Cimiteri d'Italia: le Marche
Cimitero di guerra di Ancona
Il cimitero di guerra di Ancona è un cimitero per i militari britannici e del Commonwealth caduti durante la seconda guerra mondiale che si trova in località Tavernelle, ad Ancona.
Questo cimitero dà sepoltura a oltre mille caduti prevalentemente nel 1944, in maggioranza britannici, ma anche canadesi, neozelandesi, australiani, sudafricani, indiani ed altri provenienti da paesi del Commonwealth. Il cimitero raccoglie i caduti in una area vasta da Pescara a Pesaro ed è stato realizzato dalla commissione del Commonwealth per le Onoranze ai Caduti di Guerra, costituita nel 1917, secondo regole comuni per tutti caduti. Venne infatti stabilito che i caduti sarebbero rimasti nei paesi in cui morirono e che in quei paesi sarebbero stati commemorati in perpetuo con una lapide individuale. La Commissione aveva il compito di segnare le tombe, creare i cimiteri e costruire i monumenti commemorativi. Oggi la Commissione è impegnata in 150 paesi per 1.100.000 tombe del Commonwealth dalle due guerre mondiali in 2.500 cimiteri di guerra costruiti ed in 21.000 altri scenari di guerra. I caduti la cui tomba è ignota sono commemorati in 200 monumenti.
Cimitero militare polacco di Loreto
Il cimitero militare polacco di Loreto è stato costruito nel 1944 ed è stato inaugurato nel 1946. Oltre a questo si debbono ricordare i cimiteri militari polacchi di Montecassino, Casamassima e Bologna.
A Loreto, in provincia di Ancona, si trova uno dei principali cimiteri polacchi in Italia, con 1.112 tombe. Il cimitero dei soldati polacchi è situato tra la strada statale Adriatica e la Santa Casa di Loreto, sul lato destro di una lunga scalinata tra il verde per la quale si arriva al santuario di Loreto, sulle tombe dei militari polacchi sono spesso presenti omaggi di devozione verso i defunti.
Il cimitero è stato restaurato nei primi anni sessanta a cura del governo italiano e degli emigrati polacchi ma ora necessita di un nuovo intervento conservativo. Come è noto il II Corpo d'armata polacco comandato dal generale Władysław Anders, si costituì con i circa 160.000 prigionieri polacchi nell'ex Unione Sovietica, che ottennero il permesso di formare un corpo d'armata contro l'esercito nazista. Trasferitisi dalla Russia alla Persia, quindi in Palestina, i soldati polacchi vennero impiegati anche in Italia come II Corpo d'armata nell'VIII Armata britannica. Durante la battaglia di Ancona con le truppe comandate dal generale Władysław Anders era inquadrato anche il CIL, il Corpo Italiano di Liberazione comandato dal generale Umberto Utili ed altre formazioni.
Il II Corpo d'armata polacco diede un grande contributo alla liberazione dell'Italia, combattendo duramente, con coraggio e sacrificio di vite, principalmente a Montecassino, nelle Marche e Romagna, al termine della seconda guerra mondiale solo una piccola parte dei militari polacchi tornò in patria, gli altri scelsero la via dell'esilio in vari paesi, tra cui l'Italia, in quanto la Polonia era entrata nell'influenza sovietica. Il generale polacco Władysław Anders, deceduto a Londra nel 1970, venne sepolto per sua volontà nel cimitero di Montecassino, accanto ai suoi soldati lì caduti e sepolti nell'omonima e sanguinosa battaglia.
Cimitero ebraico di Senigallia "delle Grazie"
Il cimitero delle Grazie è il cimitero ebraico situato a Senigallia in uso dal 1878.
Il cimitero ebraico delle Grazie, che si trova a tre chilometri dal centro abitato, prende posto nell'area boscosa vicino all'ex convento delle Grazie, è recintato da un muretto in mattoni ed è collegato al cancello d'ingresso da un vialetto lungo cui, nel 1977, sono state poste le lapidi del vecchio cimitero.
Le lapidi, ormai corrose dal tempo, sono caratterizzate dalla semplicità man mano che ci si avvicina al nuovo millennio, mentre quelle ottocentesche sono molto elaborate e piene di riferimenti religiosi.
Nel 1869 venne deliberato che la selva vicino all'ex convento delle Grazie era il luogo più adatto per essere destinato ad un cimitero comunale. Il progetto che venne approvato è quello dell'architetto Enea Gentili e la struttura fu inaugurata nel 1871. Passati sette anni, nel lato destro dell'omonima chiesa venne allestito uno spazio destinato al cimitero ebraico: infatti risale al 1878 la prima sepoltura. Si deve a Sergio Anselmi il recupero di ben oltre 85 lapidi e cippi del Seicento, Settecento e fine Ottocento, infatti durante lavori di scavo nella zona del vecchio cimitero ebraico, diventata in parte area fabbricabile, le antiche lapidi rischiavano di essere distrutte dalle ruspe.
Cimitero Delle Mummie di Urbania
Una silenziosa cripta dove i corpi di comuni mortali dimorano da più di quattro secoli. La Chiesa dei Morti, già Cappella Cola fino al 1836, ornata da uno splendido portale gotico, conserva al suo interno il Cimitero delle Mummie, noto per il curioso fenomeno della mummificazione naturale, dovuto a una particolare muffa che ha essiccato i cadaveri succhiandone gli umori.
Nel 1833 furono esposti, dietro l’altare, 18 corpi già mummificati estratti dai sepolcri vicini, in seguito all’istituzione dei cimiteri extraurbani per effetto dell’editto napoleonico di Saint Cloud del 1804. Alla sistemazione dei corpi provvide la Confraternita della Buona Morte, fondata a Casteldurante nel 1567, sotto la protezione di S. Giovanni Decollato (all’interno della chiesa è visibile una rappresentazione del Santo, opera di Giustino Episcopi). I suoi compiti erano di provvedere al trasporto gratuito e alla sepoltura dei morti, specie degli indigenti, all’assistenza dei moribondi, oltre alla registrazione dei defunti in uno speciale libro, fino alla distribuzione delle elemosine ai poveri. Durante la cerimonia funebre i “Fratelli” indossavano una veste bianca con cappuccio nero sul capo (come si vede all’interno della chiesa nel personaggio al centro, il Priore Vincenzo Piccini, ideatore della necropoli).
Le mummie di Urbania accolgono il visitatore ognuna con la sua storia da raccontare: dalla giovane donna deceduta di parto cesareo, a un giovane accoltellato in una veglia danzante, e la mummia dello sventurato che, si racconta, fu sepolto vivo in stato di morte apparente… il custode vi narrerà con piacere le incredibili vicende di tutti i personaggi.
Cimitero Ebraico di Pasaro
Il cimitero sorge sulle pendici del colle San Bartolo. L’uso cimiteriale dell’area (6.700 mq circa) risale al 1695, quando la comunità ebraica di Pesaro lo acquisisce dopo una permuta con il podere a Pantano che ospitava il cimitero precedente. Fino a metà novecento lo spazio appariva come una scoscesa pendice campestre con rade alberature, abbandonato poi agli effetti del tempo.
Il suo recupero - curato nel 2002 dalla Fondazione Scavolini - ha riguardato pulitura e restauro dei manufatti in pietra che segnalano le sepolture e la messa in opera di elementi per il percorso di visita.
