Conservazione delle ceneri: Corte di Giustizia UE contro le norme italiane
Con la sentenza pronunciata il 14 novembre 2018 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si riapre la diatriba sulla possibile esistenza dei cimiteri privati atti alla conservazione delle ceneri.
È storia, oramai, il caso di Padova il quale inizialmente innescò da parte della Chiesa Cattolica il progetto di costruzione e realizzazione di luoghi all’interno delle chiese dove poter, su richiesta, “domiciliare” le proprie ceneri.
Questo ulteriore pronunciamento sancisce il contrasto della Norma Europea con il triplice livello Nazionale, Regionale Veneta e Comunale padovana.
Viene di fatto accolta l’ipotesi di pronuncia pregiudiziale, mossa da parte di una impresa privata e appoggiata dalla familiare, per concedere la custodia delle ceneri anche in un luogo differente da quelli possibili e previsti dalla nostra normativa.
Per Vostra comodità abbiamo evidenziato in rosso i passaggi fondamentali che rappresenterebbero un importante e storico nodo di confronto normativo tra la l’Unione Europea e il nostro Paese Italia. L’Unione considera la posizione attuale divieto alle imprese private di fornire un servizio di conservazione di urne cinerarie come l’effetto di conferire ai servizi comunali un monopolio sulla fornitura del servizio di conservazione di tali urne.
Invitiamo tutti ad una attenta lettura ricordando che tale pronunciamento riguarda l’accettazione di una istanza di pronuncia pregiudiziale e quindi come tale grado di giudizio va considerata.
«Rinvio pregiudiziale – Restrizioni alla libertà di stabilimento – Competenza della Corte – Ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale – Situazione puramente interna – Normativa nazionale che vieta ogni attività lucrativa in relazione alla conservazione delle urne cinerarie – Esame della proporzionalità – Coerenza della normativa nazionale».
Nella causa C-342/17, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (Italia), con ordinanza dell’11 maggio 2017, pervenuta in cancelleria l’8 giugno 2017, nel procedimento Memoria Srl, Antonia Dall’Antonia contro Comune di Padova, con l’intervento di: Alessandra Calore.
- La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 49 e 56 TFUE.
- Tale domanda è stata presentata nel contesto di una controversia che vede opposti la XXXX Srl e la sig.ra XXXXX XXXXX al Comune di Padova (Italia) in merito a una normativa, emanata da quest’ultimo, diretta a vietare agli affidatari di un’urna cineraria di demandarne la conservazione, dietro compenso, a un’impresa privata.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
- Il considerando 8 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36), così recita:
«8. È opportuno che le disposizioni della presente direttiva relative alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei servizi si applichino soltanto nella misura in cui le attività in questione sono aperte alla concorrenza e non obblighino pertanto gli Stati membri a liberalizzare i servizi d’interesse economico generale, a privatizzare gli enti pubblici che forniscono tali servizi o ad abolire i monopoli esistenti per quanto riguarda altre attività o certi servizi di distribuzione».
- Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, primo comma, della direttiva 2006/123:
«La presente direttiva non riguarda né l’abolizione di monopoli che forniscono servizi né gli aiuti concessi dagli Stati membri cui si applicano le regole comunitarie di concorrenza».
Diritto italiano
Legge del 24 dicembre 2012, n. 234
- L’articolo 53 della legge del 24 dicembre 2012, n. 234 – Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea (GURI n. 3, del 4 gennaio 2013), stabilisce quanto segue:
«Nei confronti dei cittadini italiani non trovano applicazione norme dell’ordinamento giuridico italiano o prassi interne che producano effetti discriminatori rispetto alla condizione e al trattamento garantiti nell’ordinamento italiano ai cittadini dell’Unione europea».
