In trincea con i cadaveri «Stiamo finendo guanti e mascherine»
È fondamentale il lavoro che, in queste settimane di emergenza sanitaria, stanno svolgendo le agenzie funebri. Raccolgono il lutto delle famiglie, spesso sono i primi ad entrare nelle case, lavorano a stretto contatto con gli ospedali per il trasporto delle vittime del Covid nelle cappelle e nei forni crematori, gestiscono i funerali nella nuova forma consentita dalla legge con presenze ridotte e misure di protezione. Ma per loro, oggi, questa protezione non è riconosciuta, anche quando devono spostare i corpi dei pazienti deceduti con infezione da coronavirus. Le mascherine per le aziende private sono quasi finite e non riescono a trovarne.
Non fa giri di parole il segretario nazionale del sindacato Federcofit, Riccardo Salvalaggio: «La protezione civile nazionale, a cui abbiamo chiesto di poter acquistare i dispositivi protettivi per i nostri addetti, ha scaricato il barile sulle Regioni. Ma chi blocca alle frontiere le forniture per dirottarle giustamente al personale ospedaliero è la protezione civile. Noi chiediamo solo di poterle acquistare, non che ci vengano donate. Ci servono per tutelare la salute dei nostri collaboratori e delle nostre famiglie. Siamo regolamentati dalle normative sanitarie in tutto e per tutto, tranne in questo frangente così emergenziale. Presto non avremo più dispositivi sufficienti e non possiamo correre rischi. Quando la politica si renderà conto dell’importanza di questa rete, sarà tardi».
Il problema riguarda tutte le agenzie funebri e per il Veneto parla il segretario regionale Federcofit, il trevigiano Ivan Trevisin: «Credo che, in questa emergenza, il nostro settore non sia stato adeguatamente coinvolto. Ci sono Regioni che hanno legiferato con testi operativi, altre non l’hanno fatto. Le province e le Usl danno direttive differenti. Al termine del ciclo vitale la malattia cessa ma potrebbe essere ancora trasmissibile e su questo non abbiamo indicazioni. Alcuni ospedali chiudono subito le salme in una bara, pronta per la cremazione, alcuni avvolgono la salma in lenzuola chiuse con soluzioni fisiologiche, oppure usano sacchi ermetici. Ma quando riceviamo la bara non sappiamo che tipo di protezione ci sia o se sia stata disinfettata anche esternamente».
Le domande sono tante: «Come dobbiamo comportarci con i decessi in abitazione? – chiede Trevisin -. Come possiamo sapere se la persona è positiva al Covid senza tampone? E se lo sono i familiari? Rispettiamo rigorosamente le prescrizioni, la distanza fra le persone ai funerali, indossiamo mascherine e guanti, ma ci mancano le indicazioni per le occasioni in cui ci sono persone riunite in spazi stretti, come negli obitori. Chiediamo un’interpretazione univoca per poter svolgere il nostro servizio nel modo migliore e più sicuro possibile, per noi e per nostre famiglie».
Le pompe funebri non sono soggette a chiusure, come ospedali e supermercati: «Siamo servizio pubblico quando serve, ma ci dobbiamo arrangiare come tutti i privati» dice Trevisin. Eppure sono in prima linea, anche loro, e il fattore emotivo non va mai trascurato: «La morte di una persona cara è un momento di grande dolore. Quando un paziente muore con Covid trascorre gli ultimi giorni in solitudine e i suoi familiari non lo vedranno mai più. Pensiamo a queste persone».
Silvia Madiotto