Fra i rovi affiorano oggi 140 lapidi circa, numero inferiore alle inumazioni effettivamente realizzate. La motivazione di ciò va ricercata nel decreto di papa Urbano VIII (1652) che vieta ogni iscrizione tombale per gli ebrei dello Stato Pontificio eccezion fatta per gli insigni rabbini e gli uomini o le donne di grande cultura e carità; ribadita nel 1775 da Pio VI, l’interdizione resta in vigore fino a Pio IX.
Tutti i monumenti sono in pietre locali o marmi. Nella parte più alta del cimitero, la più arcaica, si trovano esclusivamente stele verticali e cippi cilindrici. Nella fascia centrale, compaiono veri monumenti sepolcrali di gusto classico, in quella inferiore, la più recente, strutture romantiche e naturalistiche.
Le sepolture più imponenti sono quelle erette tra il 1860 e il primo novecento a testimonianza di una certa emancipazione sociale degli ebrei che segue l’annessione delle Marche al Regno d’Italia.
Cimitero Monumentale di Monterubbiano
Nel 1875, considerato lo stato di abbandono del cimitero comunale e vista la sua inadeguatezza alle nuove disposizioni di legge, su proposta dell’architetto Luca Galli, viene adeguata la struttura esistente. Il cimitero è costituito da un asse longitudinale di simmetria che divide la corte porticata sui due lati maggiori; sul lato minore è situato l’ingresso con un pronao classico in stile dorico e rialzato rispetto la strada. L’altra facciata, rivolta all’interno, fa da chiusura al perimetro rettangolare. La cappella centrale ripropone il pronao d’ingresso; le semicolonne addossate alla muratura svolgono la funzione di lesene. La cappella è sormontata da una lanterna che fa da piedistallo ad una statua in ghisa rappresentante in allegoria l’immortalità, alta 280 cm., eseguita dallo scultore Nicola Cerpelli di Fermo, uscita dalle officine dell’Istituto Tecnico Montani di Fermo e coeva al progetto. Da questo nucleo originario il cimitero poi subisce una serie di ampliamenti a partire dagli anni venti, nell’immediato dopoguerra, negli anni sessanta ed infine oggi.
John Andretti: il corteo funebre a Indianapolis
John Andretti, nipote del celebre pilota italiano Mario Andretti, e anch'esso pilota è morto lo scorso 30 gennaio, a causa di un tumore al colon.
Andretti ha corso 12 volte all'Indy 500 fino al 2011, e nel 1994 ha nella stessa notte una gara di Indy 500 e in un evento NASCAR, diventando il primo pilota a portare a termine questa impresa; ha anche partecipato a 15 gare della Daytona 500 fino al 2010.
Per onorare il suo impegno sportivo, al termine della cerimonia funebre la salma è stata condotta all'Indianapolis Motor Speedway, in cui l'autofunebre ha fatto percorrere un ultimo gira di posta al pilota.
George Parrot, il bandito trasformato in scarpe e borse.
Il “selvaggio West” era davvero selvaggio, e questa storia ce ne dà una dimostrazione evidente.
George Parrot (nato il 20 marzo 1834), era un bandito “specializzato” nel rubare bestiame e derubare i viaggiatori nelle rotte del West la cui pelle è stata trasformata in un paio di scarpe dopo il linciaggio mentre una parte del suo cranio è stata utilizzata come posacenere.
Nel febbraio 1879, Parrot e la sua banda misero a segno un furto in danno di un ricco commerciante, Morris Cahn, con un bottino di almeno centomila dollari attuali, e ciò nonostante il commerciante viaggiasse con un convoglio militare contenente 15 soldati.
Nel 1880 in seguito alla rapina di Cahn, Parrot e il suo secondo, Charlie Burris , furono arrestati a Miles City, da lì Parrot venne estradato nel Wyoming dove era accusato di omicidio.
Parrot fu condannato all'impiccagione il 2 aprile 1881 a seguito di un processo per l’omicidio di due investigatori a seguito di una rapina a un treno, ma cercò di scappare mentre era detenuto in un carcere di Rawlins, nel Wyoming. Parrot riuscì a limare i rivetti delle grosse catene sulle caviglie, usando un coltello da tasca e un pezzo di arenaria. Il 22 marzo, dopo aver rimosso le catene, si nascose nel bagno fino a quando lo sceriffo Robert Rankin entrò nella zona. Usando le catene, Parrot colpì Rankin sopra la testa, fratturandogli il cranio; nonostante questo lo sceriffo riusciva a reagire, chiedendo aiuto a sua moglie Rosa che con una pistola riusciva a “convincere” Parrot a tornare nella sua cella.
La notizia del tentativo di fuga si diffuse attraverso Rawlins e gruppi di persone iniziarono a dirigersi verso la prigione. Mentre lo sceriffo giaceva in fase di recupero, uomini mascherati con pistole irruppero nella prigione, presero le chiavi e trascinarono Parrot fuori dalla sua cella consegnandolo a una folla di oltre 200 persone che lo linciò e appese a un palo del telegrafo.
A questo punto il racconto diventa veramente macabro: i dottori Thomas Maghee e John Eugene Osborne si impossessarono del corpo di Parrot dopo la sua morte, per studiare il cervello del fuorilegge alla ricerca di indizi sulla sua criminalità. La parte superiore del cranio di Parrot fu tagliata grossolanamente e la calotta cranica fu regalata a Lillian Heath, 15 anni, poi assistente medico di Maghee. Lillian Heath è diventata la prima dottoressa in Wyoming e si dice che abbia usato la calotta come un portacenere, un portapenne e un fermaporta. Fu anche creata una maschera mortuaria sul viso di Parrot, e la pelle delle sue cosce e del torace fu rimossa. La pelle, compresi i capezzoli del morto, fu spedita in una conceria a Denver, dove fu trasformata in un paio di scarpe e in una borsa medica. Questi articoli furono tenuti da Osborne, che indossò le scarpe al suo ballo inaugurale dopo essere stato eletto come primo governatore democratico dello stato del Wyoming. Il corpo smembrato di Parrot fu immagazzinato in una botte di whisky riempita con una soluzione salina per circa un anno, mentre gli esperimenti continuarono, fino a quando fu sepolto nel cortile dietro l'ufficio di Maghee.
La morte di Parrot fu dimenticata fino all'11 maggio 1950, quando i muratori dissotterrarono un barile di whisky pieno di ossa mentre lavoravano alla Rawlins National Bank in Cedar Street a Rawlins. All'interno del barile c'era un teschio con la parte superiore segata, una bottiglia di composto vegetale e le scarpe che si diceva fossero state fatte con la carne di coscia di Parrot. La dottoressa Lillian Heath, allora ottantenne, fu contattata e la calotta cranica ancora in suo possesso mostrò di adattarsi perfettamente al cranio nel barile, in seguito i test del DNA confermarono che i resti erano quelli di George Parrot. Oggi le scarpe realizzate con la pelle di Parrot sono esposte permanentemente al Carbon County Museum di Rawlins, insieme alla parte inferiore del cranio del fuorilegge e alla maschera mortuaria, le catene utilizzate durante l'impiccagione del fuorilegge, così come la calotta cranica, sono in mostra al Museo del Pacifico dell'Unione a Omaha, nel Nebraska. La borsa fatta con la sua pelle non è mai stata trovata.
L'affascinante monumento funebre di Rudolf Nureyev.
Siamo abituati alle opere d’arte classiche nei grandi cimiteri monumentali d’Italia, ma il tempo passa e anche l’arte cambia, anche quella funeraria.