Legge del 30 marzo 2001, n. 130
- L’articolo 3 della legge del 30 marzo 2001, n. 130 – Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri (GURI n. 91, del 19 aprile 2001), così dispone:
«1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro della sanità, sentiti il Ministro dell’interno e il Ministro della giustizia, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, si provvede alla modifica del [decreto del Presidente della Repubblica del 10 settembre 1990, n. 285, approvazione del regolamento di polizia mortuaria (GURI n. 239, del 12 ottobre 1990)], sulla base dei seguenti principi:
(…)
- b) l’autorizzazione alla cremazione è concessa nel rispetto della volontà espressa dal defunto o dai suoi familiari attraverso una delle seguenti modalità:
(…)
- c) la dispersione delle ceneri è consentita, nel rispetto della volontà del defunto, unicamente in aree a ciò appositamente destinate all’interno dei cimiteri o in natura o in aree private; la dispersione in aree private deve avvenire all’aperto e con il consenso dei proprietari, e non può comunque dare luogo ad attività aventi fini di lucro; la dispersione delle ceneri è in ogni caso vietata nei centri abitati (…); la dispersione in mare, nei laghi e nei fiumi è consentita nei tratti liberi da natanti e da manufatti;
- d) la dispersione delle ceneri è eseguita dal coniuge o da altro familiare avente diritto, dall’esecutore testamentario o dal rappresentante legale dell’associazione di cui alla lettera b), numero 2), cui il defunto risultava iscritto o, in mancanza, dal personale autorizzato dal comune;
(…)
- f) il trasporto delle urne contenenti le ceneri non è soggetto alle misure precauzionali igieniche previste per il trasporto delle salme, salvo diversa indicazione dell’autorità sanitaria;
(…)
- i) predisposizione di sale attigue ai crematori per consentire il rispetto dei riti di commemorazione del defunto e un dignitoso commiato.
(…)».
- A norma dell’articolo 5, paragrafo 2, di tale legge:
«Con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della sanità, sentite l’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), la Confederazione nazionale dei servizi (CONFSERVIZI), nonché le associazioni maggiormente rappresentative che abbiano fra i propri fini quello della cremazione dei propri soci, sono stabilite, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le tariffe per la cremazione dei cadaveri e per la conservazione o la dispersione delle ceneri nelle apposite aree all’interno dei cimiteri».
Decreto del Presidente della Repubblica del 10 settembre 1990, n. 285
- Ai sensi dell’articolo 92, comma 4, del decreto del presidente della Repubblica del 10 settembre 1990, n. 285:
«Non può essere fatta concessione di aree per sepolture private a persone o ad enti che mirino a farne oggetto di lucro o di speculazione».
Legge regionale del 4 marzo 2010, n. 18
- La legge regionale del 4 marzo 2010, n. 18 – Norme in materia funeraria, della Regione del Veneto, ha affidato ai comuni il compito di emanare le prescrizioni sulla conservazione e sulle caratteristiche delle urne cinerarie.
Regolamento dei servizi cimiteriali del Comune di Padova
- L’articolo 52 del regolamento dei servizi cimiteriali del Comune di Padova, come modificato dalla delibera del Comune di Padova del 30 novembre 2015, n. 84, così prevede:
«1. L’affidamento dell’urna cineraria per la conservazione in abitazione avverrà secondo quanto disposto in vita dal defunto, risultante da atto scritto. In mancanza, l’affidamento potrà essere richiesto dal coniuge o, in difetto, dal parente più prossimo individuato ai sensi degli articoli 74, 75, 76 e 77 del codice civile e, in caso di concorrenza di più parenti dello stesso grado, dalla maggioranza assoluta di essi.
- È consentito, in caso di comprovati vincoli affettivi o di riconoscenza, l’affidamento anche a soggetti diversi da quelli indicati nel secondo periodo del comma precedente, previo consenso scritto degli aventi diritto.
- Non è in nessun caso consentito all’affidatario demandare a terzi la conservazione dell’urna cineraria. Tale divieto vale anche in caso di espressa volontà manifestata in vita dal defunto.
- È fatto obbligo di conservare l’urna esclusivamente presso l’abitazione dell’affidatario, in luogo protetto da possibili profanazioni o sottrazioni. Non potranno essere praticate sull’urna, per nessun motivo, aperture o fori.
- In qualsiasi momento il Servizio cimiteriale potrà disporre che l’urna cineraria venga esibita dall’affidatario, per verificarne l’integrità e lo stato di conservazione.
(…)
- È in ogni tempo possibile richiedere la collocazione in area cimiteriale dell’urna già affidata.
- Oltre a quanto previsto dal quarto comma, in nessun caso la conservazione di urne cinerarie può avere finalità lucrative, e pertanto non sono ammesse attività economiche che abbiano ad oggetto, anche non esclusivo, la conservazione di urne cinerarie a qualsiasi titolo e per qualsiasi durata temporale. Tale divieto vale anche in caso di espressa volontà manifestata in vita dal defunto».
