Taranto: condanne per il “racket del caro estinto”

I giudici della Corte d’Appello di Taranto hanno condannato nove persone a pene variabili, fino a tre anni e dieci mesi di reclusione, a conclusione del giudizio di secondo grado su una vicenda di malaffare che ha coinvolto operatori disonesti e dipendenti pubblici infedeli.

Gli imputati erano accusati di diverse condotte illecite: dalla violazione delle norme sulla concorrenza a minacce, violenza, detenzione abusiva di armi, rivelazione di segreti di ufficio, furto, truffa aggravata ai danni dello Stato, peculato, corruzione e falso. Secondo l’inchiesta, i titolari di varie agenzie funebri sarebbero ricorsi anche a intimidazioni e danneggiamenti per accaparrarsi le commissioni da parte dei parenti dei deceduti. Le stesse agenzie avrebbero inoltre sfruttato informazioni riservate ottenute attraverso dipendenti dell’ospedale di Mottola per giungere per primi sui luoghi degli incidenti stradali mortali, o presso le abitazioni dove, di volta in volta, veniva richiesta l’assistenza sanitaria a malati gravi.

Già in fase di udienza preliminare, nel 2010 due imputati avevano patteggiato la pena: due anni e sei mesi di reclusione per l’ispettore sanitario che si occupava del servizio di polizia mortuaria, accusato di corruzione, e otto mesi con pena sospesa per un ispettore di igiene dell’Asl.

Con queste ultime condanne si chiude la vicenda e gli ultimi cinque imputati dovranno risarcire i danni alla Asl Ta/1, in favore della quale è stata stabilita una provvisionale immediatamente esecutiva a carico di ogni condannato per cinquemila euro.