Caronte Federcofit Giovanni Caciolli

Il Governo colpisce ancora, e impugna la legge sulla funeraria della Regione Puglia

CI RICENNO (CI SONO ANCORA),
SI DICEVA A FIRENZE PER I BOMBARDAMENTI ALLA FINE DELLA GUERRA
OGGI LO SI DICE QUANDO IL GOVERNO IMPUGNA DI NUOVO
UNA LEGGE REGIONALE SULLA FUNERARIA

Lettera aperta al Ministro Boccia

 

Caro Ministro Boccia, anche Lei, come la Ministra Erika Stefani del passato Governo giallo verde, ci ha abituati al frequente ritorno di un ripetitivo intervento: impugnare sempre ed in ogni caso le leggi che le regioni varano sulla funeraria. Sembra quasi una gara a chi ne impugna di più, evidentemente per fare contenti i numerosi avvocati che si dovranno occupare della materia.

Colpisce la puntualità degli interventi: ormai nel settore si aprono le scommesse su quanto tempo possa passare prima dell’impugnativa da parte del Governo sia che si tratti di una legge nuova, l’ultima della Regione Sicilia, sia che si tratti, invece, di aggiornamenti di disposizioni varate nel primo decennio del secolo, come si è verificato per la Regione Puglia poche settimane addietro.

Noi, poveri e comuni mortali, stentiamo a farcene una ragione soprattutto dopo il pronunciamento della Suprema Corte, pochi mesi addietro, nel giudizio in merito alla Legge, rinnovata ed aggiornata dopo 15 anni di vigenza, della Regione Lombardia perché, a fronte del giudizio pronunciato, consideriamo i ricorsi, pardon le impugnative, atti di puro masochismo.

Quando la Corte scrive tra le altre cose:

Va al riguardo rilevato che il suddetto regolamento di polizia mortuaria, emanato ai sensi dell’art. 358 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie), rientra, di per sé, tra le fonti normative secondarie cui, in quanto tali, «è inibita in radice la possibilità di vincolare l’esercizio della potestà legislativa regionale o di incidere su disposizioni regionali preesistenti (sentenza n. 22 del 2003); e neppure i principî di sussidiarietà e adeguatezza possono conferire ai regolamenti statali una capacità che è estranea al loro valore, quella cioè di modificare gli ordinamenti regionali a livello primario» (sentenza n. 303 del 2003). Le norme regolamentari, infatti, non possono essere ascritte «all’area dei principi fondamentali» delle materie concorrenti, «in quanto la fonte regolamentare, anche in forza di quanto previsto dall’art. 117, sesto comma, Cost., sarebbe comunque inidonea a porre detti principi» (sentenza n. 92 del 2011) e, quindi, a vincolare il legislatore regionale (sentenza n. 162 del 2004);

quando, cioè, la Corte respinge le impugnative con queste motivazioni non ci sembra possano sussistere ragionevoli motivazioni per perseverare in modo diabolico nell’errore.
Ma evidentemente i percorsi della mente umana e dei governanti sono contorti ed imperscrutabili.

Attenderemo con curiosità i pronunciamenti della Suprema Corte sulle leggi della Sicilia e della Puglia impugnate ma due considerazioni, signor Ministro, gliele poniamo.

Se, come sembra, le forze politiche che hanno governato il bel Paese negli ultimi anni, forze che rappresentano la grande maggioranza del Paese (M5S, Lega e PD), non condividono la modifica del Capo V della Costituzione, approvata con il referendum del 2001, affrontino il problema di riportare le Regioni all’ordine modificando, di nuovo, la Costituzione in senso inverso in modo chiaro ed aperto.

Se così non è, caro Ministro, faccia sentire la sua voce e quella del Governo per garantire al Paese una legge adeguata alle necessità dell’oggi superando quel rottame di Regolamento nazionale che è il DPR 285/90, vecchio di 30 anni, e faccia qualcosa che ci permetta di non leggere più, nelle impugnative del Governo, affermazioni quali “si tratta di interventi che rispondono positivamente alle nuove necessità ma non sono di loro (Regioni) competenza”.

Oltre 600.000 famiglie, ogni anno colpite da un lutto, debbono aspettare che arrivi questa araba fenice di legge nazionale per vedere soddisfatti elementari desideri nel momento dell’addio al proprio caro?

In Parlamento, in Commissione sanità della Camera, è aperta la discussione su una ipotesi di legge per il settore; sarebbe grave se neppure in questa legislatura non si riuscisse ad approvare una norma dopo 20 anni di tentativi infruttuosi. Ministro faccia qualcosa per il raggiungimento di questo risultato.

CARONTE


Continua lo strazio dei cimiteri romani: al Laurentino sprofondano le tombe

Vorremmo poter liquidare la penosa situazione del cimitero Laurentino con la battuta «si curvan le tombe, sprofondano i morti», parafrasando l’Inno di Garibaldi, ma non ce la si può cavare così.

“Il Messaggero” racconta che sprofondano persino le tombe al cimitero Laurentino, tutta una schiera di sepolcri si è curvata, e i lastroni sono divelti.
Il terreno argilloso della collinetta che ospita i sepolcri è franato… e AMA scarica la manutenzione sui proprietari delle tombe anche se la collinetta necessiterebbe di lavori di consolidamento.

