Trento: sistematico vilipendio di cadavere
Il degrado morale oramai dilaga, e questa notizia che arriva da Trento ne è una conferma.
In un capannone di Scurelle, nell'Alta Valsugana, i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Trento hanno trovato, in una condizione di generale degrado, accatastate una sopra l'altra 24 bare contenenti le spoglie di defunti provenienti da differenti aree cimiteriali del Veneto mentre altre tre casse in zinco si trovavano aperte sul pavimento.
Nel capannone si potevano rivenire per terra resti di corpi umani, ossa accumulate alla rinfusa, materiale edili accatastati, montagne di sacchetti di nylon.
Dalle indagini dei carabinieri è emerso che una cooperativa sociale della Valsugana, autorizzata al trasporto dei defunti, anziché portare come previsto le salme dai cimiteri ai forni crematori, le depositava nel capannone di Scurelle dove provvedeva a separare le spoglie dei defunti dalla casse funebri in legno e zinco, ricollocandole quindi in sacchi di nylon. Le casse, dopo essere state sezionate e separate dalle parti metalliche, venivano avviate a smaltimento in centri della zona.
Questa modalità di gestione avrebbe garantito alla cooperativa dell'alta Valsugana un vantaggio economico dovuto ai minori costi di cremazione, stimato in circa 400 euro a salma. Tali operazioni andavano avanti da tempo: al vaglio degli inquirenti, infatti, è finita la documentazione amministrativa-ambientale acquisita nel corso delle attività, dalla quale al primo esame si ritiene che negli ultimi mesi siano transitate dal capannone di Scurelle più di 300 salme. Gli inquirenti non escludono che si lucrasse sul recupero dello zinco.
La notizia sul sito di TGcom24
Il bastian contrario
Non avevamo alcun dubbio che SEFIT, l’onnisciente organizzazione dei cosiddetti operatori “pubblici”, notasse le incongruenze presenti nel testo dell’art. 72 del nuovo testo normativo sulla funeraria approvato dal Consiglio Regionale della Lombardia e pubblicato sul B.U.R.L.
Se ne è parlato a lungo in questi giorni tra gli addetti ai lavori e, come si conviene alle persone informate e, soprattutto, attente, abbiamo fatto le ricerche che Sefit, evidentemente in altre faccende affaccendata, non ha avuto tempo di fare.
E’ vero, nel testo pubblicato sul B.U.R.L le disposizioni risponderebbero a quanto denunciato da Sefit e cioè: “Vengono previsti obblighi di comunicazione del trasporto di salma nei modi stabiliti al comma 4 dell’art. 72. Situazione che prevede una comunicazione dell’impresa funebre al comune di decesso.
E poi sarà il comune di decesso a comunicarlo (prima della partenza) al comune di destinazione e all’ASST competente per a visita necroscopica. …. E quindi in orario di chiusura degli uffici non se ne parla proprio di trasportare salme alla casa funeraria”, a giustificazione di un titolo liquidatorio “LR 25/2019 della Lombardia: tante norme sulle case funerarie e poi è difficile fare i trasporti di salma”.
Ma la voglia di criticare per fare il “bastian contrario” senza la dovuta attenzione e documentazione gioca brutti scherzi.
Abbiamo seguito, come tutti ben sanno, in considerazione dell’importanza del provvedimento per l’intera categoria, l’iter della Legge Regionale 25/2019, partecipando anche alla discussione finale del testo ed alla sua approvazione nella seduta del Consiglio Regionale Lombardo.
Non avevamo notato l’incongruenza rilevata, ma rileggendo il testo pubblicato ed incrociandolo con i testi approvati dal voto del Consiglio abbiamo scoperto che il testo pubblicato non corrisponde a quello approvato: c’è un “che” al posto di un “e”.
La ratio iniziale era quella di collocare l’obbligo di comunicazione in capo all’impresa e non al comune di decesso.
Ci viene comunicato, tra l’altro, che il Consiglio Regionale sta già, doverosamente, provvedendo a fare emanare un’errata corrige dello stesso B.U.R.L.
