” che “batte ogni indugio” (Inferno, III, 130-132) che traghetta le anime dei dannati verso l’Inferno.
La figura di Caronte ha continuato ad essere presente nell’immaginario collettivo anche dopo il Medioevo, comparendo in numerose opere letterarie, artistiche e cinematografiche. La sua immagine di demone infernale è rimasta dominante, anche se non sono mancate interpretazioni più sfumate e complesse del personaggio.
Un personaggio che attraversa i millenni
Caronte, il traghettatore dell’Ade, è una figura mitologica che ha ispirato innumerevoli artisti nel corso dei secoli. La sua immagine è stata reinterpretata in modi diversi, riflettendo le diverse epoche e sensibilità artistiche.
Nel Medioevo, Caronte è spesso raffigurato come un vecchio barbuto e arcigno, che traghetta le anime dei defunti attraverso l’Acheronte, e la sua figura è presente in molte opere d’arte, come affreschi, miniature e sculture. Caronte rappresenta una presenza fissa nell’iconografia cristiana, soprattutto nelle raffigurazioni del Giudizio Universale. Lo troviamo spesso in affreschi e miniature, come quelli che illustrano la Divina Commedia di Dante. In queste opere, Caronte è un personaggio inquietante, spesso associato al demonio e alle pene dell’Inferno.

Caronte - da "Giudizio universale" (Michelangelo Buonarroti), tra 1536-1541
Caronte – da “Giudizio universale” (Michelangelo Buonarroti), tra 1536 e 1541

Nel Rinascimento e nel Barocco, Caronte diventa un personaggio più complesso e sfaccettato: alcuni artisti lo raffigurano come un uomo muscoloso e imponente, mentre altri lo rappresentano come un vecchio stanco e malinconico, assume forme più complesse e drammatiche. Artisti come Michelangelo, Tiziano e Rubens lo raffigurano in opere di grande impatto emotivo, dove il traghettatore dell’Ade diventa simbolo della fragilità della vita e dell’inevitabilità della morte.
In epoca moderna, Caronte continua ad essere una fonte di ispirazione per gli artisti. La sua immagine è presente in dipinti, sculture, illustrazioni e persino in opere di videoarte.
Lo troviamo in opere di artisti come Gustave Doré, che ha illustrato l’Inferno di Dante con suggestive incisioni, e in dipinti di artisti contemporanei che esplorano il tema della morte e dell’aldilà.
Oltre alla pittura, Caronte è stato raffigurato anche in numerose sculture. Tra le più celebri, ricordiamo la scultura in marmo di Jean-Baptiste Pigalle (1758), che mostra Caronte mentre traghetta un’anima verso l’Ade, e la scultura in bronzo di Auguste Rodin (1880), che raffigura Caronte in una posa pensierosa e malinconica.
Nel XX secolo, Caronte fa la sua comparsa anche nei media, come cinema, televisione e videogiochi. La sua figura è spesso utilizzata per rappresentare la morte o il passaggio all’aldilà.
Alcuni esempi di opere che hanno reinterpretato la figura di Caronte sono il film “Orfeo” di Jean Cocteau (1949), dove Caronte è un personaggio misterioso e affascinante e il videogioco “Hades” (2020), dove Caronte è un personaggio giocabile con abilità uniche.

Insomma, il nostro Caronte è un ganzo: una figura mitologica complessa e affascinante, che ha attraversato i secoli e le culture, assumendo significati diversi.
Da traghettatore di anime a demone infernale, il personaggio di Caronte continua ad affascinare e a ispirare artisti di ogni genere; la sua presenza nella Divina Commedia di Dante ha contribuito a renderlo immortale, consegnandolo all’immaginario collettivo come uno dei simboli più potenti del passaggio dalla vita alla morte.