Procedimento principale e questione pregiudiziale
- La Memoria è una società costituita il 1° dicembre 2014. La sua attività consiste nell’offrire alle famiglie di defunti cremati un servizio di conservazione delle loro urne cinerarie sulla base di contratti di cessione di spazi per il deposito di dette urne in colombari. Tale servizio è presentato come finalizzato a consentire alle famiglie di evitare di dover custodire le urne presso la propria abitazione, offrendo loro un accesso ai locali dove sono conservate dette urne più agevole rispetto a quanto accade per un cimitero. I luoghi in cui tali urne sono conservate si presentano come spazi esclusivamente destinati a custodire tali urne, in ambienti esteticamente gradevoli, tranquilli, protetti e particolarmente appropriati per il raccoglimento e la preghiera in memoria dei defunti.
- A partire dal mese di settembre 2015 la Memoria ha inaugurato alcuni spazi esclusivamente destinati ad ospitare urne cinerarie, che essa denomina «Luoghi della Memoria», dislocati in diversi quartieri del Comune di Padova. L’accesso dei membri della famiglia del defunto a tali luoghi è subordinato all’accettazione di un codice di condotta interno, che impone, in particolare, l’osservanza delle norme di buona educazione, correttezza e dignità, il divieto di consumare bevande alcoliche e l’obbligo di indossare un abbigliamento corretto.
- La sig.ra XXXXX è una potenziale cliente della XXXXX, in quanto intende cremare le spoglie del proprio marito e trasferire le sue ceneri in una di tali strutture.
- Tuttavia, il Comune di Padova ha emanato la delibera n. 84, del 30 novembre 2015, che ha modificato il regolamento dei servizi cimiteriali di detto comune. Le modifiche sopravvenute producono l’effetto di escludere espressamente che l’affidatario di un’urna cineraria possa avvalersi di servizi di un’impresa privata, gestita al di fuori del servizio cimiteriale comunale, al fine di conservare tale urna fuori dell’ambito domestico.
- Il 15 febbraio 2016, la XXXXX e la sig.ra XXXXX hanno adito il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (Italia) chiedendo l’annullamento della citata delibera e, per quanto concerne la XXXXX, il risarcimento dei danni subiti a causa della medesima. Per suffragare il loro ricorso, esse adducono, in sostanza, che la normativa nazionale in discussione non è conforme al diritto dell’Unione e, più precisamente, ai principi della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi.
- In proposito, il giudice del rinvio spiega di nutrire dubbi quanto all’invocabilità di tali principi, dato che la normativa nazionale in questione si applica non già all’insieme del territorio nazionale, bensì unicamente al Comune di Padova. Per contro, laddove i suddetti principi dovessero essere considerati applicabili, il medesimo giudice ritiene che sussistano ragioni per dubitare che la normativa nazionale controversa sia conforme a tali principi, dal momento che tale normativa non è, a suo avviso, giustificata da alcuna ragione di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica.
- In tale contesto, il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«[S]e gli articoli 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che ostano all’applicazione delle seguenti disposizioni dell’articolo 52 del regolamento dei servizi cimiteriali del Comune di Padova [come modificato dalla delibera del Comune di Padova del 30 novembre 2015, n. 84, le quali dispongono che]:
“Non è in nessun caso consentito all’affidatario demandare a terzi la conservazione dell’urna cineraria. Tale divieto vale anche in caso di espressa volontà manifestata in vita dal defunto” (comma terzo).
“È fatto obbligo di conservare l’urna esclusivamente presso l’abitazione dell’affidatario” (comma quarto). (…)
“In nessun caso la conservazione di urne cinerarie può avere finalità lucrative e pertanto non sono ammesse attività economiche che abbiano ad oggetto, anche non esclusivo, la conservazione di urne cinerarie a qualsiasi titolo e per qualsiasi durata temporale. Tale divieto vale anche in caso di espressa volontà manifestata in vita dal defunto” (comma decimo)».
- Con ordinanza del presidente della Corte del 31 luglio 2017, la domanda del giudice del rinvio intesa a sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento accelerato di cui all’articolo 105 del regolamento di procedura della Corte è stata respinta.
Sulla questione pregiudiziale
Sulla competenza della Corte
- Il governo italiano sostiene che la Corte non è competente a rispondere alla questione sottoposta, in quanto le disposizioni del diritto dell’Unione di cui si chiede l’interpretazione non si applicano alla controversia oggetto del procedimento principale, dal momento che quest’ultima attiene ad una situazione puramente interna.