Il testo diverrebbe così:
ARTICOLO 72 (trasporto funebre)
- Il trasporto della salma è comunicato dall’impresa funebre al comune in cui è avvenuto il decesso e ne dà comunicazione, prima della partenza, al comune di destinazione e alla ASST cui compete l’effettuazione della visita necroscopica.
Quindi non si prospetterebbero notti bianche negli uffici comunali, assunzioni in massa di orde impiegatizie amministrative o ingorghi da week end o festivi che impedirebbero in tutto e per tutto lo spostamento salma come richiesto dalle famiglie verso le abitazioni o case funerarie.
Evidentemente anche dopo quasi 20 anni di vigenza del trasferimento/trasporto di salma a bara aperta non ci si rassegna a svincolare questo trasferimento dalla formale “autorizzazione al trasporto funebre” comunale e quindi al vincolo dei Comuni e del loro addetti.
Il trasporto o trasferimento di salma non è un trasporto funebre come lo si è sempre inteso “dal luogo di decesso o di sigillatura del feretro fino al cimitero, ecc., ecc.” a bara chiusa e sigillata.
Certo, come già previsto nel passato da Regione Lombardia con specifiche Circolari, la Legge esplicita che questo trasporto potrà essere effettuato anche dopo l’accertamento di morte al fine di non penalizzare le famiglie che, per esempio, abbraccino la donazione di organi. Ci sembra cosa buona e giusta e tale da non inficiare la normativa che rilascia alla formulazione della “autorizzazione alla sepoltura” dell’Ufficiale di Stato Civile la concessione dell’Autorizzazione al trasporto funebre, quello vero, non quello a bara aperta della salma.
Certo non sfugge la malizia e la voglia di complicare sempre le cose nella gestione delle attività funebri da parte di SEFIT, e non solo in Lombardia.
Constatiamo che nonostante i profusi sforzi volti inizialmente ad ostacolare il testo di Regione Lombardia ed altri testi giacenti in altre Commissioni Regionali (Liguria e Lazio), hanno portato al risultato finale non riuscire comunque ad arrestare un processo di aggiornamento ed attualizzazione di normative vetuste e non più in grado di soddisfare esigenze delle famiglie utenti volte a garantire nuovi processi di sviluppo e trasparenza per le imprese funebri.
L’antipatico e di “Sordiana memoria” monito lanciato in occasione delle audizioni lombarde: “signori … e questo è solo l’inizio” ci risulterebbe, al momento, privo di efficacia. Ci paventavano piani ben precisi volti alla riconquista del funebre da parte di una componente “pubblica” … staremo a vedere e a vigilare sicuramente.
In tutto questo notiamo una informazione con un preciso intento volto unicamente a non creare presupposti di crescita o di correzione costruttiva, ma invece indirizzata a cercare di destrutturare concetti che dovrebbero (da tutti) essere accolti come aria fresca in sostituzione di atmosfere stantie e polverose.
Tornando a considerazioni generali di noi noiosi burocrati, se la tipologia di osservazione di questo errore fosse stata riportata con dovizia e solerzia, come accaduto molte altre volte in passato, in modo costruttivo sarebbe rimasta immutata la stima nei confronti di chi poneva la condizione.
Notiamo una costante deriva strumentale volta a riportare concetti sia agli operatori del settore che alla componente politica, che non ha affatto un sapore di analisi o di critica costruttiva, ma bensì di un puro italico diversivo per cercare di far rimanere in una condizione di stallo il settore privato funebre legandolo allo storico immobilismo e lentezza del settore pubblico e non prendendo in considerazione il primario attore di questa tragedia che è la famiglia.
Jolly Roger
Pubblicate le modifiche alla legge regionale lombarda sulla Funeraria
Lo scorso 4 marzo è stata approvata la legge che introduce modifiche e integrazioni alla legge regionale 30 dicembre 2009, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità) con l'abrogazione del Capo III ‘Norme in materia di attività e servizi necroscopici, funebri e cimiteriali’ del Titolo VI e l'introduzione del Titolo VI bis ‘Norme in materia di medicina legale, polizia mortuaria, attività funebre’ .