Poco fuori Parigi il cimitero ortodosso di Sainte-Geneviève-des-Bois conserva un’opera splendida e commovente. È la tomba del più grande ballerino del XX secolo: Rudolf Nureyev.
Vittima dell’AIDS, esito di un’infezione che in quegli non lasciava scampo, il grande ballerino fu sepolto nel cimitero ortodosso di Sainte-Geneviève-des-Bois, poco fuori Parigi.
La sua tomba è un capolavoro della maestria italiana: è stata progettata dello scenografo Ezio Frigerio e realizzata dallo Studio Akomena di Ravenna.
La tomba di Nureyev è un mosaico che raffigura un kilim, un pregiatissimo tappeto che il ballerino amava particolarmente.
Il kilim realizzato dai Maestri mosaicisti di Ravenna è plasticamente adagiato sulla tomba, dando un’immagine naturale a quella che una vera e propria scultura.
Salme scomparse a Palermo, un arresto nel "racket dei morti"
Una salma sparisce per tre giorni, per poi ricomparire, e i resti di un'anziana svizzera scompaiono per cinque mesi e poi vengono ritrovati «come uno scarto» in uno dei viali del cimitero
Sono due dei macabri episodi avvenuti al cimitero dei Rotoli sui quali si sviluppa l'inchiesta della Procura che ha portato agli arresti domiciliari Paolo Rovetto, 25 anni, titolare dell'agenzia di pompe funebri «L'ultima cena».
Secondo l'accusa, il titolare dell'Agenzia di onoranze funebri avrebbe organizzato due episodi ricostruiti dalla polizia.
Il primo caso riguarda una donna morta in ospedale il 26 aprile 2018. Nella confusione del momento la salma era sparita ed è ricomparsa tre giorni dopo. Secondo gli investigatori, a “rubare” la salma sarebbe stato Rovetto che l’avrebbe poi consegnata ai necrofori tre giorni dopo.
Dell’altro episodio protagonista è la salma di un’anziana signora svizzera, morta nel marzo 2018, di cui per cinque mesi si sono perse le tracce. I familiari avevano affidato a Rovetto l’incarico della cremazione ma l’uomo avrebbe preso tempo mandando certificati di morte e altri documenti falsificati: la salma è ricomparsa solo a distanza di tempo. Attraverso le immagini del sistema di sorveglianza del cimitero è stato accertato, nel settembre 2018, l’ingresso del furgone di Rovetto, alla guida del mezzo, che avrebbe scaricato il feretro tra i viali del cimitero dove è stata ritrovata dopo una segnalazione alla polizia.
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Immagine: © Il Sicilia.it
Regione Lombardia: abolizione dal 2020 del pagamento delle visite necroscopiche domiciliari
Con meno di due righe, la Regione Lombardia cancella i tariffari riferiti al pagamento a carico dei cittadini delle visite necroscopiche domiciliari.
All'interno del corposo provvedimento (306 pagine) dal titolo "DETERMINAZIONI IN ORDINE ALLA GESTIONE DEL SERVIZIO SANITARIO E SOCIOSANITARIO PER
L’ESERCIZIO 2020", la Giunta Regionale, con la deliberazione n° XI / 2672 del 16/12/2019, ha abolito dal 2020 del pagamento delle visite necroscopiche domiciliari.
All'inizio della pagina 196 possiamo infatti leggere:
In relazione al tariffario Medicina Legale hanno esaurito l’efficacia la DGR n. VII/16171/2004 e la DGR n. X/4702/2015.
Sono quindi abrogati, a far data dal 01.02.2020, i tariffari riferiti alla DGR n. VII/16171/2004 e DGR n. X/4702/2015 relativi al pagamento a carico dei cittadini delle visite necroscopiche domiciliari.
per scaricare il provvedimento fai clic su questo link.
Il Putridarium delle Clarisse
un articolo pubblicato da Vanillamagazine.it
Il Castello Aragonese è un edificio di straordinaria bellezza, che si trova sopra un’isolotto adiacente all’Isola di Ischia, di fronte all’isola di Procida. Situato nello splendido panorama del Golfo di Napoli, offrì rifugio e accoglienza agli Ischitani durante i turbolenti secoli delle incursioni dei pirati, quando dal mare arrivavano orde di assalitori in grado di razziare città e villaggi.
Nel 1575 il Castello, una vera e propria città con 13 chiese, un convento di monaci, una casamatta per la guarnigione e anche un vescovo e una cattedrale, si arricchì della presenza delle Clarisse, che giunsero al seguito di Beatrice Quadra, vedova di Muzio d’Avalos, che si insediò con quaranta suore provenienti dal convento di San Nicola.
Le suore erano destinate alla vita di clausura sin da giovanissima età, una misura adottata dalla famiglie nobili dell’epoca per evitare di dividere l’eredità in troppe parti, e in particolar modo per preservarla per i figli maschi. La storia del convento durò all’incirca 250 anni, e terminò nel 1810, quando il generale francese Gioacchino Murat soppresse tutti gli ordini religiosi per impossessarsi delle loro ricchezze.
In questo lungo lasso di tempo le monache vissero e morirono in un territorio di straordinaria bellezza, adottando un particolare stratagemma per ricordare a sé stesse la caducità della vita. Adiacente al cimitero monastico si trovava infatti il Putridarium, una piccola sala dove i corpi in putrefazione delle suore decedute venivano posizionati seduti in attesa che i batteri li disfacessero del tutto.
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fotografia di copertina: ©Orric, distribuita da Wikipedia
Cimiteri d'Italia: Arezzo e Grosseto
Il Cimitero Urbano di Arezzo
Protagonista dell'immagine che apre questo articolo, il Cimitero Urbano è la principale area cimiteriale del Comune di Arezzo, ed è situato a nord della Fortezza Medicea.
Il cimitero si compone di due nuclei: il primo, detto "Monumentale", appartiene alla Fraternita dei Laici ed è composto da un impianto originario ottocentesco scenograficamente simmetrico; il secondo "Comunale", attiguo in direzione nord-est, è di impianto moderno, dotato di una struttura principale risalente agli anni settanta.
Nella parte monumentale sono presenti sepolture e memorie di pregio, soprattutto all'interno degli emicicli, con opere di artisti per lo più toscani, come Amalia Duprè o Mario Moschi. Al centro del cimitero si trova un grande monumento ai Caduti, opera di Alessandro Lazzerini. Nel lato sinistro del cimitero, in direzione della fortezza medicea, è collocato inoltre una struttura a tronco di cono detta il "Calvario", con tre ordini di loculi. Il cimitero ha inoltre una cappella detta del Suffragio.
Cimitero di Sansepolcro
Il cimitero di Sansepolcro è situato in viale Osimo, nella prima periferia nord della città, in una zona pedecollinare in lieve declivio. Le colline di confine tra Toscana e Umbria che circondano la città di Sansepolcro avvolgono il cimitero ricreando un anfiteatro naturale costituito da campi coltivati, ulivi, vigne e verdeggianti pendii boschivi.
La parte più antica e monumentale è quella a monte, con ingresso in Via dei Montefeltro. Questa zona si divide in quattro grandi campi di inumazione delimitati da blocchi di loculi e da cappelle gentilizie. Tra queste, quelle delle famiglie Buitoni e Lombezzi (dove si conserva una copia in gesso della Madonna delle Lacrime di Treviglio). Sotto il porticato che separa il primo dal secondo livello trovano spazio le sepolture dei protagonisti del Risorgimento locale.