- A norma dell’articolo 94 del regolamento di procedura, spetta al giudice del rinvio indicare alla Corte sotto quale profilo, malgrado il suo carattere puramente interno, la controversia dinanzi ad esso pendente presenti con gli articoli 49 e 56 TFUE un elemento di collegamento che rende la loro interpretazione necessaria per la soluzione di tale controversia (v., in questo senso, sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C-268/15, EU:C:2016:874, punto 55).
- In assenza di indicazioni siffatte, la domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere dichiarata irricevibile.
- Occorre pertanto esaminare l’eccezione sollevata dal governo italiano nel contesto della verifica della ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale.
Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale
- Va ricordato che occorre considerare che una controversia, per quanto veda opposti cittadini di uno stesso Stato membro, presenta un elemento di collegamento con gli articoli 49 e 56 TFUE tale da rendere l’interpretazione di dette disposizioni necessaria per dirimere detta controversia nell’ipotesi in cui il diritto nazionale imponga al giudice del rinvio di riconoscere a detti cittadini gli stessi diritti di cui beneficerebbero i cittadini di altri Stati membri, nella stessa situazione, in forza del diritto dell’Unione (v., in questo senso, sentenze del 21 febbraio 2013, Ordine degli Ingegneri di Verona e Provincia e a., C-111/12, EU:C:2013:100, punto 35, e del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C-268/15, EU:C:2016:874, punto 52).
- Nel caso di specie, sebbene nel procedimento principale le controparti siano, da un lato, una società di diritto italiano e una cittadina italiana, e, dall’altro, un comune situato nel territorio italiano, il giudice remittente spiega che, in forza dell’articolo 53 della legge del 24 dicembre 2012, n. 234, esso è tenuto a far beneficiare tale società e tale cittadina degli articoli 49 e 56 TFUE.
- In questo contesto, occorre constatare che il giudice del rinvio ha dimostrato sotto quale profilo la controversia dinanzi ad esso pendente presenti, nonostante il suo carattere puramente interno, un elemento di collegamento con gli articoli 49 e 56 TFUE, che rende la richiesta interpretazione del diritto dell’Unione necessaria per dirimere tale controversia e, di conseguenza, che la domanda di pronuncia pregiudiziale risulta, a tale riguardo, ricevibile.
- Peraltro il Comune di Padova e il governo italiano sostengono che la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile anche per altri motivi.
- Innanzitutto, a loro avviso, tale domanda non contiene tutti gli elementi in fatto e in diritto necessari per consentire alla Corte di rispondere proficuamente alla questione sottoposta. Il giudice remittente, in particolare, non avrebbe esposto gli argomenti del Comune di Padova intesi a mettere in luce gli interessi pubblici per la cui protezione sono state emanate le disposizioni in oggetto nel procedimento principale.
- In proposito occorre rammentare che, in conformità all’articolo 94, lettere b) e c), del regolamento di procedura, ogni domanda di pronuncia pregiudiziale deve esporre il contenuto delle norme nazionali applicabili alla controversia oggetto del procedimento principale nonché il collegamento che il giudice del rinvio stabilisce tra dette norme e le disposizioni di diritto dell’Unione di cui si chiede l’interpretazione.
- Nel caso di specie, il giudice del rinvio ha citato le pertinenti disposizioni del regolamento dei servizi cimiteriali del Comune di Padova, come modificato dalla delibera del Comune di Padova del 30 novembre 2015, n. 84, e ha specificato che l’interpretazione degli articoli 49 e 56 TFUE era richiesta in quanto la legittimità di detto regolamento era contestata a causa della sua asserita contrarietà ai principi di libera prestazione di servizi e di libertà di stabilimento.
- Quindi il giudice del rinvio ha adempiuto, in maniera giuridicamente adeguata, il suo obbligo di esporre il contenuto delle norme nazionali applicabili alla controversia nel procedimento principale nonché il collegamento esistente tra dette norme e quelle del diritto dell’Unione di cui si chiede l’interpretazione.
- Pertanto, l’eccezione di irricevibilità sollevata dal Comune di Padova e dal governo italiano deve essere respinta.