Cagliari: l’inchiesta “caro estinto” arriva in tribunale
Quattro patteggiamenti, una richiesta di rito abbreviato e il rinvio dell’udienza per due indagati sono il bilancio dell’udienza preliminare nata dall’inchiesta denominata “Caro estinto” che ha coinvolto i necrofori di cinque ospedali cagliaritani. I cinque agevolato alcune agenzie funebri, in cambio di denaro. L’indagine ha coinvolto 140 persone, e il pm Giangiacomo Pilia aveva chiesto il rinvio a giudizio per 22 tra necrofori ospedalieri e titolari di pompe funebri accusati a vario titolo di truffa aggravata, peculato, falso in atto pubblico e induzione indebita.
Richieste di decreto penale di condanna erano già state formulate dal pm nei confronti degli altri imputati, circa 120 finiti sotto inchieste per reati minori. Secondo l’accusa, negli obitori degli ospedali Brotzu, Santissima Trinità, San Giovanni di Dio e Marino era stato creato un business illegale tra agenzie funebri e personale ospedaliero: segnalazioni di decessi in cambio di denaro così da accaparrarsi i servizi del defunto.
L’articolo integrale è disponibile su CagliariPad.
Anche Regione Liguria vuole conquistare diritti per i propri cittadini
Riforma della Funeraria: la proposta di legge in Commissione “Affari sociali”
Avevamo già parlato della proposta di legge di riforma della Funeraria firmata dagli onorevoli Sara Foscolo e Giuseppe Bellachioma; la proposta è stata assegnata alla XII Commissione “Affari sociali” in sede Referente il 6 febbraio 2019.
Continueremo a seguire il percorso di questa proposta di legge e ad aggiornare i lettori di Hermes Funeraria
Clic qui per il testo del progetto di legge
Partono a Milano i nuovi corsi di formazione Federcofit
[conclusi: vai su FORMAZIONE per i corsi più recenti]
Federcofit Federazione Italiana del Comparto Funerario apre il nuovo corso per le professioni di:
- NECROFORO
Il necroforo è colui che esegue la movimentazione del feretro e segue la preparazione della salma. - ADDETTO AL TRASPORTO
L’addetto al trasporto è colui che in più guida il mezzo, è il riferimento della squadra e redige appositi verbali. - DIRETTORE TECNICO ADDETTO ALLA TRATTAZIONE AFFARI
Il direttore tecnico addetto alla trattazione è colui che ha contatti con le famiglie e organizza in tutto e per tutto l’evento.
Queste sono le tre figure presenti all’interno delle imprese funebri lombarde che necessitano di un corso di formazione abilitante alla professione per poter esercitare regolarmente nelle aziende del settore funerario in Regione Lombardia.
Nel modulo trovi le relative durate e costi: scarica da questo link.
Partenza corso lunedì 27 maggio 2019 a Milano
per ogni informazione info@federcofit.eu
Le tradizioni cimiteriali milanesi
Oggi parliamo delle tradizioni cimiteriali milanesi
Come ogni grande città anche a Milano le tradizioni cimiteriali risalgono ai primi insediamenti urbani del periodo romano per svilupparsi nel corso dei secoli prima di arrivare ai cimiteri moderni, dal Monumentale al Musocco.
Necropoli Paleocristiana
Il Museo di Sant'Eustorgio conserva i resti della necropoli individuata negli scavi del 1959-61, che ha restituito anche molte iscrizioni funerarie. Il nucleo più antico, inquadrabile tra III e IV secolo e pertinente l'originario sepolcreto a cielo aperto, è costituito da un’edicola funeraria, dalle sepolture alla cappuccina (con un corredo di orecchini aurei) e dalle tombe a cassa di laterizi e in nuda terra.
La campagna archeologica del 1959-60 ha restituito anche un consistente gruppo di epigrafi funerarie che, unite ai tituli recuperati in precedenza dalle strutture della basilica, forniscono interessanti indicazioni sulla frequentazione funeraria del sito.
I testi delle iscrizioni, oltre a fornire indicazioni onomastiche e biometriche, testimoniano il clima composito della società milanese nell'età tardoantica segnalando la presenza di orientali e di militari.
