Le tradizioni cimiteriali milanesi
Oggi parliamo delle tradizioni cimiteriali milanesi
Come ogni grande città anche a Milano le tradizioni cimiteriali risalgono ai primi insediamenti urbani del periodo romano per svilupparsi nel corso dei secoli prima di arrivare ai cimiteri moderni, dal Monumentale al Musocco.
Necropoli Paleocristiana
Il Museo di Sant'Eustorgio conserva i resti della necropoli individuata negli scavi del 1959-61, che ha restituito anche molte iscrizioni funerarie. Il nucleo più antico, inquadrabile tra III e IV secolo e pertinente l'originario sepolcreto a cielo aperto, è costituito da un’edicola funeraria, dalle sepolture alla cappuccina (con un corredo di orecchini aurei) e dalle tombe a cassa di laterizi e in nuda terra.
La campagna archeologica del 1959-60 ha restituito anche un consistente gruppo di epigrafi funerarie che, unite ai tituli recuperati in precedenza dalle strutture della basilica, forniscono interessanti indicazioni sulla frequentazione funeraria del sito.
I testi delle iscrizioni, oltre a fornire indicazioni onomastiche e biometriche, testimoniano il clima composito della società milanese nell'età tardoantica segnalando la presenza di orientali e di militari.
Sotto la basilica dei Magi, la necropoli di Sant'Eustorgio
Il cimitero paleocristiano è un sito di primaria importanza per la storia antica della metropoli. Parte da qui, con un nuovo percorso per il pubblico, il grande progetto che valorizzerà i beni archeologici di Milano e che vede la Diocesi in prima fila.
Il mausoleo di San Vittore, testimonianza della Milano del IV secolo
Le mani sono alzate, le braccia allargate. Ma non si sta arrendendo questo giovane uomo dalla pettinatura a caschetto, forse un ufficiale (a giudicare dal mantello di foggia militare trattenuto sulla spalla da una fibula), ritratto su un frammento marmoreo. Il suo è l’atteggiamento dell’orante, il gesto del cristiano che eleva al Padre la sua preghiera, in una delle più antiche immagini di questo tipo giunte fino a noi…
Siamo a Milano, nei sotterranei di Sant’Eustorgio. In quel cimitero paleocristiano che reca le prime tracce dell’evangelizzazione della città, proprio là dove una radicata tradizione medievale poneva l’inizio della missione apostolica di Barnaba. Un sito archeologico di straordinaria importanza, che è stato oggetto di una serie di opere di riqualificazione.
Già gli scavi dei primi anni Sessanta del secolo scorso, del resto, hanno evidenziato come la basilica di Sant’Eustorgio sia sorta su un’estesa zona funeraria, lungo la via per Ticinum (Pavia), a circa mezzo miglio dalle mura romane. Una necropoli in cui gli archeologi hanno individuato diverse fasi d’uso, dal III secolo fino a tutto l’altomedioevo, con il passaggio cioè da sepolture secondo l’uso pagano a quelle chiaramente identificabili come cristiane. Allo stesso modo, accanto a tombe piuttosto imponenti, realizzate in mattoni e lastre di serizzo (a volte contenenti gioielli e monete), sono state rinvenute anche inumazioni in bare lignee o nella nuda terra, a indicare così la presenza di sepolture più povere accanto a quelle di personaggi di un certo rango sociale.
DAL RINASCIMENTO ALL’EPOCA MODERNA
All’epoca dello storico Bernardino Corio[1](inizio 1500), come egli stesso lasciò scritto, la città aveva molti piccoli cimiteri, e per l’esattezza: tre camposanti nel Brolo (ad uso della chiesa di Santo Stefano e di due ospedali limitrofi), uno di fronte la basilica di San Lorenzo, detto della cortina, uno in san Pietro in campo lodigiano, uno di fronte la chiesa di Santa Eufemia. Altri quattro erano presso la chiesa di sant’Antonio, presso san Carpoforo, presso Santa Maria della Scala, e l’ultimo nell’attuale zona retro-absidale del Duomo, un tempo detta del Campo Santo dove venivano sepolti anche gli operai e gli artisti che lavoravano per la Veneranda Fabbrica.