- Il governo italiano asserisce poi che la domanda di pronuncia pregiudiziale è prematura. Secondo tale governo, infatti, prima di sottoporre la questione pregiudiziale alla Corte, il giudice del rinvio avrebbe dovuto esaminare se la normativa nazionale oggetto del procedimento principale vietasse o autorizzasse l’esercizio di un’attività economica avente ad oggetto la custodia e la conservazione di urne cinerarie e, in tale occasione, avrebbe dovuto individuare gli obiettivi perseguiti da detta normativa.
- In proposito occorre ricordare che i giudici nazionali dispongono della più ampia facoltà di adire la Corte qualora ritengano che, nell’ambito di una controversia dinanzi ad essi pendente, siano sorte questioni che implicano un’interpretazione o un accertamento della validità delle disposizioni del diritto dell’Unione necessarie per definire la controversia di cui sono investiti e che, in particolare, essi sono liberi di esercitare tale facoltà nel momento del procedimento che essi giudicano opportuno (sentenza del 5 luglio 2016, Ognyanov, C-614/14, EU:C:2016:514, punto 17 e e giurisprudenza citata).
- Di conseguenza, una domanda di pronuncia pregiudiziale non può essere dichiarata irricevibile per il solo motivo che essa è sopravvenuta in una fase precoce del procedimento principale.
- L’eccezione di irricevibilità sollevata dal governo italiano deve quindi essere respinta.
- Infine il Comune di Padova ritiene che, dato che la normativa nazionale oggetto del procedimento principale riguarda lo status dei diritti personalissimi dell’individuo, i principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento ostano, in ogni caso, a una contestazione di tale normativa.
- Tuttavia, sebbene non si debba necessariamente escludere che i principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento possano risultare pertinenti, la loro eventuale interazione con le libertà di circolazione costituisce una questione di merito. Pertanto, un mero richiamo a tali principi non basta per stabilire che una domanda di pronuncia pregiudiziale è priva di utilità, e la risposta a detta domanda rimane necessaria affinché il giudice del rinvio possa pronunciare la sua decisione. Una tale domanda di pronuncia pregiudiziale non è quindi irricevibile.
- Conseguentemente, occorre respingere l’eccezione di irricevibilità sollevata dal Comune di Padova.
- Da quanto precede risulta che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.
Nel merito
Osservazioni preliminari
- In primo luogo, in sede di udienza la Commissione europea ha affermato che non occorre esaminare la normativa nazionale controversa nel procedimento principale alla luce delle disposizioni del Trattato FUE relative alle libertà fondamentali, poiché nel procedimento principale è la direttiva 2006/123 che si applica.
- Occorre tuttavia rilevare che una normativa nazionale che, come quella oggetto del procedimento principale, vieta alle imprese private di fornire un servizio di conservazione di urne cinerarie, produce, come si evince da quanto esposto nell’ordinanza di rinvio, l’effetto di conferire ai servizi comunali un monopolio sulla fornitura del servizio di conservazione di tali urne. Orbene, dall’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 2006/123, letto alla luce del considerando 8 di tale direttiva, risulta che quest’ultima non tratta dell’abolizione dei monopoli che forniscono servizi.
- Di conseguenza, una normativa siffatta non ricade nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/123 e deve quindi essere esaminata alla luce delle sole disposizioni del Trattato.
- In secondo luogo, nella sua questione il giudice del rinvio ha fatto riferimento sia all’articolo 49 TFUE sia all’articolo 56 TFUE.
- Tuttavia, su questo punto, si constata che solo la prima delle due citate disposizioni è applicabile al procedimento principale. Infatti, quando un operatore intende esercitare, in modo effettivo, la sua attività economica mediante un’organizzazione stabile e per una durata indeterminata, la sua situazione deve essere esaminata alla luce della libertà di stabilimento, come definita all’articolo 49 TFUE (v., in particolare, sentenze del 29 settembre 2011, Commissione/Austria, C-387/10, non pubblicata, EU:C:2011:625, punto 22, e del 23 febbraio 2016, Commissione/Ungheria, C-179/14, EU:C:2016:108, punti da 148 a 150).
- Orbene, nel procedimento principale risulta che la Memoria intende fornire, nel territorio del Comune di Padova, un servizio di conservazione di urne cinerarie mediante un’organizzazione stabile e per una durata indeterminata. Conseguentemente, la questione pregiudiziale deve essere considerata vertente sull’interpretazione del solo articolo 49 TFUE.