Si tratta del più giovane cimitero di Roma, aperto nel 2002 su terreni donati alla cittadinanza da Alberto Sordi, e sarà forse con questa scusa che ci sono ancora strade sterrate, mancano percorsi pedonali e al posto delle fontane ci sono tubi di cantiere.
“Il Messaggero” continua, segnalando che tra le poche opere eseguite al Laurentino negli anni più recenti «spiccano i 450 loculi per ossari indisponibili e transennati perché mal progettati: li hanno realizzati in altezza, in curva, con una pendenza pericolosissima per l'utilizzo delle scale da parte dei visitatori. Così sono tutti da rifare.» Il Dipartimento Ambiente ha stanziato nuovi fondi nel 2020 ma l' anno sta per finire e anche quei soldi rischiano di rimanere inutilizzati o di finire chissà dove.
E ancora: dal 2015 era atteso l' edificio gemello del Blocco E, con migliaia di altri posti per i resti dei cari estinti. Invece, niente. Adesso, sarà il Comune, secondo il nuovo contratto di servizio, a doversene fare carico, di tasca propria.
Se l' ampliamento resta al palo, le estumulazioni non procedono a ritmi “normali”: dopo dieci anni a terra, i resti dovrebbero essere esumati e posti negli ossari privati per volontà dei parenti o nell'ossario comune… che però non è mai stato costruito. Inoltre, secondo una direttiva interna, quei resti possono rimanere parcheggiati per ben 2 anni, cosicché i container sono pieni di cassette di metallo fin sopra le finestre.  Non si tratta “solo” di un insulto ai defunti e alle loro famiglie costrette a scegliere tra il “trasloco” in un altro cimitero o la cremazione dei resti, con un danno per il Comune che non incassa i corrispettivi dovuti all’assegnazione dei nuovi ossari e per tutta la collettività perché si tratta di nuove cremazioni che aggravano la sofferenza degli impianti romani.

Una domanda ci nasce dal cuore: ma cosa hanno fatto i cimiteri romani all’amministrazione capitolina per essere trattati così?

 

L’articolo completo è disponibile su “Il Messaggero” per gli abbonati e su Dagospia.


Umbria: nuove linee guida regionali su funeraria e COVID

La Regione Umbria ha pubblicato un aggiornamento alle proprie "Indicazioni emergenziali connesse ad epidemia COVID-19 riguardanti il settore necroscopico, funebre, cimiteriale e di cremazione" in relazione alla mutata situazione giuridica e epidemiologica.

Il documento, individua le procedure da adottare nei settori necroscopici, funebre, cimiteriale e della cremazione, valide per l’intero territorio regionale, da applicare con gradualità, in funzione del livello di mortalità delle singole province interessate e delle dotazioni di strutture cimiteriali e di cremazione presenti, tenendo conto altresì dell’evoluzione epidemiologica in corso.


Emilia-Romagna: nuovo rinvio delle nuove disposizioni per le attività funebri

A causa del protrarsi della criticità conseguente alla pandemia da coronavirus la Giunta Regionale dell’Emilia-Romagna ha deciso, con propria deliberazione, di cui alleghiamo il testo, di rinviare la scadenza dell’applicazione delle nuove disposizioni per le attività funebri al prossimo 31 ottobre 2021.

Il tema era quello dell’accreditamento delle attività funebri presso le strutture sanitarie e conteneva anche specifiche disposizioni relative ai requisiti organizzativi delle attività funebri.

Scrive la Direttrice della "Direzione Regionale cura della persona salute e welfare"

In allegato alla presente si trasmette la Delibera di Giunta n. 1801 del 07/12/2020 che, in ragione del permanere dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, proroga al 31 ottobre 2021 il termine di entrata in vigore della propria deliberazione n. 1678 del 14/10/2019, già prorogato con deliberazione n. 582 del 03/06/2020.
Il medesimo provvedimento, ai fini di assicurare la continuità dell’azione amministrativa, stabilisce che i procedimenti diretti all’avvio dell’attività delle imprese funebri, non conclusi al 31 ottobre 2021, si svolgano nel rispetto delle modalità disciplinate dalle proprie deliberazioni n. 156/2005 e n. 163/2006.


Pandemia da coronavirus e sistema funerario: le trasformazioni ed il futuro del comparto

La pandemia che interessa l’intero mondo ha messo a dura prova il sistema funerario dei vari paesi con punte di assoluta drammaticità. Se riandiamo con la memoria alle immagini delle fosse comuni approntate, all’uopo, nello stato di New York o se riandiamo alle immagini casalinghe dei camion militari che trasferivano i feretri da Bergamo abbiamo il segno della crisi del sistema funerario e della sua impreparazione ad affrontare una emergenza planetaria.

La riflessione, quindi, sulla fenomenologia di questa emergenza e sulla necessità di curare, con la dovuta attenzione ed impegno, l’adozione di procedure e soluzioni di emergenza, acquista pregnanza ed attualità.

Il sistema nel suo complesso è stato sottoposto ad uno stress molto forte; certo i richiami diffusi alla imprevidenza dei pubblici poteri nel passaggio tra la prima ondata, i primi mesi del 2020, e la seconda, a partire dall’agosto fino ai giorni nostri ed ai prossimi mesi, in attesa della diffusione del o dei vaccini e fidando nella loro efficacia, sono non solo legittimi, ma doverosi.
Non ci soffermeremo su questi aspetti, a noi compete, piuttosto, riflettere sul sistema e sulla opportunità/necessità di adottare appropriati interventi.