Mentre l’Ospedale maggiore, la Ca’ Granda voluto da Francesco Sforza, che aveva iniziato a ricoverare ammalati nel 1464, provvedeva a seppellire i morti direttamente all’interno dei propri spazi (chiostri, cortili, sotterranei), ma già nel 1473 segnalava alla città di avere seri problemi di reperimento di adeguati spazi.
La rotonda di San Michele “ai nuovi sepolcri”
Quando l’Ospedale non fu più in grado di reperire all’interno ulteriori spazi di sepoltura si optò per la costruzione di un apposito e distante sepolcreto finalizzato ai soli cadaveri della Ca’ Granda, stabilendo contestualmente la proibizione di effetturare ulteriori sepolture interne.
La zona per il camposanto, chiamato “Nuovi Sepolcri”, ma comunemente detto dai milanesi “Foppone dell’ospedale, fu scelta il più vicino possibile al nosocomio, pur restando dallo stesso e dalle abitazioni della zona adeguatamente separato. Per raggiungerlo, fu costruito il ponte detto dell’Ospedale, che scavalcava il naviglio interno (oggi via Francesco Sforza) e quindi predisposto un rettifilo (oggi via San Barnaba e via Besana) che conducesse celermente alla località prescelta.
La Rotonda, oggi detta di via Besana, funzionò per circa 82 anni, accogliendo ogni anno una media di 1500 morti, per un totale approssimativo di ben 126.000 sepolture.
I cimiteri tardo-settecenteschi
Nella seconda metà del Settecento, sia per lo sviluppo di Milano sia per una politica di polizia mortuaria improntata a regole più severe, tipicamente austriache, vennero allestiti 5 nuovi cimiteri.
Infine, sparsi per la città, si contavano diversi ossari, che custodivano i resti dei cadaveri riesumati nei casi di svuotamento e soppressione di antichi cimiteri, o in caso di chiusura dei tanti piccoli ospedali, prima della loro soppressione e riunificazione all’interno dell’unica struttura della Ca’ Granda. Tra questi, il più famoso e tutt’oggi visitabile è quello presso San Bernardino, in piazza santo Stefano.
Cimitero di San Rocco al Vigentino
Chiusa la Rotonda di San Michele, immediatamente l’Ospedale Maggiore acquistò nel 1783 due lotti di terreno fuori porta Romana, a sinistra dell’attuale corso Lodi. Il cimitero fu detto di San Rocco, e con il trascorrere degli anni venne ingentilito da alcune cappelle e da altri lavori di semplice architettura, relativi alla cinta muraria e ai locali di servizio.
A causa del suo utilizzo anche da parte del Comune dei Corpi Santi, presto il San Rocco divenne insufficiente. Venne pertanto chiuso nel 1826. Nel 1875 vennero sollecitati i lavori di bonifica dell’area: si traslarono, quando possibile, i cadaveri nel nuovo cimitero di Musocco, e si recuperarono i monumenti e le lapidi in buone condizioni.
Cimitero del Gentilino
Questo nuovo cimitero, aperto al servizio nel 1787, altro non era se non l’espansione e la riqualificazione del vicino e antico cimitero di san Rocco al Gentilino. La nuova struttura di forma rettangolare era identificabile nel quadrilatero oggi compreso tra le vie Tantardini-Tabacchi-Balilla-Baravalle. Venne aperto in fretta e con pochissimo dispendio di denaro, tanto che a lavori ultimati il nuovo cimitero appariva tremendamente squallido e privo di qualsivoglia elemento artistico o decorativo. La scarsezza qualitativa dei materiali edili e i lavori in economia costrinsero peraltro la municipalità ad intervenire più volte con lavori di straordinaria manutenzione. Solo nel 1820 iniziarono ad essere elevate alcune cappelle per sepolture di famiglia e ordini religiosi, che col tempo divennero sedici.
La chiesuola annessa venne abbellita nel 1830, e successivamente si tracciarono alcuni vialetti interni.
Aperto nel 1787 grazie all’ampliamento e alla razionalizzazione del vecchio foppone ove ebbero sepoltura i primi morti della peste del 1576, si estendeva dietro il Lazzaretto, avendo l’entrata sulla via San Gregorio, ed estendendosi in profondità sino all’attuale via Boscovich.