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Sotto la basilica dei Magi, la necropoli di Sant'Eustorgio
Il cimitero paleocristiano è un sito di primaria importanza per la storia antica della metropoli. Parte da qui, con un nuovo percorso per il pubblico, il grande progetto che valorizzerà i beni archeologici di Milano e che vede la Diocesi in prima fila.
Il mausoleo di San Vittore, testimonianza della Milano del IV secolo
Le mani sono alzate, le braccia allargate. Ma non si sta arrendendo questo giovane uomo dalla pettinatura a caschetto, forse un ufficiale (a giudicare dal mantello di foggia militare trattenuto sulla spalla da una fibula), ritratto su un frammento marmoreo. Il suo è l’atteggiamento dell’orante, il gesto del cristiano che eleva al Padre la sua preghiera, in una delle più antiche immagini di questo tipo giunte fino a noi…
Siamo a Milano, nei sotterranei di Sant’Eustorgio. In quel cimitero paleocristiano che reca le prime tracce dell’evangelizzazione della città, proprio là dove una radicata tradizione medievale poneva l’inizio della missione apostolica di Barnaba. Un sito archeologico di straordinaria importanza, che è stato oggetto di una serie di opere di riqualificazione.
Già gli scavi dei primi anni Sessanta del secolo scorso, del resto, hanno evidenziato come la basilica di Sant’Eustorgio sia sorta su un’estesa zona funeraria, lungo la via per Ticinum (Pavia), a circa mezzo miglio dalle mura romane. Una necropoli in cui gli archeologi hanno individuato diverse fasi d’uso, dal III secolo fino a tutto l’altomedioevo, con il passaggio cioè da sepolture secondo l’uso pagano a quelle chiaramente identificabili come cristiane. Allo stesso modo, accanto a tombe piuttosto imponenti, realizzate in mattoni e lastre di serizzo (a volte contenenti gioielli e monete), sono state rinvenute anche inumazioni in bare lignee o nella nuda terra, a indicare così la presenza di sepolture più povere accanto a quelle di personaggi di un certo rango sociale.
DAL RINASCIMENTO ALL’EPOCA MODERNA
All’epoca dello storico Bernardino Corio[1](inizio 1500), come egli stesso lasciò scritto, la città aveva molti piccoli cimiteri, e per l’esattezza: tre camposanti nel Brolo (ad uso della chiesa di Santo Stefano e di due ospedali limitrofi), uno di fronte la basilica di San Lorenzo, detto della cortina, uno in san Pietro in campo lodigiano, uno di fronte la chiesa di Santa Eufemia. Altri quattro erano presso la chiesa di sant’Antonio, presso san Carpoforo, presso Santa Maria della Scala, e l’ultimo nell’attuale zona retro-absidale del Duomo, un tempo detta del Campo Santo dove venivano sepolti anche gli operai e gli artisti che lavoravano per la Veneranda Fabbrica.
Mentre l’Ospedale maggiore, la Ca’ Granda voluto da Francesco Sforza, che aveva iniziato a ricoverare ammalati nel 1464, provvedeva a seppellire i morti direttamente all’interno dei propri spazi (chiostri, cortili, sotterranei), ma già nel 1473 segnalava alla città di avere seri problemi di reperimento di adeguati spazi.
La rotonda di San Michele “ai nuovi sepolcri”
Quando l’Ospedale non fu più in grado di reperire all’interno ulteriori spazi di sepoltura si optò per la costruzione di un apposito e distante sepolcreto finalizzato ai soli cadaveri della Ca’ Granda, stabilendo contestualmente la proibizione di effetturare ulteriori sepolture interne.
La zona per il camposanto, chiamato “Nuovi Sepolcri”, ma comunemente detto dai milanesi “Foppone dell’ospedale, fu scelta il più vicino possibile al nosocomio, pur restando dallo stesso e dalle abitazioni della zona adeguatamente separato. Per raggiungerlo, fu costruito il ponte detto dell’Ospedale, che scavalcava il naviglio interno (oggi via Francesco Sforza) e quindi predisposto un rettifilo (oggi via San Barnaba e via Besana) che conducesse celermente alla località prescelta.