Il nuovo cimitero di Sansepolcro, progettato nel 1997 dall'architetto Paolo Zermani, prevede di cingere parzialmente il vecchio cimitero ottocentesco posto fra la collina e la città, poco fuori da Porta Fiorentina. La collocazione del cimitero tra la città e la collina pone l'opera in un potenziale ruolo di mediazione tra il centro storico e il paesaggio.
Il nuovo cimitero si sviluppa su un tracciato rettangolare inglobando completamente sul fronte sud, parzialmente sul fronte nord, il cimitero esistente costruito, attraverso vari accrescimenti, dal 1800 ad oggi. Una maglia quadrata regola la disposizione dei nuovi corpi di fabbrica e dei campi di inumazione contenendo la rotazione del manufatto esistente. Il corpo perimetrale, costituito da una gradonata in mattoni, si adatta agli andamenti altimetrici che variano, dal lato est al lato ovest, di circa 10 metri lineari, ma riporta il livello di sommità della muratura ad un'unica quota.
All'interno del cimitero è collocato il cosiddetto Sacrario degli Slavi, inaugurato il 15 dicembre 1973. Il Sacrario fu realizzato dal governo jugoslavo dietro progetto dello scultore Jovan Kratohvil. Ospita 446 urne zincate con i resti di altrettanti cittadini jugoslavi, provenienti da tutte le zone dello stato balcanico, ma in particolare modo dalla Slovenia e dalla Croazia, morti in Italia durante la detenzione nei campi di concentramento (160 dei quali morti a Renicci, nel comune di Anghiari) o nella lotta di Liberazione. L'area, oggetto di un curioso contenzioso tra alcune delle repubbliche ex jugoslave all'indomani del conflitto balcanico, secondo alcuni oggi appartiene alla Repubblica Slovena. Il Comune di Sansepolcro, che a partire dal 1991 si è occupato della manutenzione e conservazione della struttura, non ha mai espresso la propria opinione su quale entità politica successiva allo smembramento della Jugoslavia possa essere considerata come legittima referente relativamente alla sovranità sul Sacrario.
Cimitero della Misericordia di Grosseto
Si tratta del Cimitero Monumentale, nonché uno dei due principali camposanti della città.
A Grosseto esisteva dal 1766 un cimitero, comunemente definito "leopoldino" in quanto edificato per volere del granduca Pietro Leopoldo di Lorena, che era stato progettato da Leonardo Ximenes all'esterno delle mura medicee, fuori Porta Nuova, nell'area dove successivamente sarebbe sorta via Roma. Verso la metà del XIX secolo, tuttavia, il cimitero risultava in pessimo stato igienico-sanitario e si avvertì quindi la necessità di realizzarne uno nuovo, preferibilmente in un luogo ancora più decentrato.
Nel 1854 il priore Benedetto Pierini dell'Arciconfraternita della Misericordia di Grosseto mise a disposizione il terreno, situato poco più a nord lungo la vecchia via Aurelia in direzione di Montepescali, e fu quindi avviata la costruzione del nuovo cimitero con progetto di Enrico Ciampoli. Nel discorso cerimoniale della posa della prima pietra, il dottor Domenico Pizzetti ricordava le pessime condizioni del cimitero leopoldino, ormai «nello stato più meschino, il più abbietto che si possa vedere», esprimendo soddisfazione della possibilità di fornire nuova dignitosa sepoltura per le famiglie grossetane. I costi di realizzazione furono sostenuti dai membri della confraternita, con un contributo del granduca Leopoldo II in materiali da costruzione.
Nel 1857 fu promulgato un Regolamento organico con le direttive per ultimare la costruzione del cimitero. Nel Regolamento si legge: «sarebbe desiderabile che alcuni dei principali possidenti imitando il bello esempio di altre Città imprendessero a costruire in proprio delle Cappelle, nelle quali accomunare le ossa dei loro congiunti e a coadiuvare al tempo stesso una impresa che tanto onora il Pio Istituto e la Patria». Nel 1873 il cimitero non risultava ancora ultimato, ma si ha notizia della collocazione della «prima opera scultoria di quel funerario recinto», un medaglione di marmo raffigurante la signora Isolina Ademollo, scolpito da Giuseppe Domenico Felli.
Lo studioso Alfonso Ademollo descriveva il camposanto nel 1894 come «non del tutto ancora terminato, con cappelle per sepolture di stile gotico dei primi tempi del cristianesimo, nel quale si ammirano varie opere scultorie in busti e medaglioni di lavoro forbito di scultori moderni viventi, quali il Sarrocchi di Siena, il Felli di Terrarossa di Casal di Pari e di altri». In quegli anni, infatti, sempre più famiglie benestanti della città avevano scelto di decorare le proprie sepolture con sculture, o di realizzare cappelle e edicole monumentali, e nell'ambiente artistico grossetano, prima di allora pressoché inesistente, iniziò a maturare un vivace interesse verso le committenze artistiche funerarie, grazie all'influenza di scultori della scuola senese, come Tito Sarrocchi e Fulvio Corsini, e l'affermazione di scultori locali come Lorenzo Porciatti o i fratelli Pasquali, permettendo anche agli esordienti di trovare le prime opportunità di lavoro e per farsi conoscere.
Nella prima metà del XX secolo, il camposanto subì una serie di ampliamenti e vennero completati tutti i lotti per l'edificazione delle cappelle. In seguito alla significativa urbanizzazione di Grosseto, il cimitero si è ritrovato da una posizione periferica ad inglobato nel tessuto urbano del centro città nei pressi della stazione ferroviaria.
Cimitero ebraico di Pitigliano
Il cimitero ebraico di Pitigliano (Grosseto) è uno spazio cimiteriale ubicato su un piccolo pianoro tufaceo che si eleva ai piedi sud-orientali della più elevata rupe sulla quale sorge il centro storico cittadino. La sua posizione domina uno dei tornanti della strada statale 74 Maremmana che immettono nel centro abitato provenendo da Manciano.
Il cimitero fu costruito nel corso della seconda metà del Cinquecento come luogo di sepoltura per gli appartenenti alla comunità ebraica di Pitigliano, da sempre piuttosto numerosa e ben integrata nel tessuto sociale della cittadina dell'Area del Tufo.
La costruzione del cimitero fu voluta Niccolò IV Orsini, che inizialmente donò al suo medico la corrispondente area per poter costruire la tomba ove potesse essere sepolta la moglie di religione ebraica. In seguito, fu autorizzata la realizzazione di un vero e proprio spazio cimiteriale in questa sede, per poter dare all'intera comunità ebraica pitiglianese uno spazio in cui poter seppellire i propri cari.
L'origine del cimitero ebraico di Pitigliano gettò le basi per la costruzione della Sinagoga all'interno delle mura cittadine: il tempio venne infatti realizzato nel corso dell'ultimo decennio del XVI secolo.
Cimiteri d'Italia: la Sardegna
Cimitero di Bonaria
Il Cimitero monumentale di Bonaria si trova a Cagliari, nel quartiere omonimo. Utilizzato tra il 1829 e il 1968, il cimitero, che occupava originariamente un'area alla base del colle di Bonaria, si estese nei successivi ampliamenti fino alla sua cima. L'ingresso principale si trova in piazza Cimitero, mentre un ingresso secondario è in via Ravenna, dietro la basilica di Bonaria.