I lavori vennero anche in questo caso fatti in grande economia, tanto da necessitare negli anni successivi di continui lavori di consolidamento e ripristino prevalentemente della cinta muraria, famosa in città per essere soggetta a piccoli crolli ad ogni forte temporale estivo o periodo di frequenti piogge autunnali.
La così poco solida recinzione venne un po’ alla volta ricostruita integralmente, e nel 1857 furono altresì appaltati i lavori per il suo innalzamento a metri 3,85, al fine di potervi collocare un maggior numero di lapidi.
Nel 1866, aperto il Monumentale, questo cimitero venne prima destinato ad accogliere i morti del comune dei Corpi Santi, poi, unificatisi i due enti territoriali nell’unico comune di Milano nel 1873, il cimitero venne riaperto ad accogliere i morti della zona nel 1875. Chiuso poi definitivamente il 31 agosto 1883, e svuotato a partire dal decimo anno successivo (come da regolamenti di Sanità Pubblica), l’area venne adibita ad accogliere nuovi palazzi e vario tessuto urbano.
Cimitero di San Giovannino alla paglia (o di Porta Magenta)
Si trovava a sinistra uscendo da porta Vercellina, e quando questa prese a chiamarsi porta Magenta, anche il cimitero venne identificato con questo nome fino alla sua chiusura. Occupava l’area subito fuori dal bastione spagnolo che si trovava dove oggi si è creata la piazza Aquileia.
Anche in questo caso si trattava già di un piccolo cimitero, che venne ampliato e riorganizzato nel 1787. Si estendeva in forma rettangolare avendo al centro l’attuale incrocio tra le vie Verga e Giovio, a sinistra raggiungeva quasi il tracciato ferroviario che scorreva sull’attuale asse di via Alessandri. Nel 1825 venne ingrandito, e continuò ad essere utilizzato ininterrottamente, senza particolari vicende, sino al 1868, quando fu adibito ad accogliere solo i morti del comune dei Corpi Santi. Cessò la sua funzione il 30 novembre 1895, e dal giorno successivo i morti che vi erano destinati per territorialità vennero inumati a Musocco.
A testimonianza della sua esistenza, sulla piazza Aquileia si affaccia un piccolo tabernacolo-ossario, che reca la scritta di gusto tipicamente tardo barocco: “Quel che sarete voi, noi siamo adesso. Chi si scorda di noi, scorda se stesso”.
Fuori porta Garibaldi (Comasina), derivava probabilmente il suo nome dalla zona che lo ospitava, detta “la Muiazza” per via del terreno paludoso e di facile allagamento con conseguente ristagno di acque limacciose.
Si inseriva su di un vecchio camposanto consacrato il 28 aprile 1686, che venne ampliato a levante con l’acquisto da parte del Comune di un vasto appezzamento di terreno, posizionato a destra dell’attuale piazzale Lagosta. Le inumazioni ebbero inizio nel 1787.
In questo cimitero trovarono sepoltura, tra i tanti, Giuseppe Parini, inumato in una fossa comune nell’agosto del 1799, e il 20 aprile 1814 lo sfortunato ministro austriaco delle finanze, il novarese Giuseppe Prina, massacrato dal popolo durante la famosa (ma inutile) sollevazione contro le tasse austriache.Nel 1817 fu aggiunto un nuovo appezzamento sempre verso levante, per cercare di arginare il numero crescente di inumazioni.
Chiuso con l’apertura del Monumentale poi al solito riaperto, fu definitivamente soppresso il 22 ottobre 1895.
Bibliografia
Tedeschi C., Origini e vicende dei cimiteri di Milano, 1899
Canosa R., La vita quotidiana a Milano in età spagnola, 1996
Biagetti V., L’ospedale maggiore di Milano, 1937
Ottani G., L’abbazia di Chiaravalle milanese, 1937
Gli amanti di Hasanlu, il bacio più lungo della storia
Era l’inizio degli anni ‘70, precisamente il 1972, quando scavando nel sito archeologico nell’area di Teppe Hasanlu, nella zona a nord dell’Iran, due squadre di archeologi, una del Metropolitan Museum di New York e un’altra dell’Università della Pennsylvania, si sono imbattuti in una coppia di scheletri abbracciata da quasi tremila anni, poiché grazio al carbonio 14 gli scheletri sono stati datati intorno all’800 avanti Cristo.