In primis, si è vissuta una totale discrasia tra funeraria e governo della pandemia, come dimostra, lo abbiamo sottolineato più volte e registriamo, finalmente, una condivisione anche di altre componenti, l’impiego dei camion militari a Bergamo.
È necessario che il sistema funerario nazionale sia rappresentato nei centri decisionali della Protezione Civile. Da alcune note registreremmo che alcune rappresentanze di questo mondo hanno partecipato alle decisioni assunte; se così fosse, se cioè Feniof e Sefit avessero partecipato alle decisioni della Protezione Civile, saremmo di fronte alla assoluta inadeguatezza della loro presenza.

In secondo luogo, il sistema funebre: lo stress vissuto da questo settore, soprattutto nella prima fase della pandemia e nelle zone a più alta concentrazione del virus, la Lombardia per prima, è stato acutissimo ed ha fatto maturare processi collaborativi tra le attività funebri in varie realtà. È significativo che tale stress è stato sostenuto meglio dove si è registrata una significativa presenza dei centri servizi: un responsabile di queste strutture ci ha confermato che nel mese di aprile con il passaggio da 30/35 servizi giornalieri a bel 120 servizi funebri al giorno si sia registrato un ritardo di 15 minuti nell’esecuzione di due soli servizi.
Tutto questo ci riconferma la progressiva integrazione di un sistema articolato, con la presenza di complesse aziende, di centri servizio e aziende di dimensione più modeste, capace di instaurare e far progredire relazioni di “rete”.

In terzo luogo, si deve rilevare che la componente del sistema che ha subito, più degli altri, lo stress è quella cimiteriale e crematoria.
Non solo nella prima fase (nei territori del nord) ma anche nella seconda fase si sono manifestate le acute difficoltà del sistema cimiteriale nel suo complesso.
Le cronache di queste settimane lo evidenziano: Ragusa, Alessandria, Barletta, Somma vesuviana, Palermo, per non parlare della sempre citata Roma, ci richiamano le difficoltà vissute da queste strutture arrivando a provvedimenti di limitazione dei servizi per reggere allo stress pandemico.

Certo non si deve trascurare la progressiva riduzione delle risorse destinate a questi servizi: riduzione del personale, rinvio degli investimenti (il caso di Roma è eclatante), assenza di processi formativi e di aggiornamento con la conseguente resistenza, mi si permetta, dell’apparato pubblico ad ogni innovazione possibile, o la pigrizia mentale (esempio significativo la resistenza all’introduzione nel sistema cimiteriale dei nuovi loculi areati)…
È vero, però, che il sistema cimiteriale nel suo complesso, ha manifestato una rigidità significativa che può dipendere dalla ovvia rigidità della potenzialità degli impianti di cremazione, ma che, soprattutto per i cimiteri, è frutto anche di visioni superate.

Il contesto in cui ci muoviamo per una prospettiva non è sicuramente dei più favorevoli.
Il trend delle risorse finanziarie pubbliche dedicate a questi servizi non accenna a modifiche di sorta con il diffondersi sempre maggiore del ricorso ai project financing che progressivamente sposteranno la regia e la centralità complessiva dal “pubblico” al “privato” senza, quindi, una presenza pubblica forte, alla francese per intendersi, che sia capace di funzioni egemoniche indipendentemente dall’intervento gestionale diretto.

Si sta diffondendo, inoltre, una pericolosa e nefanda liaison tra movimento no-crem e populismo che favorisce il diffondersi di ostilità generalizzate alla diffusione di impianti di cremazione anche di fronte ad una crescente domanda: oggi non si può ipotizzare alcun impianto di cremazione senza che si manifesti un movimento di contrasto per invocati interessi immobiliari od altro.

Senza pensare, infine, alla vetustà delle normative come abbiamo registrato anche nel corso dell’aggravarsi della pandemia nella passata primavera quando le disposizioni ministeriali, a fronte di ben orientate interrogazioni, confermarono l’obbligo, per i defunti per coronavirus, di doppio cofano (legno e zinco) per l’inumazione senza considerare minimamente l’impiego di materiali diversi dal metallo semplicemente perché così recitava il DPR 285/90 (Vecchio Regolamento) vecchio di oltre 30 anni. Anche questa grande occasione persa dall’intero comparto per la totale assenza di comunicazione interna tra le varie componenti e per qualche malinteso revanchismo.

I cimiteri italiani vivono, ormai da un decennio abbondante, una profonda trasformazione ed una crisi altrettanto grave: le pratiche funerarie non sono più quelle tradizionali, il culto dei morti si svolge con modalità diverse; la laicizzazione della società italiana e le modificazioni all’interno della famiglia e della società non sono ininfluenti sulla tradizione cimiteriale tanto che non pochi preconizzano una sorte di fine dei cimiteri.
Non ci sarà questa fine ma sicuramente siamo di fronte ad una sorte di necessaria rivoluzione copernicana che deve essere affrontata non con semplici adattamenti ma con grande apertura culturale capace di collegare le tradizioni storiche ad una concezione moderna e funzionale dei cimiteri del terzo millennio.
Si dovranno trovare soluzioni alle necessità emergenziali quali impianti di cremazione mobili funzionali a molteplici necessità: la crescita contingente della domanda in specifici territori o il ricorso sempre più frequente alla cremazione dei resti mortali derivanti da esumazioni ed estumulazioni massive; sicuramente si dovrà curare l’introduzione di criteri “industriali” nella gestione dei servizi cimiteriali, ma il cimitero non deve perdere la sua funzione di concentrato di servizi al trattamento ed alla cura dei morti, cioè non deve perdere o snaturare la sua natura, la sua essenza.
Compito arduo, compito che fa tremare i polsi e sicuramente non invidiabile.

