Il grande equivoco del coronavirus applicato ai servizi Funebri
In tutte le regioni, e come capita spesso per il nostro settore, sono state considerate in maniera assolutamente superficiale la modalità di esecuzione dei servizi funebri.
Ci sono funerali che portano all’aggregazione di centinaia e centinaia di persone e non riusciamo a capire assolutamente come mai non debbano essere considerati gestiti alla stessa stregua di altri eventi pubblici.
Da una parte troviamo la Chiesa, che ha emanato le proprie indicazioni (puramente di carattere volontario) dicendo di limitare la partecipazione ai soli parenti stretti.
Dall’altra troviamo le regioni che avallano queste condizioni senza imporre nessun genere di vincolo o espressa modalità operativa se non richiamando di essere in linea con le disposizioni adottate dalle diocesi.
In mezzo troviamo i Comuni che, all’atto di fissazione del funerale (ad esempio il Comune di Milano) fissano tranquillamente la cerimonia senza dare nessuna prescrizione o vincolo in merito.
Quindi, fatemi capire, dobbiamo essere noi imprese funebri che, rivolgendoci alle famiglie, dobbiamo imporre chi deve e non deve partecipare alla cerimonia? Dobbiamo essere noi a fare la selezione all’ingresso e gestire i flussi?
ASSURDO
Poi ritroviamo comunicazioni come questa di Bologna, che prendiamo SOLO AD ESEMPIO per evidenziare la grande confusione o il grande disinteresse nei confronti del problema “servizio funebre”.
La comunicazione, volendo dare chiarimenti applicativi all’ordinanza del Ministero della salute per la Regione Emilia-Romagna, altro non fa che comunicare senza dare contenuti.
Ripetiamo non sono gli unici, e di fatto nessuno sino ad ora ha considerato i servizi funebri come potenzialmente “pericolosi”.
CIT: “non si intendono sospese le celebrazioni di matrimoni ed esegue civili e religiose, anche in linea con le disposizioni adottate dalle diocesi della regione”.
Si segnala, il punto quattro: “Per i funerali, qualora il numero dei partecipanti sia elevato, si suggerisce di limitarsi a rito delle esequie nella forma più breve”.
Da questo deduciamo che le norme di sicurezza non riguarderebbero il numero dei partecipanti seppur con la prescrizione che debbano essere in numero ristretto (senza specificare chi lo debba imporre e quanti debbano essere) e di suggerire inoltre di ridurre la durata delle esequie come se fosse condizione sufficiente a limitare la pericolosità.
C’è grande confusione.
La confusione riguarda tutte le regioni.
Percepiamo che ci sia molta più attenzione a voler arginare il problema piuttosto che a creare le condizioni di una radicale prevenzione.
Nessuno vuole prendersi la responsabilità di imporre vincoli restrittivi in una cosa così sensibile quale i servizi funebri.
Nel nostro caso, parlando con cognizione di causa, si ha l’evidente percezione che la cosa si stia ampiamente sottovalutando.
Riccardo Salvalaggio
Segretario Nazionale Federcofit