La coppia fu subito soprannominata “The Lovers”, e in pochissimo tempo divenne il simbolo dell’amore che non finisce, che supera anche i confini della morte.
L’ipotesi più accreditata per questa particolare posa è che i due amanti abbiano trovato la morte mentre si scambiavano un ultimo bacio, durante un assedio per il controllo della città. La causa più probabile di morte è l’asfissia, ossia che i due amanti siano stati uccisi dal fumo che aveva riempito la buca dove si erano rifugiati.
Due scheletri, un eterno ritratto d’amore capace di solcare i millenni.
Nuova Legge regionale lombarda: comunicato congiunto Federcofit-EFI-Feniof
Il 19 febbraio il Consiglio Regionale della Lombardia ha approvato il progetto di legge n. 36 che riforma la normativa regionale in materia funeraria in vigore dal 2003.
In attesa che venga reso pubblico il testo definitivo, avendo seguito direttamente i lavori del Consiglio Regionale e avendo recepito quali emendamenti siano stati approvati e quali no, possiamo dirci globalmente soddisfatti delle soluzioni adottate.
Il fronte politico e le tre Federazioni nazionali di settore hanno raggiunto un giusto compromesso (fortemente sollecitato dalla compagine politica lombarda) per non bloccare l’approvazione di un testo che, a 15 anni dalla prima stesura della legge regionale, necessitava di precisazioni e di integrazioni per arginare fenomeni discutibili, per dare trasparenza alle attività funebri svolte dai diversi attori coinvolti e per garantire piena tutela all’imprenditoria virtuosa e ai cittadini fruitori dei servizi funebri.
Questi gli interventi che riteniamo più importanti e più significativi.
Tutela delle imprese funebri di qualsiasi dimensione.
Si è salvaguardata la possibilità, in particolare per le piccole e medie imprese del settore, di continuare a gestire, in modo sostenibile e professionale, le proprie attività attraverso soluzioni che, per le imprese autorizzate sulla base di requisiti propri, si tradurranno in minori costi senza penalizzare operatività e qualità e, per le imprese autorizzate con il ricorso ad operatori esterni, in una più trasparente operatività con servizi più professionali e rispettosi delle normative in materia di fiscalità e di mercato del lavoro.
Contratti di lavoro.
Sono stati consolidati e stabilizzati i rapporti di lavoro tra l’impresa e i propri collaboratori ostacolando la precarizzazione ed il lavoro sommerso. Si è così inteso proseguire nel processo di crescita sulla formazione e sulla professionalizzazione del comparto già avviato da tempo in Regione Lombardia. Ciò genera un conseguente miglioramento degli standard sul servizio funebre e maggiori attenzione e tutela nei confronti delle famiglie colpite da un lutto che ottengono così la garanzia di ricevere, in qualsiasi momento, i servizi richiesti nel rispetto delle norme vigenti.
Centri servizi.
Il nuovo articolato pone una distinzione tra le imprese funebri che prestano direttamente i propri servizi e quelle che si avvalgono dei centri servizi, regolamentando finalmente questi ultimi con la definizione di regole precise nei relativi rapporti. Le strutture che opereranno come centri servizi dovranno far fronte ai necessari investimenti in termini di mezzi funebri e di personale formato che, fatti salvi alcuni requisiti di base, dovranno essere proporzionati al numero di contratti sottoscritti (depositati e comunicati) e coerenti con il totale dei servizi annui svolti. Dettagli in merito verranno inseriti nel Regolamento Regionale che dovrà essere approvato nei prossimi mesi.
Case Funerarie.
Dopo anni in cui si è assistito al proliferare di strutture inadeguate sotto il profilo logistico ed impiantistico, la nuova legge porta finalmente ordine e regole più chiare definendo il concetto “puro” di Casa Funeraria equiparandola sotto l’aspetto delle dotazioni strutturali e dei requisiti alle camere mortuarie e distinguendola dalla così detta “sala del commiato” presso la quale sarà possibile l’estremo saluto solo in presenza del feretro sigillato. Ciò comporta la possibilità, da parte delle famiglie, di poter gestire la veglia funebre in strutture adeguate sotto l’aspetto di confort, privacy e tutela igienico sanitaria, senza più pericolose commistioni in strutture aventi differenti funzioni e dotazioni.