Ci sono, oggi, menti forti ed illuminate per affrontare questi impegni? Non lo so e non mi azzardo a formulare ipotesi; nel mio piccolo sollecito la ripresa di attenzioni nuove all’uso delle strutture obbligatorie nei cimiteri, a partire dalle spesso vituperate Camere Mortuarie, delegandole ad adempiere a nuove funzioni in un quadro generale che veda, da un verso lo sviluppo, nel mondo funebre, delle nuove strutture di servizio, quali le “case funebri”, come aggregazione di un nuovo modo di svolgere l’attività funebre e con lo sviluppo dei nuovi servizi che sono richiesti dalle famiglie, dall’altro lo sviluppo dell’accoglienza finale dei defunti, all’interno dei cimiteri, luoghi di servizio e di collegamento tra vivi e defunti capaci di sviluppare servizi adeguati alle nuove domande, senza che questi due mondi snaturino la loro natura e la loro funzione occupando spazi non propri.

Giovanni Caciolli

Vicepresidente nazionale Federcofit


Cimitero Flaminio: intervista su ADN Kronos

Coronavirus, crematori ingolfati, bare all'aperto e loculi carenti: l'allarme delle agenzie funebri

Loculi carenti, manufatti fatiscenti, camere mortuarie piene, forni ovunque sotto stress con tempi di cremazione biblici e file di cadaveri accantonati nelle bare all'aperto al romano cimitero Flaminio: è Giovanni Caciolli, segretario nazionale di Federcofit, Federazione del comparto funerario italiano, a descrivere un sistema in forte difficoltà "per ragioni storiche, dato che i cimiteri sono stati trattati negli ultimi 15 anni come luoghi su cui risparmiare a partire dal personale, che scarseggia. Tra le conseguenze, il riempimento delle sale mortuarie di cadaveri in attesa di funerale perché non si può concludere un servizio funebre oltre un certo orario".

"Il forno non è uno strumento elastico. Dunque, su un numero attuale di circa 700 decessi in più al giorno rispetto alla media degli altri anni nel territorio nazionale, l'attività dei forni è certamente sotto stress. Ancora fortunatamente non ci sono criticità, a parte il caso di Roma. Ma la situazione -avverte- ovunque va tenuta sotto controllo".

continua su ADN Kronos


Aggiornamento delle tariffe di cremazione per l’anno 2021

La SEFIT ha calcolato, in base ai criteri di applicazione dell’inflazione definiti dal Governo, i limiti tariffari massimi valevoli per il territorio nazionale dal 1° gennaio 2021.

Per effetto delle variazioni definite è stata aggiornata la base di calcolo 2019 e quella 2020, su cui applicare poi l’incremento del tasso di inflazione programmata 2021, questo perché, nella situazione congiunturale degli ultimi anni, il Governo adegua nel tempo il tendenziale e l’effettiva inflazione prevista risulta, talvolta, più alta nelle previsioni e più bassa negli aggiustamenti successivi.

Per doverosa informazione riportiamo le tariffe calcolate ringraziando SEFIT di questo importante servizio:
Le tariffe massime, a far data dal 1° gennaio 2021 (con aliquota IVA al 22% laddove applicabile), sono le seguenti:

Tariffa massima Imponibile IVA (22%)* Totale
Cadavere 515,69 113,45 629,14
Resti mortali 412,55 90,76 503,31
Parti Anatomiche 386,77 85,09 471,86
Feti 171,90 37,82 209,72
Dispersione 208,36 45,84 254,20

* IVA nel caso in cui sia applicabile, cioè laddove non vi sia una esenzione oggettiva o soggettiva.

Si ricorda inoltre che si è ancora in attesa di definizione, da parte del Ministero dell’Interno, del riallineamento periodico tra inflazione reale e inflazione programmata (riallineamento da anni rimandato per effetto di provvedimenti specifici o per ritardo).

clic qui per leggere la circolare SEFIT Utilitalia n. 1745 del 21/10/2020

 


Coronavirus: il DPCM 3 novembre 2020 non modifica le regole per i funerali

A seguire pubblichiamo le misure relative al controllo del contagio da SARS-CoV-2 applicabili anche ai funerali, che non sono mutate rispetto al passato:

 

Articolo 1 – Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale

Comma 3

Dalle ore 22.00 alle ore 5.00 del giorno successivo sono consentiti esclusivamente gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative, da situazioni di necessità ovvero per motivi di salute.  È in ogni caso fortemente raccomandato, per la restante parte della giornata, di non spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, salvo che per esigenze lavorative, di studio, per motivi di salute, per situazioni di necessità o per svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi.

Comma 9

Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 sull’intero territorio nazionale, si applicano le seguenti misure:

p) l’accesso ai luoghi di culto avviene con misure organizzative tali da evitare assembramenti di persone, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza tra loro di almeno un metro;

q) Le funzioni religiose con la partecipazione di persone si svolgono nel rispetto dei protocolli sottoscritti dal Governo e dalle rispettive confessioni si cui agli allegati da 1, integrato con le successive indicazioni del Comitato tecnico-scientifico, a 7;…

Il provvedimento non è ancora stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, facendo clic qui è possibile scaricare il PDF del documento originale.