Diversi personaggi illustri trovarono sepoltura a Bonaria: tra i più noti si ricordano il canonico archeologo Giovanni Spano, il tenore Piero Schiavazzi, il generale Carlo Sanna, lo storico sindaco di Cagliari Ottone Bacaredda e l'architetto Francesco Giarrizzo, autore della facciata della Cattedrale di Cagliari.
L'attuale cimitero sorge su un'area utilizzata come necropoli già dai punici, dai romani e dalle prime comunità cristiane di Cagliari; a testimonianza di ciò restano diverse grotte scavate nella roccia calcarea del colle, utilizzate anticamente come sepolture, dove sono stati ritrovati numerosi reperti archeologici oggi conservati nel museo di Bonaria. Il cimitero di Bonaria venne costruito nel 1828 ad opera del capitano del Genio militare Luigi Damiano e aperto dal 1º gennaio 1829. Trent'anni dopo venne ampliato su progetto di Gaetano Cima.
Il viaggiatore francese Gaston Vuiller, a Cagliari nel 1890, nel suo libro Les îles oubliées: les Baléares, la Corse et la Sardaigne, impressions de voyage (pubblicato nel 1893), riporta le impressioni derivate dalla visita al camposanto cagliaritano. Scrisse Vuiller: "Qui i monumenti funerari sono di rara ricchezza. Bianche statue simboliche appaiono attraverso i cipressi neri e gli enormi mazzi di fiori, le corone, portate in occasione della recente festa dei morti, hanno conservato parte della loro freschezza. Non c'e niente di funebre in quest'asilo. Si può finanche credere che il culto eccessivo con cui si onorano i defunti ha per causa veritiera la passione per il lusso e l'orgoglio dello sfoggio. …”
Dal 1968 le sepolture si effettuano solo nel Cimitero di San Michele, aperto nel 1940; attualmente vengono permesse solo sepolture in cappelle private o in loculi acquistati prima del 1968. Il cimitero monumentale di Bonaria, col suo ricco patrimonio storico e artistico, versa attualmente in stato di degrado.
La parte più antica del cimitero è costituita dalla zona pianeggiante posta alla base del colle, disposta lungo il muro di cinta del viale Cimitero. Quest'area è organizzata in settori quadrangolari. Al centro si trova la cappella, in stile neoclassico, attorno alla quale si dispone il settore destinato alle sepolture dei bambini. I successivi ampliamenti portarono l'area cimiteriale ad estendersi fino alla cima del colle. Al cimitero si accede attualmente dall'ingresso principale, di recente costruzione, ubicato nel piazzale situato all'angolo tra il viale Cimitero e il viale Bonaria, edificato sul luogo dove sino al 1929 sorgeva la chiesa romanico pisana di Santa Maria de Portu Gruttis, detta anche di San Bardilio, risalente al XII secolo. Un altro accesso si trova nella parte alta del cimitero, dietro la Basilica, mentre diversi cancelli, generalmente chiusi, si aprono lungo il viale Cimitero.
Il cimitero di Bonaria contiene numerose testimonianze artistiche e le tombe di importanti personaggi, tra cui quelle del sindaco di Cagliari Ottone Bacaredda, dello storico Pietro Martini, del canonico e archeologo Giovanni Spano (le cui spoglie riposano in una tomba da lui stesso ideata e realizzata col reimpiego di reperti archeologici). Interessanti i monumenti funebri e le cappelle realizzate tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo da artisti quali Giuseppe Sartorio, Tito Sarrocchi, Cosimo Fadda, Andrea Ugolini, Emanuele Giacobbe, Giovanni Pandiani e altri, in cui si trova una grande varietà di gusti e stili, dal neoclassico al Liberty, passando per il realismo e il simbolismo.
Ingresso e quadrati di San Bardilio
L'attuale ingresso principale, con gli attigui alloggi del custode, vennero eretti nel 1985, destando non poche polemiche, dovute al dubbio gusto della pesante struttura cubica in calcestruzzo armato. Superato l'ingresso, sulla sinistra, si trova il muro, parallelo a quello di cinta, in cui trovano posto le lapidi di numerosi giovani soldati, morti nella prima guerra mondiale. Di fronte, seguendo il muro di cinta, si arriva alla cappella della famiglia Chapelle (1910) in cui trova posto un'imponente statua marmorea del profeta Ezechiele, opera del valsesiano Giuseppe Sartorio.
A destra dell'ingresso si trova invece un'area in pendio dove si trovano numerose cappelle e monumenti immersi nella vegetazione. Quest'area è delimitata sul lato sinistro dal viale Generale Sanna, così detto perché conduce alla tomba del generale Carlo Sanna, che comandò la Brigata Sassari durante la prima guerra mondiale. Il generale, morto nel 1928, riposa insieme alla moglie in un semplice sepolcro in granito rosa, opera di Filippo Figari. Vicino si trova il monumento a Francesca Warzee, moglie di un imprenditore belga, costituito da un gruppo scultoreo eseguito da Giuseppe Sartorio nel 1894, in cui è rappresentato un bambino (il figlio della defunta) mentre solleva la coperta che ricopre la madre, distesa su un letto, chinato come se volesse baciarle il viso.
Vecchio e Nuovo Campo Palme
Il Vecchio e il Nuovo Campo Palme (nome che deriva dalla presenza di questo tipo di piante) sono due settori, anch'essi organizzati in zone quadrangolari, frutto degli ampliamenti effettuati tra il 1858 e il 1906 che fecero raggiungere al cimitero l'attuale espansione verso nord. I due Campi sono tra i peggio conservati del cimitero, fatto che ha portato alla decisione di trasferire temporaneamente diverse salme al cimitero di San Michele.
Il nuovo Campo Palme, detto anche Orto delle Palme, si dispone nella zona in cui il muro di cinta di viale Cimitero e il muro di cinta a nord formano l'angolo. I monumenti che occupano i sei quadrati sono quasi tutti risalenti al primo trentennio del Novecento.
Zona alta
La zona alta del cimitero, in cima al colle di Bonaria, ospita diversi filari di loculi e ossari, posti lungo il muro di cinta est e nelle pareti disposte ad esso parallele. Qui trovò sepoltura il beato Nicola da Gesturi, successivamente posto in un sarcofago nella chiesa dei Cappuccini, dove attualmente riposa. Qui si trovano anche le tombe del tenore Piero Schiavazzi e del prefetto Francesco Domenico De Lorenzo, la cui lapide è ornata da una scultura di Pinuccio Sciola.
Alcuni epitaffi meritano una citazione:
"Pittore esimio - D'animo leale d'auri costumi - Prediligeva la patria e ne era ornamento - Accademico di San Luca e dell'Albertina - Ebbe insegne d'onore dalle corti di Torino e Madrid - Provò amica la fortuna avversi gli uomini - Visse né agiato né felice - Nato a Cagliari a dì 17 Gennajo 1798 - Compianto da tutti - Morì nel dì 20 Gennajo 1865 - Gli amici - Innalzarono questa lapide"
L'iscrizione, ormai poco leggibile, si trova sul semplice monumento al pittore Giovanni Marghinotti. Il testo dell'iscrizione è riportato dallo Spano nella sua Storia del cimitero di Bonaria.
"Cattivo! perché non ti risvegli?!"