Incompatibilità.
La nuova legge (recependo il parere AS392 espresso dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) sancisce, prima in Italia, l’incompatibilità tra l’esercizio dell’attività funebre e tutte quelle attività che possono creare indegni comportamenti quali “racket di vendita del morto” ed appalti di affidamenti cimiteriali o di camere mortuarie. La Regione Lombardia pone così tutti i presupposti per scrivere la parola fine agli scandali, anche recenti, che ciclicamente affliggono e screditano la prevalente parte “sana” del comparto, fornendo inoltre una importante arma ai Comuni ed alle ASL (incaricate dei controlli) per arginare tali problematiche.
Animali d’affezione.
Assolutamente prima in Italia, la nuova legge lombarda introduce il diritto di poter inserire le ceneri dell’animale domestico all’interno della propria concessione cimiteriale, consentendo alle famiglie di esaudire questo speciale desiderio e di riconoscere uno status all’animale che ha fedelmente accompagnato il cammino in vita del proprio padrone.
Conclusioni.
Nel ribadire una globale soddisfazione per il testo “di compromesso” adottato dal Consiglio Regionale della Lombardia, lasciamo sul tavolo la considerazione aperta degli “strumenti di controllo” che dovranno essere messi in atto da Comuni e ATS per di vigilare sulla corretta applicazione di una norma così articolata, dettagliata e complessa. Auspichiamo che nel Regolamento Regionale vengano adottate soluzioni tali da rafforzare le funzioni di vigilanza e controllo che, purtroppo, negli ultimi 15 anni hanno evidenziato ampi margini di miglioramento e di efficacia. In sede di stesura del Regolamento Regionale sarà quindi opportuno un ulteriore confronto con le Federazioni nazionali per definire queste ed altre tematiche fondamentali (i requisiti proporzionali dei centri servizi, l’accesso ai dati comunicati dalle imprese funebri, …). La nostra disponibilità è totale per il bene comune di compagine politica, operatori del settore e cittadini fruitori dei servizi funebri.
EFI – Eccellenza Funeraria Italiana
il Vice Presidente Nazionale
Andrea Cerato
Federcofit
il Presidente Nazionale
Cristian Vergani
Feniof
il Presidente Nazionale
Renato Miazzolo
La tuta coi funghi: una nuova sepoltura ecocompatibile o semplice marketing?
È arrivata in Italia da qualche giorno la notizia di una “novità” nel campo delle sepolture: la sostituzione del cofano con una tuta integrale impregnata di spore di funghi.
Le spore, nelle intenzioni della progettista, dovrebbero far nascere funghi che, cibandosi del defunto, ne trasformerebbero il corpo in elementi più semplici assorbendo inoltre gli inquinanti che ognuno di noi porta con sé.
La notizia è tutta qui, il commento è carico di dubbi.
Il primo dubbio è che, poiché per motivi sanitari i cadaveri sono seppelliti a una profondità standard, sembra veramente difficile per i funghi conquistare la luce del sole per dare luogo a dei bei campi di chiodini.
Il secondo è che i funghi sembrano più un accorgimento estetico che un bisogno: nel momento in cui un corpo è affidato al terreno senza l’isolamento del cofano e di abiti non completamente naturali il processo di decomposizione di per sé è molto facilitato.
Ancora, il ventilato risparmio sui costi di sepoltura sussiste solo se si rinuncia a coprire l’area di sepoltura, cosa che accade frequentemente in altre culture ma non da noi, il costo della “tuta funghiera” invece, 1.500$, è ben in linea con un buon cofano di qualità…
Insomma, nel percorso verso sistemi più ambientalmente compatibili per la distruzione dei cadaveri abbiamo visto proposte forse meno bucoliche ma più convincenti (dall’idrolisi ad alta pressione alla polverizzazione con azoto liquido).
la notizia sulla pagina Facebook dell'agenzia AGI
Roma: la cocaina riposa al cimitero
Dove nascondere grandi quantità di cocaina senza correre il rischio di vicini occhiuti e impiccioni? Se lo deve essere chiesto un quarantaduenne romano che, complice il lavoro di marmista, ha avuto un’illuminazione “tra i loculi più antichi e abbandonati del cimitero!”. Il nostro intraprendente marmista aveva occultato ben centomila dosi, circa un chilo di cocaina, in questo modo.