 


Cristian Vergani, presidente Federcofit

Roma: le vicende dei cimiteri romani e del crematorio del Flaminio

La cronaca quotidiana si occupa ancora una volta dei cimiteri romani e della situazione complessiva della FUNERARIA a Roma.

Lunedì scorso Report, la nota trasmissione di inchiesta di RAI3, ha trattato la materia con dovizia di particolari ed evidenziando i tanti aspetti che sono esplosi in questi mesi.

Non si debbono dimenticare le tappe, usiamo questo termine sportivo, che hanno segnato il quadro funerario romano: la consegna dell’urna contenente terra invece di ceneri, le proteste per l’apposizione del nome della madre, anche senza consenso, sulle croci delle sepolture dei feti, le operazioni di estumulazione fino all’esplosione dello “scandalo” delle cremazioni con le immagini, che la televisione ha diffuso, dei feretri in sosta nei depositi dei cimiteri romani in attesa della cremazione (si parla di oltre 1500 feretri in stato di avviata decomposizione) che potrà essere eseguita non prima di 30/40 giorni dal decesso.

Quadro e immagini da girone infernale non degne di ROMA CAPUT MUNDI.

Ma le immagini non traducono compiutamente la realtà, come evidenziata dal servizio: si assiste ad una sorta di sadismo amministrativo nel momento che le difficoltà irrisolte dall’Amministrazione vengono scaricate sui cittadini che, se vogliono cremare il proprio famigliare defunto in tempi “ragionevoli” rivolgendosi ad un altro crematorio non solo dovranno aspettare almeno 15/20 giorni per avere l’autorizzazione ma dovranno versare all’Amministrazione Capitolina un ulteriore balzello di oltre € 430,00, che si aggiunge ai costi della cremazione di circa € 650,00, quasi a dire “così impari a fare scelte diverse da quelli che noi ti diciamo”.

Vero è che si promette o si annuncia la sospensione del balzello da € 430,00 circa, sarebbe un primo passo che vogliamo verificare ma che non risolve il problema stante ancora la difficoltà, o impossibilità, ad avere le autorizzazioni in tempi ragionevoli per affrontare il trasferimento ad altro crematorio.

E fa sorridere, poi, la risposta della Sindaca che, a fronte di queste assurde scelte e situazioni, risponde promettendo tre nuove bocche di cremazione, quasi a dire portate pazienza che noi ci pensiamo: tra due-tre anni (tanto è il tempo tra progetti appalti e realizzazione) daremo risposte ai vostri problemi.

Signora Sindaca non siamo nel mondo delle favole o tra damine settecentesche; le soluzioni servono ora, nell’immediato. Cosa si aspetta a modificare radicalmente l’iter burocratico delle Autorizzazioni alla cremazione rilasciandole, come fanno tutti i comuni italiani, immediatamente con l’autorizzazione al trasporto o, per Roma, permesso di seppellimento? Cosa si aspetta a dare applicazione alle Circolari Ministeriali esplicitando la possibilità di utilizzare “altro crematorio disponibile” stante la difficoltà di quello romano? E senza oneri aggiuntivi, diritti fissi vari di dubbia legittimità, come recita una sancisce la Suprema Corte per sempre e non fino alla fine del mese o della emergenza.

Come si fa a giustificare che la consegna delle ceneri per la conservazione domiciliare, come da legge n. 130/2001, sia programmata ben trenta giorni dopo la cremazione del defunto? Ma quali sono le incombenze necessarie per impiegare questo tempo “storico”?

Certo si tratta di una situazione maturata progressivamente nel corso degli anni in un contesto di disattenzione e di abbandono colposo. Anche Report ha colto questi elementi evidenziando i casi che hanno visto operatori, non molti per la verità, mascherare impunemente la propria identità dietro l’immagine di Ama per farsi identificare come braccio delle Istituzioni. ‘Na schifezza che fa disonore e mette in discussione l’immagine dell’intera categoria.

Operatori da cancellare perché indegni di occuparsi del dolore delle famiglie e da colpire rigorosamente.

Se la situazione romana assume questa drammaticità, unica sul panorama delle grandi città, lo si deve anche al ritardo della Regione che, dopo 20 anni dal varo della prima legge regionale ancora latita quasi che la funeraria, costola della sanità, non rientrasse nelle competenze regionali.

Il caos di Roma, i rapporti malavitosi che hanno coinvolto alcune imprese funebri romane e del frusinate su cui è intervenuta ed interviene sempre più frequentemente la stampa sono figli dell’assenza di controlli e dell’assenza di regole certe.

Senza regole adeguate alle necessità dell’oggi, regna l’arte di arrangiarsi e di mentire di fronte alle famiglie: mentire sulle tariffe proposte per attirare i clienti, mentire sulle prestazioni fornite e via andando.

Gli operatori seri, onesti e professionali, che credono nella propria missione e nella propria attività, non possono stare a guardare; la misura è colma e ne va di mezzo il futuro dell’intero settore funebre.