- Alla luce di quanto precede, occorre intendere la questione sottoposta nel senso che il giudice remittente, in sostanza, chiede se l’articolo 49 TFUE debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che vieta, anche contro l’espressa volontà del defunto, all’affidatario di un’urna cineraria di demandarne a terzi la conservazione, che lo obbliga a conservarla presso la propria abitazione, salvo affidarla ad un cimitero comunale e, inoltre, che proibisce ogni attività esercitata con finalità lucrative avente ad oggetto, anche non esclusivo, la conservazione di urne cinerarie a qualsiasi titolo e per qualsiasi durata temporale.
Sulla questione
- Anzitutto, occorre ricordare che l’articolo 49 TFUE osta a qualsiasi misura nazionale che costituisca una restrizione della libertà di stabilimento, salvo che tale restrizione sia giustificata da ragioni imperative di interesse generale (v., in questo senso, segnatamente, sentenza del 5 dicembre 2013, Venturini e a., da C-159/12 a C-161/12, EU:C:2013:791, punti 30 e 37).
- In primo luogo, secondo una giurisprudenza costante, costituisce una restrizione ai sensi dell’articolo 49 TFUE ogni provvedimento nazionale che, pur se applicabile senza discriminazioni in base alla cittadinanza, vieti, ostacoli o renda meno allettante l’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione, della libertà di stabilimento garantita dal Trattato (v., in questo senso, sentenza del 28 gennaio 2016, Laezza, C-375/14, EU:C:2016:60, punto 21).
- Nel caso qui in esame, tenuto conto di quanto esposto dal giudice del rinvio, occorre dichiarare che una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale, che vieta ai cittadini dell’Unione di fornire un servizio di conservazione di urne cinerarie nello Stato membro interessato, impedisce a tali cittadini di stabilirvisi per esercitare tale servizio di conservazione e che, pertanto, essa è idonea ad ostacolare i suddetti cittadini nell’esercizio della libertà di stabilimento garantita dal Trattato.
- Di conseguenza, una normativa siffatta istituisce una restrizione alla libertà di stabilimento ai sensi dell’articolo 49 TFUE.
- In secondo luogo, conformemente a una giurisprudenza costante, una restrizione alla libertà di stabilimento può essere giustificata, a condizione che si applichi senza discriminazioni basate sulla nazionalità, per ragioni imperative di interesse generale, purché sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non ecceda quanto necessario per conseguirlo (v., in questo senso, in particolare, sentenza del 9 marzo 2017, Piringer, C-342/15, EU:C:2017:196, punto 53 e giurisprudenza citata).
- Più in particolare, occorre ancora ricordare che una normativa nazionale è atta a garantire la realizzazione dell’obiettivo fatto valere solo qualora risponda effettivamente all’intento di realizzarlo in modo coerente e sistematico (v., in questo senso, sentenze del 10 marzo 2009, Hartlauer, C-169/07, EU:C:2009:141, punto 55, e del 23 dicembre 2015, Hiebler, C-293/14, EU:C:2015:843, punto 65).
- Nel caso di specie, il Comune di Padova e il governo italiano asseriscono che la normativa nazionale oggetto del procedimento principale – la quale è pacifico che si applichi senza discriminazioni attinenti alla nazionalità – è giustificata da ragioni imperative di interesse generale intese alla tutela della salute, alla necessità di garantire il rispetto dovuto alla memoria dei defunti e alla tutela dei valori morali e religiosi prevalenti in Italia, i quali ultimi ostano all’esistenza di attività commerciali e mondane connesse alla conservazione delle ceneri dei defunti e quindi, a che le attività di custodia dei resti mortali perseguano una finalità lucrativa.
- A questo riguardo, per quanto concerne, sotto un primo profilo, la giustificazione basata sulla tutela della salute, certamente da una costante giurisprudenza della Corte risulta che tale tutela figura tra le ragioni imperative di interesse generale riconosciute dal diritto dell’Unione, e che gli Stati membri, in questo ambito, dispongono di un ampio potere discrezionale (v., in questo senso, sentenza del 1° giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez, C-570/07 e C-571/07, EU:C:2010:300, punti 44, 68 e 106).