L’idea era veramente brillante, se il soggetto in questione non si fosse fatto prendere un po’ troppo dall’entusiasmo e si messo a sfrecciare ad alta velocità davanti a una pattuglia di carabinieri… mentre entrava al cimitero.
Di fronte a una fretta così strana, la pattuglia ha seguito il malcapitato e lo ha sorpreso col suo tesoro, ponendo fine a due carriere: quella marmorea e quella stupefacente.
leggi di più sul sito di Repubblica
Cresce la “nuova San Siro”, e compra “Generali” a Milano.
Quando, ai primi di febbraio, è giunta la notizia che l’impresa “San Siro” aveva ceduto il proprio capitale a investitori istituzionali, facendone così la prima realtà italiana ad azionariato finanziario e dando vita al “Gruppo Hofi”, il nuovo capitale di controllo aveva dichiarato la volontà di trasformare questa società nel polo di attrazione verso altri operatori.
In poco più di un mese un’altra storica impresa milanese è entrata nel gruppo, si tratta della “Impresa Generali”, presente da oltre 50 anni nel settore delle onoranze funebri sui territori di Milano e Provincia. L’Impresa Generali manterrà la propria autonomia societaria e l’attuale amministratore, Maurizio Cal, è stato confermato nella carica, e collaborerà con il gruppo nello sviluppo delle attività, assicurando la continuità nella gestione dell’impresa.
Al di là delle dichiarazioni usuali, che non rivelano nei particolari le strategie a breve e lungo termine del gruppo Hofi, questa operazione rappresenta sicuramente una concentrazione degli operatori sul mercato milanese e una conferma della effettiva volontà di creare un polo della funeraria, la cui estensione e le cui conseguenze verificheremo in futuro, se ci saranno nuove acquisizioni.
Cimiteri d'Italia: Staglieno
Parlare dello STAGLIENO di Genova è, forse, parlare del principe dei cimiteri italiani per il fascino della sua realtà, del paesaggio che rappresenta, della ricchezza che raccoglie al suo interno e per l’intreccio strettissimo tra monumento, architetture, memorie storiche e natura.
Staglieno e la sua storia
Il Cimitero di Staglieno fu aperto ufficialmente al pubblico il 1° gennaio 1851. Sebbene a questa data fosse ancora largamente incompiuto, ne era peraltro ormai tracciata la specifica fiosionomia architettonica, funzionale e simbolica.
L'incarico della progettazione era stato affidato già nel 1835 al noto architetto Carlo Barabino (1768-1835) il quale, però, non riuscì a portare a termine il progetto per l'improvvisa morte nel 1835, nella grande epidemia di colera. Il suo allievo e collaboratore Giovanni Battista Resasco (1798-1871) portò a termine la progettazione i cui lavori iniziarono nel 1844 in un'area, quella di Villa Vaccarezza, a Staglieno poco abitata, e non molto distante dal centro cittadino.
La forte suggestione dell’impianto architettonico è tuttora percepibile e suscitava grande ammirazione nei contemporanei che, entrati dall'ingresso principale, si trovavano immersi in una ampia scenografia, costituita dal succedersi di porticati monumentali, stilisticamente omogenei, culminanti nella imponente architettura del Pantheon.
Una volta portata a termine, fra gli anni Sessanta e Ottanta, la struttura complessiva del cimitero, l'effetto veniva ad essere esaltato nel suo insieme dall'inserimento nel contesto ambientale naturale. Un'integrazione paesistica che fu ulteriormente accentuata nel tempo con alcuni ampliamenti specificamente naturalistici, quali l'area acattolica e il cimitero degli Inglesi, sistemati negli ultimi decenni del XIX secolo e nel primo del XX. La scelta del Resasco risultò dunque particolarmente vincente e segnò la fortuna di Staglieno come modello nazionale ed internazionale di riferimento: vi si combinavano, infatti, la tipologia del Cimitero architettonico neoclassico, di tradizione mediterranea, "galleria" di monumenti, e quello di tipo naturalistico, dell'area nord europea e anglosassone (a cominciare da quello parigino del Père Lachaise).