La reazione non può continuare ad essere il bubare o la facile protesta verbale che non conclude niente; è tempo di uscire dal proprio orticello e rivendicare maggiori controlli per tutti, uscire e rivendicare, ognuno con le sue conoscenze, non favori ma una legge chiara, adeguata alla situazione laziale e rigorosa da parte della Regione, è tempo di uscire ed unirsi agli altri operatori per offrire e garantire alle famiglie romane e laziali rispetto, professionalità e quella trasparenza che fanno degli imprenditori funebri una categoria indispensabile per la città e stimata da tutti i cittadini.

Cristian Vergani
Presidente Federcofit


Federcofit ed EFI: il Comparto Funerario categoria a rischio cui offrire presto i vaccini

 

Le pagine di HERMES Funeraria hanno raccontato in questi mesi l’impegno generoso e responsabile del Comparto Funerario Italiano durante la crisi del COVID.  Ricordiamo il dolore a cui abbiamo assistito, quello sofferto dalle nostre Colleghe e dai nostri Colleghi, la solidarietà fattiva degli Operatori di tutta la Nazione, i morti, coloro le cui vite saranno per sempre segnate nell’anima da questa esperienza.

Ecco perché abbiamo scritto al Ministro della salute, Roberto Speranza, al Capo del Dipartimento della Protezione Civile Angelo Borrelli, al Presidente dell’ISS Silvio Brusaferro, ai Presidenti e Assessori regionali alla sanità per sollecitare una particolare attenzione a destinare i vaccini, prioritariamente, anche agli addetti funebri perché particolarmente esposti al virus dovendo trattare defunti positivi e interloquire con le famiglie di tali defunti.

Le nostre strutture regionali interverranno sulle autorità ed ASL territoriali.

Ecco la lettera spedita al Ministro Speranza:

Illustrissimo Ministro Speranza,
le scriventi Federazioni Nazionali, rappresentative dell’Imprenditoria Funeraria privata, intendono sottoporre alla sua attenzione l’assoluta necessità, come per altro più volte evidenziato nel corso di quest’anno, di garantire alla categoria misure adeguate ad una tempestiva ed efficace protezione.

Fin dal manifestarsi della pandemia, tutti i nostri Operatori si sono trovati particolarmente esposti, così come il personale sanitario, ai rischi di trasmissione del Covid-19 dovendo trattare tutte le salme, quelle positive al coronavirus e le altre, e dovendo entrare in contatto con le famiglie colpite da un lutto, anch’esse possibili veicoli di contagio per essere state vicine ai loro cari defunti.

E il dato nazionale dei decessi avvenuti in questi mesi fra gli addetti funebri è drammatico e particolarmente inquietante.

Spesso le Istituzioni, nonostante il riconoscimento del ruolo svolto dal comparto (basti pensare all’identificazione delle Case Funerarie quali luoghi atti ad ospitare i feretri, a fronte delle carenze dei locali di sosta, in attesa di cremazione o di sepoltura), hanno ignorato ogni legittima richiesta avanzata dalla categoria, in primis quella di poter accedere ad un canale dedicato per la distribuzione dei Dispositivi di Protezione Individuale indispensabili a svolgere il proprio lavoro in assoluta sicurezza.

Oggi il nostro Paese, come tutta Europa, sta predisponendo la gestione di una vaccinazione di massa della popolazione definendo le priorità di coloro che dovranno essere protetti con il vaccino.

Chiediamo quindi che, parallelamente ai soggetti più deboli e al personale sanitario, agli addetti funebri, proprio per l’esposizione al contagio legata al lavoro svolto, siano garantite le tutele vaccinali prima che ad altre categorie, riconoscendo così le valenze del loro intervento e mettendoli nelle condizioni di operare con la necessaria tranquillità.

In attesa di un suo tempestivo riscontro, ci è gradita l’occasione per farle giungere l’augurio di buon lavoro e i più cordiali saluti.

Gianni Gibellini
Presidente Nazionale EFI

Christian Vergani
Presidente Nazionale FEDERCOFIT

clic qui per scaricare il PDF della lettera


Tra terrorismo e bugie parte la sarabanda SEFIT sulla proposta di legge

Su euroact e su funerali org, i due canali di comunicazione sedicenti voce di SEFIT, si è aperta la campagna contro il progetto di legge in discussione alla Camera senza risparmiarci né una infinita serqua di bugie né una dose massiccia di terrorismo cercando, in primis, di fare apparire il testo, proposto dal Comitato ristretto della Commissione, come operazione di parte e cioè degli onorevoli Foscolo e Bellachioma, cioè della Lega.

Considerare la proposta del Comitato come “operazione guidata dalla On. Foscolo e dall’on. Bellachioma” è una plateale falsità e rappresenta anche una offesa gratuita alla dignità dell’On. Giuditta Pini del PD che è una delle due relatrici del testo proposto su cui si avvia la discussione e che non è sicuramente succube degli On. Foscolo e Bellachioma.

Ma andiamo a vedere meglio i contenuti delle critiche avanzate da Sefit:

art. 7 “azzeramento per i comuni dei diritti di affissione dei necrologi”: prima di tutto non si parla di necrologi nel testo, prima bugia, ma degli “annunci funebri in occasione dei funerali” che una finanziaria, nota a tutti gli operatori funebri, ha esentato da diritti di pubblicità e di affissione; quindi se qualcuno ha tolto questa entrata dai bilanci comunali, questi è lo Stato non la proposta di legge in questione.