La Rotonda, oggi detta di via Besana, funzionò per circa 82 anni, accogliendo ogni anno una media di 1500 morti, per un totale approssimativo di ben 126.000 sepolture.
I cimiteri tardo-settecenteschi
Nella seconda metà del Settecento, sia per lo sviluppo di Milano sia per una politica di polizia mortuaria improntata a regole più severe, tipicamente austriache, vennero allestiti 5 nuovi cimiteri.
Infine, sparsi per la città, si contavano diversi ossari, che custodivano i resti dei cadaveri riesumati nei casi di svuotamento e soppressione di antichi cimiteri, o in caso di chiusura dei tanti piccoli ospedali, prima della loro soppressione e riunificazione all’interno dell’unica struttura della Ca’ Granda. Tra questi, il più famoso e tutt’oggi visitabile è quello presso San Bernardino, in piazza santo Stefano.
Cimitero di San Rocco al Vigentino
Chiusa la Rotonda di San Michele, immediatamente l’Ospedale Maggiore acquistò nel 1783 due lotti di terreno fuori porta Romana, a sinistra dell’attuale corso Lodi. Il cimitero fu detto di San Rocco, e con il trascorrere degli anni venne ingentilito da alcune cappelle e da altri lavori di semplice architettura, relativi alla cinta muraria e ai locali di servizio.
A causa del suo utilizzo anche da parte del Comune dei Corpi Santi, presto il San Rocco divenne insufficiente. Venne pertanto chiuso nel 1826. Nel 1875 vennero sollecitati i lavori di bonifica dell’area: si traslarono, quando possibile, i cadaveri nel nuovo cimitero di Musocco, e si recuperarono i monumenti e le lapidi in buone condizioni.
Cimitero del Gentilino
Questo nuovo cimitero, aperto al servizio nel 1787, altro non era se non l’espansione e la riqualificazione del vicino e antico cimitero di san Rocco al Gentilino. La nuova struttura di forma rettangolare era identificabile nel quadrilatero oggi compreso tra le vie Tantardini-Tabacchi-Balilla-Baravalle. Venne aperto in fretta e con pochissimo dispendio di denaro, tanto che a lavori ultimati il nuovo cimitero appariva tremendamente squallido e privo di qualsivoglia elemento artistico o decorativo. La scarsezza qualitativa dei materiali edili e i lavori in economia costrinsero peraltro la municipalità ad intervenire più volte con lavori di straordinaria manutenzione. Solo nel 1820 iniziarono ad essere elevate alcune cappelle per sepolture di famiglia e ordini religiosi, che col tempo divennero sedici.
La chiesuola annessa venne abbellita nel 1830, e successivamente si tracciarono alcuni vialetti interni.
Aperto nel 1787 grazie all’ampliamento e alla razionalizzazione del vecchio foppone ove ebbero sepoltura i primi morti della peste del 1576, si estendeva dietro il Lazzaretto, avendo l’entrata sulla via San Gregorio, ed estendendosi in profondità sino all’attuale via Boscovich.
I lavori vennero anche in questo caso fatti in grande economia, tanto da necessitare negli anni successivi di continui lavori di consolidamento e ripristino prevalentemente della cinta muraria, famosa in città per essere soggetta a piccoli crolli ad ogni forte temporale estivo o periodo di frequenti piogge autunnali.
La così poco solida recinzione venne un po’ alla volta ricostruita integralmente, e nel 1857 furono altresì appaltati i lavori per il suo innalzamento a metri 3,85, al fine di potervi collocare un maggior numero di lapidi.
Nel 1866, aperto il Monumentale, questo cimitero venne prima destinato ad accogliere i morti del comune dei Corpi Santi, poi, unificatisi i due enti territoriali nell’unico comune di Milano nel 1873, il cimitero venne riaperto ad accogliere i morti della zona nel 1875. Chiuso poi definitivamente il 31 agosto 1883, e svuotato a partire dal decimo anno successivo (come da regolamenti di Sanità Pubblica), l’area venne adibita ad accogliere nuovi palazzi e vario tessuto urbano.