L'iscrizione accompagna il monumento funebre a Efisino Devoto, opera del Sartorio risalente al 1887, collocato nella cappella Devoto, che si affaccia nell'area del vecchio camposanto. La statua rappresenta un bambino, Efisino, che, seduto su una seggiola, sembra dormire.
"Pietro Magnini - da Gravedona sua patria - con doviziosa dote - volontà mente cuore - trasse in Sardegna - ove - dalla sua benefica indole - largamente propiziati - ubertosi frutti coglieva - quando di feroci armati predoni - addì 27 giugno 1876 - in età d'anni 40 - ne' pressi di Urzulei - sotto immani colpi - periva"
L'iscrizione accompagna il monumento funebre agli ingegneri Pietro Magnini e Ottone de Negri, collocato nell'area nel vecchio campo santo. I feroci armati predoni citati nell'iscrizione erano banditi che assalirono e uccisero i due uomini nelle campagne di Urzulei, dove si trovavano per i lavori di costruzione dell'Orientale sarda. Il monumento, opera del 1876 di Giacomo Bonati, recava rappresentato in un bassorilievo l'episodio dell'uccisione dei due uomini da parte dei banditi, raffigurati vestiti in abiti tipicamente sardi. La forte caratterizzazione etnica data ai banditi destò molte polemiche, tante che lo scultore si vide costretto a eliminare le immagini dei banditi dal bassorilievo, che da allora presenta scolpiti solamente i due ingegneri su di un calesse.
Cimitero di San Michele
Il cimitero, ideato negli anni '30 del XX secolo, nacque per integrare il camposanto ottocentesco di Bonaria, che fra l'altro sorgeva in una zona ormai densamente urbanizzata. Il progetto del San Michele, al quale collaborò l'architetto Cesare Valle, si deve all'Ufficio tecnico comunale. La prima versione del progetto risale al 1933 e la definitiva, dell'anno successivo, venne poi realizzata in maniera non del tutto fedele. Il cimitero venne inaugurato nel 1940. Tra i primi defunti ad esservi tumulati vi furono i diversi caduti, sia civili che militari, della seconda guerra mondiale.Il cimitero si trova a Cagliari, in piazza dei Castellani, nel quartiere San Michele.
Il cimitero si sviluppa su una vasta area quadrangolare. Su piazza dei Castellani si affaccia il famedio, un'alta struttura coperta da cupola semisferica bizantineggiante, raccordato ai due avancorpi laterali (che ospitano gli uffici e camere mortuarie) tramite porticati retti da pilastri di travertino. In travertino è anche lo zoccolo del famedio e degli avancorpi, mentre i prospetti sono in trachite di Serrenti. All'interno del cimitero, in asse col famedio, si trova il viale centrale, in lieve salita e intervallato a tratti da scalinate, che conduce alla cappella. Quest'ultima, in stile razionalista, ospita all'interno una grande tela raffigurante la Resurrezione di Cristo (1990), opera di Gigi Camedda.
Nel cimitero si trova il sacrario dedicato alla memoria dei soldati caduti durante la seconda guerra mondiale, caratterizzato da una struttura tronco conica con paramento in pietra a vista, simile a un nuraghe. Inoltre, attorno al sacrario, trovano posto le aree in cui sono ospitate sepolture di soldati inglesi e tedeschi. I caduti civili dei bombardamenti su Cagliari del 1943 sono invece commemorati da un moderno monumento detto Albero della vita.
Chiesa di San Sepolcro (Cagliari)
La chiesa del Santo Sepolcro è un luogo di culto cattolico di Cagliari; si trova nell'omonima piazza, nel quartiere Marina, vicino alla chiesa di Sant'Antonio e all'annesso complesso dell'ex ospedale.
La realizzazione del tempio, secondo il Triumpho de los Santos del Reyno de Cerdeña (1635) di Dionigi Bonfant, sarebbe da attribuire ai Cavalieri Templari, che l'avrebbero edificata come cappella del loro monastero. Tale notizia, riportata anche da Giovanni Spano, non è però considerata attendibile dagli studiosi moderni.
Notizie certe sulla chiesa e sulla sua funzione si hanno a partire dal XVI secolo. Nel 1564 viene infatti fondata la confraternita del Santissimo Crocifisso dell'Orazione e della Morte, con sede proprio nella chiesa del Santo Sepolcro. La confraternita, esistente sino al secondo dopoguerra, si occupava principalmente di dare sepoltura delle persone più povere e la chiesa (o meglio la sottostante cripta) e l'area circostante (attuale piazza del Santo Sepolcro) venivano utilizzate come cimiteri. Questo fino al XIX secolo, quando l'area perse gradualmente la sua funzione cimiteriale per essere, a fine secolo, sistemata come piazza. Del cimitero ipogeico invece si perse il ricordo.
Nel corso del XX secolo, Santo Sepolcro si trovò diverse volte a supplire al ruolo di chiesa parrocchiale del quartiere, in occasione dei diversi lavori di restauro che interessarono la Collegiata di Sant'Eulalia. Nel dopoguerra ospitò per un breve periodo i padri Carmelitani, che videro il loro convento in viale Trieste distrutto dai bombardamenti del 1943.
Nel 1988 la chiesa del Santo Sepolcro, caduta in un grave stato di degrado, venne chiusa per permettere l'esecuzione dei lavori di restauro, in seguito ai quali si riscoprì anche l'antica cripta sepolcrale. Il tempio restaurato venne inaugurato dall'arcivescovo di Cagliari Ottorino Pietro Alberti il 27 dicembre 1998.
Il portale principale si trova sul fianco destro della chiesa, quello che si affaccia sulla piazza del Santo Sepolcro. Il portale è incastonato in un prospetto neoclassico che venne sistemato nel 1899. La facciata, con l'antico ingresso ormai inutilizzato, si affaccia invece su un angusto spazio, a ridosso delle scalette di Sant'Antonio.
L'interno si presenta a pianta rettangolare, con navata unica voltata a botte, cappelle laterali e presbiterio quadrangolare, che conserva la bella volta a crociera stellare costolonata, risalente al XVI secolo. L'altare maggiore, preceduto da una balaustra marmorea, è in stile neoclassico; vi si trova esposto un grande crocifisso ligneo settecentesco. Le pareti laterali del presbiterio ospitano due tele: la Resurrezione di Lazzaro, opera cinque - seicentesca di Bartolomeo Castagnola e San Nicola di Bari in preghiera davanti alla Madonna (1707) di Francesco Manzini.
Tra le cappelle laterali spicca, per dimensione e pregio artistico, il Cappellone della Vergine della Pietà, che si trova sul lato sinistro, in asse con l'ingresso principale. Il Cappellone, uno dei più notevoli esempi di arte barocca a Cagliari, venne eretto per volontà del viceré Antonio Lopez de Ayala, che volle così assolvere ad un voto fatto alla Vergine della Pietà per la guarigione della figlia. Alla costruzione della cappella, inaugurata il 1º marzo 1686, contribuì finanziariamente anche il re Carlo II di Spagna. La struttura si presenta a pianta ottagonale, coperta da un'alta cupola, e vi si possono ammirare alcuni affreschi. Colpisce l'attenzione soprattutto l'imponente altare in legno dorato, con l'immagine miracolosa della Madonna col Figlio morto, appena deposto dalla croce, adagiato sulle sue ginocchia; la tradizione vuole che questa statua lignea policroma sia stata rinvenuta per caso nel 1606, sotterrata nei pressi dell'ospedale di Sant'Antonio (vicinissimo alla chiesa del Santo Sepolcro), da un bambino che giocava nel luogo.