Art.12: “eliminazione dei diritti di autorizzazione al trasporto di salma”: ma cosa stanno cercando questi nemici giurati della attività funebri?  mai, in nessuna norma approvata fino ad ora, si è parlato e disposto un’”autorizzazione al trasporto della salma” che avviene a bara aperta ed, in genere, durante il periodo di osservazione. Fino ad oggi, per effettuare tale trasporto, formalizzato dalle leggi regionali senza limitarlo ai cosiddetti servizi istituzionali a carico del comune, previa certificazione medica di esclusione di rischio per la salute pubblica, si dà comunicazione al comune, senza alcuna autorizzazione comunale. Ma di quale eliminazione si sta cianciando? Crassa e colpevole ignoranza o bugia a scopo terroristico?

Art. 12: “eliminazione delle autorizzazioni comunali al trasporto di ossa e di ceneri”: si lamenta che queste autorizzazioni passerebbero alla competenza degli Uff. di Stato civile:

Quando la Legge n.130/2001 ha demandato agli Ufficiali di Stato Civile l’autorizzazione alla cremazione nessuno si è stracciato le vesti denunciando una spoliazione, si trattava sempre di autorizzazione da parte di un soggetto del Comune, come nel caso descritto dalla proposta di legge …; poi …, se ci si diverte a fare artate e strumentali polemiche … buon divertimento.

Art. 12: “eliminazione di ogni diritto fisso riguardante i trasporti funebri ed esenzione dal bollo”

E’ vero che euroact e Sefit hanno guardato e continuano a guardare con sospetto le decisioni ed il ruolo della Corte Costituzionale (se ne facciano una ragione …) ma le sentenze della Corte hanno valore e significato; è corretto che una proposta di legge sancisca l’applicazione di una nota decisione della Corte, quella assunta nel 2005 in una nota querelle relativa al Comune di Bari.

A noi sembra che improntare una disposizione a decisioni della Suprema Corte sia atto di grande civiltà e di elevato senso dello Stato e delle sue Istituzioni.

Se, poi, si deve valutare la proposta di esenzione da bollo di queste autorizzazioni dobbiamo concludere che con questa disposizione si fanno risparmiare alle famiglie italiane circa € 9.000.000,00 che per gli 8000 comuni rappresentano una miseria, in media poco più di € 1000,00 all’anno per ogni comune, per le famiglie colpite da un lutto rappresentano il riconoscimento di una loro sofferenza.

Art. 18 e art. 2: “eliminazione dei ricavi da tariffa di tumulazione e di estumulazione e di ogni diritto di polizia mortuaria su operazioni cimiteriali”

Dei “diritti di polizia mortuaria” o “diritti fissi” ispirati, come dice la Suprema Corte, da principi precostituzionali e precomunitari abbiamo già detto: si tratta di balzelli che non trovano alcuna motivazione oggettiva e che, proprio perché privi di motivazione, servono solo a mantenere bassa la produttività “pubblica” ed a ritardare la trasformazione della macchina pubblica e dare alla medesima l’efficienza necessaria: tema, oggi, prioritario all’ordine del giorno della politica italiana.

In merito, poi, alla caduta dell’obbligatorietà della definizione delle tariffe per la tumulazione ed estumulazione la proposta individua queste operazioni come inerenti specifiche “concessioni cimiteriali”, al pari delle tombe di famiglia, con competenze esclusive in capo al concessionario. L’osservazione, in ogni caso, è, se vogliamo essere buoni, strumentale perché qualora la scelta del concessionario ricada sul gestore, il gestore introiterà il compenso dell’operazione stessa, altrimenti non dovrà eseguirla: quindi le entrate dei cimiteri si dovranno basare principalmente sulle effettive prestazioni che vengono erogate e non su balzelli derivanti dalla proprietà.

Artt. 28- 29: “eliminazione dei diritti su autorizzazione alla cremazione ed all’affido delle ceneri”

Abbiamo già detto sui cosiddetti “diritti fissi”, balzelli indipendenti dalle prestazioni fornite, su cui si è diffusa la Suprema Corte. Meraviglia, invece, che si insista, da parte di una organizzazione di imprese quale SEFIT, sulla conservazione di balzelli frutto esclusivo di vecchie, ed oggi inaccettabili, concezioni borboniche di difesa della “proprietà terriera” per mascherare inefficienze e livelli di bassa produttività. Né possiamo dimenticare che a volte rappresentano una sorta di sadica punizione per quei cittadini che optano per l’affidamento domiciliare invece della conservazione nel cimitero, come recitava, in un noto comune del nord, la motivazione di una tariffa particolarmente esosa: “perché la scelta  delle conservazione domiciliare non sia frutto di valutazioni strettamente economiche”.

Le ultime considerazioni sollevate da Sefit fanno letteralmente “cadere le braccia”. Si lamenta che si disponga l’inibizione per i Comuni di intervenire direttamente “sulla domanda e sull’offerta dei servizi e sulla definizione dei prezzi”. In un Stato moderno ed in una Stato di diritto le Istituzioni regolamentano, fanno gli arbitri, non intervengono direttamente sul mercato: ormai sono principi accettati universalmente abbandonando ogni visione statalista utile solo a fare intervenire lo Stato (leggi i contribuenti) per coprire le inefficienze. I comuni facciano bene il loro mestiere di “controllori” in questo mercato: ne trarranno beneficio i cittadini e la diffusione di concorrenze corrette in questo difficile settore.