La struttura cimiteriale ha seguito l’evoluzione di Genova con interventi successivi fino ad arrivare alla metà del secolo XX° con la realizzazione negli anni Venti del Porticato Montino, ricco di opere déco e , più a monte, del Sacrario ai Caduti della prima guerra mondiale (1935-1936) ed, infine, nell’ultimo dopoguerra, del Porticato S. Antonino (i lavori iniziarono nel 1937, ma fu inaugurato nel 1955): ultimo intervento con ambizioni monumentali.
La struttura del Pantheon contornata dai porticati superiori, collegati attraverso la monumentale scalinata a quelli inferiori, si adagiava sulla verde collina retrostante - la zona dei Boschetti e della Valletta Pontasso - che, popolata da una sempre più fitta vegetazione, ospitava - e avrebbe sempre più ospitato negli ultimi decenni del secolo e nei primi del Novecento - cappelle e monumenti disseminati e seminascosti nel verde (in quest'area si trovano la Tomba di Giuseppe Mazzini e quelle di molti protagonisti del Risorgimento).
L'effetto d'insieme 'böckliniano', per così dire, per lo scuro svettare degli alberi, contrapposto al biancore delle tombe, è ancora oggi avvertibile: si è infatti mantenuto sostanzialmente integro il nucleo originario del cimitero, nonostante i numerosi ampliamenti, che hanno peraltro interessato soprattutto le aree laterali rispetto al nucleo storico centrale. Tale integrazione paesistica risulta accentuata nel tempo dallo sviluppo della vegetazione, e ad opera di alcuni ampliamenti - di ancor più specifica connotazione naturalistica.- a ridosso del nucleo centrale, quali l'area acattolica e il Cimitero degli Inglesi, sistemati negli ultimi decenni del XIX secolo e nel primo del XX.
Nuove funzioni doteranno allo stesso tempo il cimitero di nuove strutture come il Tempio Crematorio, in prossimità del porticato semicircolare. Si è accennato alla necessità nel corso degli anni Ottanta di unificare nell'area di Staglieno quei cimiteri di altre confessioni che avevano avuto proprie precedenti collocazioni (quello degli Inglesi a S. Benigno, il cimitero protestante, quello ebraico, quello greco-ortodosso, ecc.) nelle diverse zone della città, spesso ormai entrando in conflitto con la grande espansione urbana di fine secolo.
Queste sepolture danno avvio ad una nuova area a ponente, lungo il torrente Veilino, collegata a quella dei Boschetti, in cui prevale, come si è detto, l'impianto naturalistico, con l'inserimento di tombe e monumenti in un ambiente caratterizzato da alberi d'alto fusto.
Lo sviluppo lungo il torrente Veilino segnerà anche la maggior parte degli ampliamenti fra la fine dell'Ottocento e il corso del Novecento: a cominciare, ad esempio, dal progetto di Gino Coppedé (1866-1927), nei primi anni del Novecento, che prevedeva una totale ridefinizione di Staglieno in termini di gigantismo Wagnerschule: intervento peraltro limitatosi in sostanza alla costruzione delle terrazze del Cimitero degli Inglesi.
La fisionomia architettonico - ambientale di Staglieno lo rende indubbiamente molto peculiare nella situazione italiana.
E non è un caso che sia stato spesso preso a modello, pur in forme diverse, non solo localmente (si pensi al cimitero di Sampierdarena, che ne è una vera e propria ripresa in forma ridotta), ma più generalmente nel corso del XIX secolo.
Ma l'aspetto forse che lo rende uno fra i più significativi cimiteri monumentali occidentali fra metà Ottocento e primo Novecento è l'avere raccolto all'interno del proprio perimetro un così ampio ed articolato immaginario borghese della morte.
E, soprattutto, di essere divenuto puntuale testimone del mutare di tale immaginario lungo il corso dell'Ottocento, seguendo le trasformazioni di una società in crescita, fiduciosa delle proprie prospettive di sviluppo, sull'onda del progresso scientifico e tecnologico, e delle possibilità di scambi commerciali planetari; e che poi, verso fine secolo, è sempre più coinvolta in una crisi di identità e, soprattutto, in un processo di riflessione sul proprio destino storico e culturale.