- Tuttavia, un obiettivo di questo genere non può giustificare la restrizione controversa nel procedimento principale, dal momento che le ceneri funerarie, diversamente dalle spoglie mortali, sotto un profilo biologico sono inerti, in quanto rese sterili dal calore, sicché la loro conservazione non può rappresentare un vincolo imposto da considerazioni sanitarie.
- Di conseguenza, l’obiettivo consistente nella tutela della salute addotto dal Comune di Padova e dal governo italiano non è idoneo a giustificare le restrizioni alla libertà di stabilimento introdotte dalla normativa nazionale oggetto del procedimento principale.
- Per quanto attiene, sotto un secondo profilo, all’obiettivo relativo alla tutela del rispetto dovuto alla memoria dei defunti, anche quest’ultimo può costituire una ragione imperativa di interesse generale.
- Inoltre, certamente una normativa nazionale che vieta alle imprese private di esercitare attività di conservazione di urne cinerarie può essere considerata idonea a garantire la realizzazione di detto obiettivo. Da una parte, infatti, un divieto del genere può garantire che la conservazione di tali urne sia affidata a strutture sottoposte a obblighi e a controlli specifici destinati ad assicurare il rispetto dovuto alla memoria dei defunti. Dall’altra parte, esso è in grado di garantire che, qualora le imprese interessate cessino le loro attività di custodia, le urne in questione non siano abbandonate o il loro contenuto non sia disperso in modi e luoghi inadatti.
- Occorre tuttavia constatare che esistono misure meno restrittive che consentono di conseguire il citato obiettivo, quali, segnatamente, l’obbligo di provvedere alla conservazione delle urne cinerarie in condizioni analoghe a quelle dei cimiteri comunali e, in caso di cessazione dell’attività, di trasferire tali urne in un cimitero pubblico o di restituirle ai parenti del defunto.
- La normativa nazionale oggetto del procedimento principale si spinge dunque oltre quanto necessario per conseguire l’obiettivo di tutelare il rispetto dovuto alla memoria dei defunti.
- Ciò considerato, le restrizioni alla libertà di stabilimento introdotte dalla normativa in parola non possono essere giustificate con riguardo alla tutela del rispetto dovuto alla memoria dei defunti.
- Per quel che riguarda, sotto un terzo profilo, i valori morali e religiosi prevalenti dello Stato membro interessato, il governo italiano afferma che questi ultimi ostano a che le attività di conservazione di resti mortali possano perseguire un fine di lucro.
- Tuttavia, senza che occorra pronunciarsi sul valore di tale obiettivo, si deve rilevare che dalla formulazione stessa dell’articolo 5, paragrafo 2, della legge del 30 marzo 2001, n. 130, si evince che l’attività di conservazione di ceneri mortuarie, in tale Stato membro, è assoggettata al pagamento di una tariffa stabilita dal Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro della Sanità e sentite talune associazioni.
- Orbene, l‘apertura delle attività di custodia di resti mortali ad operatori privati avrebbe potuto essere assoggettata al medesimo inquadramento tariffario, che, di per sé, lo Stato membro interessato evidentemente non considera contrario ai propri valori morali e religiosi.
- Pertanto, in mancanza di ciò, la normativa nazionale in discussione nel procedimento principale si spinge oltre quanto necessario per conseguire l’obiettivo addotto e, di conseguenza, non può in ogni caso essere giustificata alla luce di tale obiettivo.
- In considerazione di quanto precede, occorre rispondere alla questione sottoposta dichiarando che l’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che vieta, anche contro l’espressa volontà del defunto, all’affidatario di un’urna cineraria di demandarne a terzi la conservazione, che lo obbliga a conservarla presso la propria abitazione, salvo affidarla ad un cimitero comunale e, inoltre, che proibisce ogni attività esercitata con finalità lucrative avente ad oggetto, anche non esclusivo, la conservazione di urne cinerarie a qualsiasi titolo e per qualsiasi durata temporale.
Sulle spese
- Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
P.Q.M.
la Corte (Terza Sezione) dichiara:
L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che vieta, anche contro l’espressa volontà del defunto, all’affidatario di un’urna cineraria di demandarne a terzi la conservazione, che lo obbliga a conservarla presso la propria abitazione, salvo affidarla ad un cimitero comunale e, inoltre, che proibisce ogni attività esercitata con finalità lucrative avente ad oggetto, anche non esclusivo, la conservazione di urne cinerarie a qualsiasi titolo e per qualsiasi durata temporale.