Cimitero di San Giovannino alla paglia (o di Porta Magenta)
Si trovava a sinistra uscendo da porta Vercellina, e quando questa prese a chiamarsi porta Magenta, anche il cimitero venne identificato con questo nome fino alla sua chiusura. Occupava l’area subito fuori dal bastione spagnolo che si trovava dove oggi si è creata la piazza Aquileia.
Anche in questo caso si trattava già di un piccolo cimitero, che venne ampliato e riorganizzato nel 1787. Si estendeva in forma rettangolare avendo al centro l’attuale incrocio tra le vie Verga e Giovio, a sinistra raggiungeva quasi il tracciato ferroviario che scorreva sull’attuale asse di via Alessandri. Nel 1825 venne ingrandito, e continuò ad essere utilizzato ininterrottamente, senza particolari vicende, sino al 1868, quando fu adibito ad accogliere solo i morti del comune dei Corpi Santi. Cessò la sua funzione il 30 novembre 1895, e dal giorno successivo i morti che vi erano destinati per territorialità vennero inumati a Musocco.
A testimonianza della sua esistenza, sulla piazza Aquileia si affaccia un piccolo tabernacolo-ossario, che reca la scritta di gusto tipicamente tardo barocco: “Quel che sarete voi, noi siamo adesso. Chi si scorda di noi, scorda se stesso”.
Fuori porta Garibaldi (Comasina), derivava probabilmente il suo nome dalla zona che lo ospitava, detta “la Muiazza” per via del terreno paludoso e di facile allagamento con conseguente ristagno di acque limacciose.
Si inseriva su di un vecchio camposanto consacrato il 28 aprile 1686, che venne ampliato a levante con l’acquisto da parte del Comune di un vasto appezzamento di terreno, posizionato a destra dell’attuale piazzale Lagosta. Le inumazioni ebbero inizio nel 1787.
In questo cimitero trovarono sepoltura, tra i tanti, Giuseppe Parini, inumato in una fossa comune nell’agosto del 1799, e il 20 aprile 1814 lo sfortunato ministro austriaco delle finanze, il novarese Giuseppe Prina, massacrato dal popolo durante la famosa (ma inutile) sollevazione contro le tasse austriache.Nel 1817 fu aggiunto un nuovo appezzamento sempre verso levante, per cercare di arginare il numero crescente di inumazioni.
Chiuso con l’apertura del Monumentale poi al solito riaperto, fu definitivamente soppresso il 22 ottobre 1895.
Bibliografia
Tedeschi C., Origini e vicende dei cimiteri di Milano, 1899
Canosa R., La vita quotidiana a Milano in età spagnola, 1996
Biagetti V., L’ospedale maggiore di Milano, 1937
Ottani G., L’abbazia di Chiaravalle milanese, 1937
Gli amanti di Hasanlu, il bacio più lungo della storia
Era l’inizio degli anni ‘70, precisamente il 1972, quando scavando nel sito archeologico nell’area di Teppe Hasanlu, nella zona a nord dell’Iran, due squadre di archeologi, una del Metropolitan Museum di New York e un’altra dell’Università della Pennsylvania, si sono imbattuti in una coppia di scheletri abbracciata da quasi tremila anni, poiché grazio al carbonio 14 gli scheletri sono stati datati intorno all’800 avanti Cristo.
La coppia fu subito soprannominata “The Lovers”, e in pochissimo tempo divenne il simbolo dell’amore che non finisce, che supera anche i confini della morte.
L’ipotesi più accreditata per questa particolare posa è che i due amanti abbiano trovato la morte mentre si scambiavano un ultimo bacio, durante un assedio per il controllo della città. La causa più probabile di morte è l’asfissia, ossia che i due amanti siano stati uccisi dal fumo che aveva riempito la buca dove si erano rifugiati.
Due scheletri, un eterno ritratto d’amore capace di solcare i millenni.
Nuova Legge regionale lombarda: comunicato congiunto Federcofit-EFI-Feniof
Il 19 febbraio il Consiglio Regionale della Lombardia ha approvato il progetto di legge n. 36 che riforma la normativa regionale in materia funeraria in vigore dal 2003.
