La vedova disperde le ceneri illecitamente, la figlia ottiene risarcimento: una sentenza a Milano

Gli amici di GIESSE, il gruppo di tutela assicurativa e risarcimento danni su incidenti, decessi e quant’altro, convenzionato con la nostra Federazione ormai da molti anni, nella persona di Bruno Marusso, ci informano di un caso significativo dove il Tribunale di Milano emette una sentenza, Giudice il Dott. Damiano Spera, in merito alla dispersione illecita di ceneri di congiunto e conseguente richiesta di risarcimento.

La sentenza può essere consultata anche sul sito della Federazione, www.federcofit.it, nella sezione LEGISLAZIONE nazionale, per maggiore documentazione.

Riportiamo, qui, i termini riassuntivi e le conclusioni ringraziando l’amico Marusso per la importante comunicazione:

  • Decede una persona che aveva espresso la volontà di essere cremato e le ceneri vengono affidate alla moglie.
  • La figlia del deceduto, non convivente perché coniugata e residente fuori Milano, si recava periodicamente presso la casa della madre e del fratello per il culto del sepolcro e pregare davanti all’urna, posizionata nella camera da letto della vedova, dentro la quale pensava (così le era sempre stato detto) fossero custodite le ceneri del padre
  • A seguito di un trasloco, la madre e il fratello si trasferiscono in una nuova abitazione senza però comunicare nulla riguardo al luogo di conservazione dell’urna e impedendo alla figlia di accedere nella nuova abitazione
  • Dopo le richiesti insistenti della figlia, il legale della madre comunica con PEC che nell’urna, in realtà, non c’erano mai state le ceneri del defunto in quanto disperse sin da subito dalla moglie
  • Il defunto, però, non aveva mai espresso la volontà che le sue ceneri venissero disperse, e, anche se non se ne fa cenno nella sentenza della causa civile, non c’era alcuna autorizzazione alla dispersione rilasciata dall’Ufficiale di Stato Civile di competenza
  • La figlia fa causa alla madre ed il Giudice le dà ragione, condannando la madre per lesione del diritto secondario di sepolcro, la possibilità, cioè, di accedere alla tomba dei defunti per compiervi gli atti di culto e di pietà verso le salme, oltre al diritto di impedire quegli atti che turbino l’avvenuta tumulazione delle stesse
  • In assenza di precedenti giurisprudenziali, il giudice si affida al criterio equitativo puro e liquida la somma di € 50.000 oltre, ovviamente, alle spese legali di € 7.000,00, ecc.

La Sentenza non interviene sugli aspetti penali inerenti la “dispersione non autorizzata” dall’Ufficiale di Stato Civile ma interviene sui danni conseguenti e valutabili sul piano “civile”.

La sentenza in oggetto non chiama in causa, in nessun modo, una qualsivoglia attività funebre e siamo perfettamente convinti che nessun operatore funebre italiano, non solo lombardo, avrebbe consigliato comportamenti analoghi alla condotta della “madre” in questione.

Vale, però, la pena di richiamare l’attenzione sulle conseguenze possibili derivanti da atti figli della leggerezza nella considerazione del trattamento dei resti di un defunto e suggerire, sempre, alle famiglie, agli aventi titolo, la massima attenzione alle conseguenze dei propri atti e all’opportunità di chiedere consigli ai professionisti, agli operatori funebri di riferimento, sui propri comportamenti ed atti.