Santuario dei Martiri
Il santuario dei Martiri è la parte più rilevante, artisticamente e storicamente, della cripta della Cattedrale di Cagliari. Nel santuario, interessante opera in cui sono riassunti elementi architettonici e artistici del Rinascimento, del barocco e del neoclassicismo, si trovano le reliquie di innumerevoli presunti martiri e i sepolcri di personaggi di Casa Savoia.
Si accede al santuario dall'interno della cattedrale di Santa Maria, ubicata in piazza Palazzo, nel quartiere storico
Il santuario dei Martiri è così chiamato perché al suo interno sono collocate 179 nicchie contenenti le reliquie dei martiri cagliaritani rinvenuti nel corso degli scavi, voluti dall'arcivescovo Francisco de Esquivel nel corso del XVII secolo, nei pressi della basilica di San Saturnino, del vicino complesso paleocristiano di San Lucifero e di altre chiese della città.
Il ritrovamento delle reliquie dei martiri determinò nel 1615 la ristrutturazione della chiesa per volontà dello stesso arcivescovo de Esquivel per accogliere le reliquie.
Il problema dell'autenticità delle reliquie, dichiarata in un periodo in cui il primato della Chiesa di Cagliari era conteso da quella di Sassari, non è stato ancora completamente chiarito.
Su Campusantu Vezzu
Si tratta di un sito, ubicato poco fuori dal centro di Orani, dove sorgono i ruderi della chiesa di Sant'Andrea e la sua torre campanaria, detta Torre aragonese. Il nome campusantu vezzu o vetzu (cimitero vecchio, in italiano), si deve al fatto che la chiesa in rovina venne utilizzata come cimitero nel corso del XIX secolo.
La chiesa dedicata a sant'Andrea apostolo, antica parrocchiale di Orani, venne eretta a partire dal XVI secolo in stile gotico catalano, anche se la sua fondazione risale probabilmente a un'epoca precedente. L'edificio è per la prima volta menzionato nel 1539, nel resoconto della visita pastorale compiuta dal vescovo di Alghero Durante dei Duranti. Da questo documento si evince che la chiesa era in fase di costruzione, ancora priva del campanile, costruito nella seconda meta del '500. I documenti relativi a successive visite pastorali (quella del 1543 di monsignor Pietro Vaguer o quella del 1608 di Niccolò Cannavera), testimoniano il progressivo arricchimento della chiesa parrocchiale, con l'aggiunta di arredi e cappelle, costruite sotto il patronato delle famiglie benestanti di Orani. Il declino dell'edificio comincia alla fine del XVIII secolo. Nel 1815 la chiesa parrocchiale risulta inagibile, in quanto le cresime vennero amministrate nella Chiesa del Rosario. Nel 1816 venne abbattuto il tetto, pericolante. Nel 1835 Sant'Andrea risulta in stato di rudere, mentre dal resoconto della visita pastorale di monsignor Eliseo Giordano del 1884 si conosce che la chiesa diroccata veniva utilizzata come camposanto; in quell'anno infatti il vescovo visitò, altre all'oratorio del nuovo cimitero, anche il campusantu vezzu nei ruderi dell'ex chiesa parrocchiale. Recenti lavori di restauro hanno interessato la torre e i ruderi della chiesa, mentre nel 2004 l'area è stata oggetto di una campagna di scavi secondo i metodi dell'archeologia medievale.
Cimitero comunale di Sassari
Il cimitero comunale di Sassari sorge ai margini del centro cittadino nei pressi della stazione, con l'ingresso principale raggiungibile da viale Porto Torres.
La parte più antica del cimitero venne inaugurata il 12 luglio 1837. Questo primo nucleo del camposanto venne edificato su progetto dell'architetto Angelo Maria Piretto (tra i suoi progetti anche quello del primo cimitero esterno di Ossi), nell'area dell'orto dei frati mercedari del convento annesso alla chiesa di San Paolom m m m m m m m m m m m . Alla parte del camposanto vecchio, detto monumentale, si accede dal cimitero moderno oppure da un ingresso presso la chiesa di San Paolo.
Le tariffe massime 2020 per le cremazioni
SEFIT, con propria circolare n° 1408 del 29/10/2019, ha comunicato i limiti tariffari massimi valevoli per il territorio nazionale dal 1° gennaio 2020.
Le previsioni di tasso di inflazione programmato (TIP) sono contenute (solo quest’anno) nel documento programmatico di Bilancio 2020, come riportato anche da una nota del MEF e sono per il 2019 del 0,6% e per il 2020 dello 0,8%.
Tenuto conto delle variazioni intervenute nel tasso di inflazione programmato e riportate nel documento governativo, il moltiplicatore da applicarsi alla tariffa base del 2006 riportata nel D.M. 16 maggio 2006 diviene conseguentemente 1,206336.
Cosicché le tariffe massime a far data dal 1° gennaio 2020 (con aliquota IVA al 22% laddove applicabile) sono le seguenti:
Anno 2020 | Imponibile | IVA (22%)* | Totale |
Cremazione di cadavere | 512,63 | 112,78 | 625,41 |
Cremazione di resti mortali | 410,11 | 90,22 | 500,33 |
Cremazione di parti anatomiche riconoscibili | 384,47 | 84,58 | 469,05 |
Cremazione di feti e prodotti del concepimento | 170,88 | 37,59 | 208,47 |
Dispersione di ceneri in cimitero | 207,13 | 45,57 | 252,70 |
* IVA nel caso in cui sia applicabile, cioè laddove non vi sia una esenzione oggettiva o soggettiva.
Si rammenta inoltre che si è ancora in attesa di definizione, da parte del Ministero dell’Interno, del riallineamento periodico tra inflazione reale e inflazione programmata (riallineamento da anni rimandato per effetto di provvedimenti specifici o per ritardo).
Coronavirus: avvertenze da osservare per addetti alle onoranze funebri e case funerarie
Avvertenze in ottemperanza alle disposizioni delle regioni coinvolte dall’evento, le quali determinano la sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico sportivo e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico.
Linee guida inerenti prettamente alla nostra attività:
Impresa funebre: è importante dotare i propri dipendenti che dovranno andare a prelevare salme all’interno delle strutture sanitarie di dispositivi di protezione individuale che possono proteggerli con il contatto ambientale e con il personale sanitario.
- È importante munirsi di mascherine con classificazione FFP3, uniche e adatte per una efficace protezione.
- Utilizzare DPI già comunemente usati quali occhiali protettivi e guanti.
È importante ricordare al personale che questi dispositivi sono rigorosamente usa e getta (tranne le mascherine le quali hanno un utilizzo giornaliero). - Applichiamo tutti alcuni accorgimenti che sono in grado di limitare la diffusione del virus: - evitare i contatti ravvicinati con le persone che soffrono di infezioni respiratorie, - non toccarsi occhi, naso e bocca con le mani, - coprirsi il naso e la bocca se si starnutisce o tossisce, - non prendere antivirali o antibiotici se non prescritti, - evitare posti affollati - in generale evitiamo tutte le situazioni di incontro che possono essere rimandate a quando la situazione si sarà stabilizzata - lavarsi spesso le mani, con detergente disinfettanti, per almeno 20 secondi, a base di alcol etilico, perossido di idrogeno (acqua ossigenata), ipoclorito di sodio (candeggina) - attivi contro i virus - se non avete un detergente disinfettante usare queste indicazioni
Casa funeraria: l’Arcidiocesi di Milano, Curia Arcivescovile comunica che in ragione dell’ordinanza emanata dal presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, di concerto con il Ministro della Salute, Roberto Speranza, si dispongono - per quanto attiene all’intero territorio dell’Arcidiocesi - i seguenti provvedimenti.