In attesa che venga reso pubblico il testo definitivo, avendo seguito direttamente i lavori del Consiglio Regionale e avendo recepito quali emendamenti siano stati approvati e quali no, possiamo dirci globalmente soddisfatti delle soluzioni adottate.
Il fronte politico e le tre Federazioni nazionali di settore hanno raggiunto un giusto compromesso (fortemente sollecitato dalla compagine politica lombarda) per non bloccare l’approvazione di un testo che, a 15 anni dalla prima stesura della legge regionale, necessitava di precisazioni e di integrazioni per arginare fenomeni discutibili, per dare trasparenza alle attività funebri svolte dai diversi attori coinvolti e per garantire piena tutela all’imprenditoria virtuosa e ai cittadini fruitori dei servizi funebri.
Questi gli interventi che riteniamo più importanti e più significativi.
Tutela delle imprese funebri di qualsiasi dimensione.
Si è salvaguardata la possibilità, in particolare per le piccole e medie imprese del settore, di continuare a gestire, in modo sostenibile e professionale, le proprie attività attraverso soluzioni che, per le imprese autorizzate sulla base di requisiti propri, si tradurranno in minori costi senza penalizzare operatività e qualità e, per le imprese autorizzate con il ricorso ad operatori esterni, in una più trasparente operatività con servizi più professionali e rispettosi delle normative in materia di fiscalità e di mercato del lavoro.
Contratti di lavoro.
Sono stati consolidati e stabilizzati i rapporti di lavoro tra l’impresa e i propri collaboratori ostacolando la precarizzazione ed il lavoro sommerso. Si è così inteso proseguire nel processo di crescita sulla formazione e sulla professionalizzazione del comparto già avviato da tempo in Regione Lombardia. Ciò genera un conseguente miglioramento degli standard sul servizio funebre e maggiori attenzione e tutela nei confronti delle famiglie colpite da un lutto che ottengono così la garanzia di ricevere, in qualsiasi momento, i servizi richiesti nel rispetto delle norme vigenti.
Centri servizi.
Il nuovo articolato pone una distinzione tra le imprese funebri che prestano direttamente i propri servizi e quelle che si avvalgono dei centri servizi, regolamentando finalmente questi ultimi con la definizione di regole precise nei relativi rapporti. Le strutture che opereranno come centri servizi dovranno far fronte ai necessari investimenti in termini di mezzi funebri e di personale formato che, fatti salvi alcuni requisiti di base, dovranno essere proporzionati al numero di contratti sottoscritti (depositati e comunicati) e coerenti con il totale dei servizi annui svolti. Dettagli in merito verranno inseriti nel Regolamento Regionale che dovrà essere approvato nei prossimi mesi.
Case Funerarie.
Dopo anni in cui si è assistito al proliferare di strutture inadeguate sotto il profilo logistico ed impiantistico, la nuova legge porta finalmente ordine e regole più chiare definendo il concetto “puro” di Casa Funeraria equiparandola sotto l’aspetto delle dotazioni strutturali e dei requisiti alle camere mortuarie e distinguendola dalla così detta “sala del commiato” presso la quale sarà possibile l’estremo saluto solo in presenza del feretro sigillato. Ciò comporta la possibilità, da parte delle famiglie, di poter gestire la veglia funebre in strutture adeguate sotto l’aspetto di confort, privacy e tutela igienico sanitaria, senza più pericolose commistioni in strutture aventi differenti funzioni e dotazioni.
Incompatibilità.
La nuova legge (recependo il parere AS392 espresso dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) sancisce, prima in Italia, l’incompatibilità tra l’esercizio dell’attività funebre e tutte quelle attività che possono creare indegni comportamenti quali “racket di vendita del morto” ed appalti di affidamenti cimiteriali o di camere mortuarie. La Regione Lombardia pone così tutti i presupposti per scrivere la parola fine agli scandali, anche recenti, che ciclicamente affliggono e screditano la prevalente parte “sana” del comparto, fornendo inoltre una importante arma ai Comuni ed alle ASL (incaricate dei controlli) per arginare tali problematiche.
Animali d’affezione.