Si lamenta inoltre, sembra di essere sulla luna, che il trasporto dei resti mortali (gli indecomposti) sia riservato ad “imprese abilitate”, come se, fino ad oggi, chiunque dotato di un qualsiasi mezzo di trasporto possa trasportare gli indecomposti, con i relativi problemi igienico sanitari, da un cimitero ad un altro snza che, chi di dovere, lo abbia abilitato e gli abbia affidato lo svolgimento di questa funzione.

Infine, per non fare mancare niente a questa paccottiglia, si contesta che il D.D.L. definito dal Comitato ristretto, nel recepire i contenuti di una recente sentenza della Suprema Corte, maggio 2017, garantisca la libertà, da parte degli avente titolo, di esprimere il ricordo per il proprio caro, appunto gli arredi cimiteriali dei monumenti, loculi, ossari ecc., ovviamente fatta eccezione per i cimiteri monumentali: i comuni non possono né disporre, né appaltare l’espressione del ricordo. Abbiamo capito, ancora una volta ci si rifugia nella difesa di una logica monopolistica perché incapaci di misurarsi con il mercato e con una corretta concorrenza.

La Segreteria Federcofit


Disastro Roma: Federcofit scrive alla Sindaca Raggi

Alla Sindaca di Roma
Al Presidente della Giunta Regionale
Al Presidente di AMA Spa
p.c. Capi gruppo consiliari del Comune di Roma
Capi gruppo consiliari del Consiglio Regionale
Milano, 30 ottobre 2020
Prot. 161/20

 

Ill.ma Sindaca ed ill.mi Presidenti,
dalla comunicazione e disposizione di AMA Spa del 29 ottobre u.s. in relazione alle nuove procedure per accedere alla cremazione a Roma emerge che già oggi, con un aumento modesto di decessi causato dalla pandemia Covid-19 siamo di fronte ad una situazione tragica.

Ancora una volta, e nonostante la disponibilità alla collaborazione dichiarata da parte delle più importanti Associazioni di categoria, siamo di fronte alla totale incapacità ad affrontare la situazione funeraria della città e alla pura incoscienza.

Viene comunicato agli operatori funebri che, causa la saturazione dei depositi di salme presso la Camera mortuaria del Flaminio, per i defunti destinati alla cremazione si dovrà procedere al loro deposito al Verano per poi andare a riprenderli il giorno prima della cremazione per trasferirli all’impianto di cremazione presso il Flaminio. Così, poveri defunti, facciamo prendere loro un po’ d’aria prima di ridurli in cenere.

Passi che, ancora una volta e con il cinismo proprio dell’indifferenza, si scarica sugli operatori e sulle famiglie romane che dovranno sopportare i costi di queste pubbliche incapacità, si procede a sviluppare bombe ecologiche che possono esplodere in ogni momento.

Alle centinaia di salme che stazionano, senza idonee protezioni perché i feretri destinati alla cremazione non hanno la cassa di zinco saldata ed isolante, se ne aggiungeranno altre centinaia depositate al Verano, soggette ai processi di decomposizione con diffusione di liquidi cadaverici … fonte di rischi infettivi ovvii: evidentemente non basta il coronavirus …, aggiungere antri rischi rende la vita più adrenalinica …

Nel frattempo si prosegue con disposizioni vessatorie per coloro che non accettano questo stato di cose e si rivolgono altrove per cremare i propri cari: vuoi rivolgerti ad un crematorio diverso da quello del Flaminio..., paga qualche centinaia di Euro di sovrattassa così impari…

Gli scandali che si sono succeduti non hanno insegnato nulla: protervia, presunzione fino al sadismo regnano ancora sovrani.

Roma è in una situazione di emergenza, e non solo emergenza operativa anche per carenza di addetti, si tratta di una emergenza sanitaria gravissima. Non si può stare a baloccarsi con provvedimenti tampone che aggravano questa emergenza. Si deve, prima di tutto, liberare i depositi di salme in attesa della cremazione che si decompongono e sono fonte di gravi rischi sanitari ricorrendo ai vari impianti di cremazione presenti e disponibili nella regione e nel paese. Non è la prima volta che si verificano questi problemi nel nostro bel paese; quando necessario i comuni interessati hanno provveduto a queste soluzioni. Si tolga subito il balzello aggiuntivo sulle cremazioni in impianti fuori dal comune di Roma per riportare la situazione ad una sua regolarità.

Signora Sindaca, signori Presidenti la funeraria romana è stata trasformata in una palude sempre più melmosa dove può succedere di tutto senza che nessuno si muova, come dimostrano gli ultimi anni, nonostante le paginate sui giornali.

È inutile lamentarsi della sfiducia dei cittadini contro la “politica” quando le famiglie che hanno avuto un decesso sono trattate in questo modo: vedere i feretri dei propri cari ammassati in un deposito uno sull’altro nella burocratica indifferenza di chi gestisce la cosa pubblica.

Dovete dare un segnale forte per dimostrare che siete attenti anche a questi problemi.

Siamo ormai a livelli di guardia. Lo abbiamo detto più volte sollecitando provvedimenti e normative. Non siamo disponibili a vedere la funeraria affossata definitivamente senza fare sentire la nostra protesta.

Se da subito non si darà un segnale chiaro e forte la piazza romana vedrà anche la nostra categoria.

In attesa di vedere questi segnali cordialissimi saluti