- Che le chiese rimangano aperte
- Che, negli oratori, non si prevedano incontri, iniziative, riunioni, annullando, in ogni caso, eventi precedentemente fissati
- Che i funerali e i matrimoni possano essere celebrati, ma con la presenza dei soli parenti stretti
Suggeriamo in ottemperanza alle linee di prevenzione Regionali di adottare le seguenti misure precauzionali:
- Regolare i flussi di accesso e permanenza dei famigliari/visitatori.
- In caso di celebrazioni di riti in sale del commiato o casa funeraria consigliare la presenza dei soli famigliari stretti.
- Mettere a disposizione dei dipendenti tutti i dispositivi di protezione individuale a partire in primo luogo dalle mascherine, e attenersi alle indicazioni di prevenzione sopra indicate.
- Laddove possibile mettere a disposizione delle famiglie sistemi di igienizzazione a gel.
Tutti i decessi che saranno imputati al coronavirus, non transiteranno dalle onoranze funebri ma verranno gestiti direttamente dalla sanità regionale.
È importante dotare i propri dipendenti che dovranno andare a prelevare salme all’interno delle strutture sanitarie di dispositivi di protezione individuale che possono proteggerli con il contatto ambientale e con il personale sanitario.
È importante munirsi di mascherine con classificazione FFP3, uniche e adatte per una efficace protezione.
Utilizzare DPI già comunemente usati quali occhiali protettivi e guanti. È importante ricordare al personale che questi dispositivi sono rigorosamente usa e getta (tranne le mascherine le quali hanno un utilizzo giornaliero).
Di seguito forniamo le disposizioni date ufficialmente dal ministero della salute.
Applichiamo tutti alcuni accorgimenti che sono in grado di limitare la diffusione del virus:
- evitare i contatti ravvicinati con le persone che soffrono di infezioni respiratorie,
- non toccarsi occhi, naso e bocca con le mani,
- coprirsi il naso e la bocca se si starnutisce o tossisce,
- non prendere antivirali o antibiotici se non prescritti,
- evitare posti affollati
- in generale evitiamo tutte le situazioni di incontro che possono essere rimandate a quando la situazione si sarà stabilizzata
- lavarsi spesso le mani, con detergente disinfettanti, per almeno 20 secondi, a base di alcol etilico, perossido di idrogeno (acqua ossigenata), ipoclorito di sodio (candeggina) - attivi contro i virus - se non avete un detergente disinfettante usare queste indicazioni
Milano: se la nonna dava noia, adesso non lo farà più.
l Comune di Milano "interpreta" la nuova legge regionale lombarda e svincola l'atto di dispersione delle ceneri attraverso l'adozione del PROCESSO VERBALE.
Siamo contenti? NO!
Prima di spiegare il perché di tanta negatività all'inizio di questo 2020, vorremmo illustrare come era prima dell'arrivo di questa novità.
IERI: Legge 130 - 2001 "la dispersione delle ceneri è consentita, nel rispetto della volontà del defunto".
OGGI: nuova Legge Regionale - 2019 "la dispersione delle ceneri è autorizzata, secondo la volontà del defunto, espressa in forma scritta o orale".
Quindi cosa è cambiato? Assodato il fatto che l'espressione in vita della volontà di essere dispersi dovesse essere riportata e convalidata da qualcosa o qualcuno (testamento o iscrizione ad una qualsiasi associazione cremazionista), ora ci viene da pensare che cosa sia cambiato rispetto ad una precedente interpretazione di una Legge della Repubblica Italiana quale la numero 130 del 2001.
L'interpretazione della Norma Nazionale (sino ad oggi), universalmente condivisa anche dagli Ufficiali Stato Civile di tutta Italia, è stata quella di richiedere delle "pezze" che giustificassero e certificassero l'effettiva forte volontà da parte del defunto di voler essere disperso onde evitare palesi abusi. I dati riportati dalla Federazione Italiana della Cremazione già evidenziano un parziale ricorso alla cremazione non come trasmissione di volontà ma come ricorso ad un atto che impatti meno a livello economico e sia di minor disturbo per il futuro.
Piccola parentesi filosofica.La cremazione è da sempre stata considerata, religiosamente o laicamente, come un atto "particolarmente determinato" nei confronti del corpo di chi ci ha lasciato.
L'affido domiciliare è un ulteriore possibilità o diritto di potersi riappropriare del corpo del proprio caro anche dopo la sua dipartita. (non giudicheremo qui se sia cosa sana o meno a livello psicologico).
Ma la dispersione, a differenza dell'affido, è un atto "assolutamente definitivo" e non retroattivo. Non è possibile rinunciarvi o ripensarci una volta portato a termine. Non ci sarà mai più un luogo fisico individuale sul quale andare a piangere il proprio caro. Dovrebbe essere un atto derivante espressamente dalla volontà espressa in vita e non da un ripiego di un familiare per "ottimizzare" future spese e attenzioni nei confronti del proprio caso. Non stiamo parlando di un qualsiasi atto di smaltimento di un oggetto non più desiderato ma delle spoglie di una persona che in vita possa essere stata capace di farsi amare o odiare da chi gli stava accanto.
Farlo transitare dal "processo verbale" significa inoltre che se su cinque figli due non dovessero essere d'accordo, si potrebbe procedere comunque a privare i due restanti dalla possibilità di piangere in un luogo individuale il proprio caro. Il potere amministrativo annienta il sentimento introducendosi in dinamiche familiari infinite e complesse.
Parliamo di Gerarchia delle Fonti.
Se una Legge (attenzione NON un DPR) riferita alla cremazione ed alla dispersione viene ricondotta ed interpretata in quella direzione, come mai un Comune decide di interpretare differentemente una norma di caratura regionale che poi altro non fa che ribadire la medesima ratio della L130?
Necessario ribadire che il Comune in questione è quello di Milano, il quale spesso e volentieri è stato oggetto di emulazioni da parte di altri comuni (non solo lombardi) e quindi GRANDE senso di responsabilità.
La politica miope
Il Comune facilitando la scelta della dispersione, introiterà in prospettiva meno concessioni cimiteriali sui cinerari e, nell'intento di correggere il tiro, introduce un balzello di poco più di 100 € per permettere di disperdere le ceneri nei propri giardini del ricordo. Non entro nel merito del fatto che la Legge 130 specifichi che la dispersione non dovrebbe costituire elemento di lucro tanto più che il Comune eluderà la questione annoverandola come un diritto. Ergo, incasserà meno danaro dalle proprie concessioni, quasi unica fonte di sostentamento della già sconnessa situazione dei cimiteri meneghini.
L'unica domanda in tutto questo è: a che pro?
questa è la politica del Win-Lose e cioè quando perdi l’opportunità di vincere insieme. Eravamo entrati in possesso tutti finalmente di una normativa Regionale lombarda riferita al settore funebre molto aggiornata e faro dell'Italia, ma poi come spesso accade, si parte con l’obiettivo di vincere insieme ma si finisce col far prevalere la propria posizione di potere imponendo all’altro una decisione ottenendo così di fatto una perdita un po' per tutti.
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