Assolutamente prima in Italia, la nuova legge lombarda introduce il diritto di poter inserire le ceneri dell’animale domestico all’interno della propria concessione cimiteriale, consentendo alle famiglie di esaudire questo speciale desiderio e di riconoscere uno status all’animale che ha fedelmente accompagnato il cammino in vita del proprio padrone.
Conclusioni.
Nel ribadire una globale soddisfazione per il testo “di compromesso” adottato dal Consiglio Regionale della Lombardia, lasciamo sul tavolo la considerazione aperta degli “strumenti di controllo” che dovranno essere messi in atto da Comuni e ATS per di vigilare sulla corretta applicazione di una norma così articolata, dettagliata e complessa. Auspichiamo che nel Regolamento Regionale vengano adottate soluzioni tali da rafforzare le funzioni di vigilanza e controllo che, purtroppo, negli ultimi 15 anni hanno evidenziato ampi margini di miglioramento e di efficacia. In sede di stesura del Regolamento Regionale sarà quindi opportuno un ulteriore confronto con le Federazioni nazionali per definire queste ed altre tematiche fondamentali (i requisiti proporzionali dei centri servizi, l’accesso ai dati comunicati dalle imprese funebri, …). La nostra disponibilità è totale per il bene comune di compagine politica, operatori del settore e cittadini fruitori dei servizi funebri.
EFI – Eccellenza Funeraria Italiana
il Vice Presidente Nazionale
Andrea Cerato
Federcofit
il Presidente Nazionale
Cristian Vergani
Feniof
il Presidente Nazionale
Renato Miazzolo
La tuta coi funghi: una nuova sepoltura ecocompatibile o semplice marketing?
È arrivata in Italia da qualche giorno la notizia di una “novità” nel campo delle sepolture: la sostituzione del cofano con una tuta integrale impregnata di spore di funghi.
Le spore, nelle intenzioni della progettista, dovrebbero far nascere funghi che, cibandosi del defunto, ne trasformerebbero il corpo in elementi più semplici assorbendo inoltre gli inquinanti che ognuno di noi porta con sé.
La notizia è tutta qui, il commento è carico di dubbi.
Il primo dubbio è che, poiché per motivi sanitari i cadaveri sono seppelliti a una profondità standard, sembra veramente difficile per i funghi conquistare la luce del sole per dare luogo a dei bei campi di chiodini.
Il secondo è che i funghi sembrano più un accorgimento estetico che un bisogno: nel momento in cui un corpo è affidato al terreno senza l’isolamento del cofano e di abiti non completamente naturali il processo di decomposizione di per sé è molto facilitato.
Ancora, il ventilato risparmio sui costi di sepoltura sussiste solo se si rinuncia a coprire l’area di sepoltura, cosa che accade frequentemente in altre culture ma non da noi, il costo della “tuta funghiera” invece, 1.500$, è ben in linea con un buon cofano di qualità…
Insomma, nel percorso verso sistemi più ambientalmente compatibili per la distruzione dei cadaveri abbiamo visto proposte forse meno bucoliche ma più convincenti (dall’idrolisi ad alta pressione alla polverizzazione con azoto liquido).
la notizia sulla pagina Facebook dell'agenzia AGI
Roma: la cocaina riposa al cimitero
Dove nascondere grandi quantità di cocaina senza correre il rischio di vicini occhiuti e impiccioni? Se lo deve essere chiesto un quarantaduenne romano che, complice il lavoro di marmista, ha avuto un’illuminazione “tra i loculi più antichi e abbandonati del cimitero!”. Il nostro intraprendente marmista aveva occultato ben centomila dosi, circa un chilo di cocaina, in questo modo.
L’idea era veramente brillante, se il soggetto in questione non si fosse fatto prendere un po’ troppo dall’entusiasmo e si messo a sfrecciare ad alta velocità davanti a una pattuglia di carabinieri… mentre entrava al cimitero.
Di fronte a una fretta così strana, la pattuglia ha seguito il malcapitato e lo ha sorpreso col suo tesoro, ponendo fine a due carriere: quella marmorea e quella stupefacente.
leggi di più sul sito di Repubblica