Una società che ha affidato alla rappresentazione post-mortem non solo l'immagine del successo sociale, ma soprattutto la propria idea della realtà e l'ostensione dei valori in cui crede, legittimi o meno che fossero: dal lavoro al mito del progresso, dalla famiglia alla beneficenza, alla religione, all'appartenenza alle diverse professioni, ecc.: tutti intesi come componenti fondanti e organiche del nuovo modello di società, e quindi rappresentabili quali elementi caratterizzanti.
Tale rappresentazione era del resto emblematica di una più generale idea della realtà, che va ben al di là del contesto locale: variata immagine di una società egemone, che segna molta della cultura occidentale fra seconda metà Ottocento e primissimo Novecento. Ed è ben comprensibile questo identificarsi nel complesso di tali valori, se si riflette sulla natura dei committenti dei monumenti di Staglieno: essi erano infatti gli esponenti di una classe imprenditoriale che aveva basi ed interessi, sia di tipo imprenditoriale che commerciale e finanziario in mezzo mondo; e che spesso, inverando uno dei miti più tipici del periodo, quello del self-made-man, erano riusciti ad accumulare enormi fortune (e non sempre - anche in questo in conformità con lo spirito del tempo - furono capaci di conservarle per più generazioni).
L'orgoglio per le imprese compiute in questa crescita economica e sociale traspare ben chiaro, del resto, oltre che dalla concreta e diffusissima rappresentazione di simboli e immagini professionali, nei racconti di queste fortune che si colgono dalle lapidi commemorative dei monumenti, al di là del solito rituale di convenzionale perbenismo sulle figure dei personaggi.
Orgoglio che si avverte ugualmente nella grande profusione dei materiali durevoli impiegati nella costruzione dei monumenti, marmo e bronzo soprattutto (non frequentissimo è l'intervento pittorico, per lo più destinato a funzioni di complemento decorativo: ma anche in questo caso si chiamano pittori noti, come ad esempio Nicolò Barabino, nella Tomba Ariano Galleano, 1871), spesso con una particolare attenzione a quello spirito decorativo e di dettaglio che è ben proprio della cultura dell'Eclettismo.
Una richiesta di durevolezza che si sposta progressivamente dai monumenti dei porticati e delle gallerie, sempre più complessi ed articolati narrativamente, per trovare vere e proprie dimensioni architettoniche, soprattutto nella selva di cappelle di diversi stili e dimensioni, che si moltiplicano nei Boschetti.Basti pensare in proposito all'imponente cappella neogotica di Armando Raggio, opera dell'architetto Rovelli (1895), o a quella di gusto secessionista realizza da Gino Coppedé e Giuseppe Predasso per la famiglia Ernesto Puccio (1906-7): ma non sono che due esempi di una produzione assai variata sia per tipologie che per dimensioni.
A Staglieno la scultura la fa da padrona. Una scultura che è presente a Staglieno non solo nella sua grande profusione e nella qualità dei materiali, ma nella sua capacità di offrire un messaggio su piani diversi di riferimento: testimonianza, contemporaneamente, delle trasformazioni linguistiche della scultura italiana e dell'adeguarsi progressivo dell'immaginario sociale della morte.
Staglieno incomincia a popolarsi di monumenti sin dal 1851. Si tratta di una scultura che incomincia ad avere credito e commissioni al di fuori della dimensione locale. Ma, soprattutto, trova nel Cimitero un ampio banco di prova, attraverso le richieste di una committenza che s'identifica, in questo momento, in un naturalismo pur sempre ancora 'garantito' dal modello classico. Si tratta, infatti, di una classe in ascesa, sia economicamente che socialmente: ma ancora solo in parte capace di esprimere fino in fondo e autonomamente le proprie scelte culturali e di gusto.
Modelli e iconografie sono ancora sostanzialmente quelli di una tradizione neoclassica che è stata di pertinenza indubbia di quell'aristocrazia che l'ha preceduta e con cui la nuova borghesia ascendente tende sempre più a confondersi e compattarsi, in nome di una comunanza di interessi finanziari ed imprenditoriali.
Dopo la Lombardia ora la legge nazionale, campagna di informazione di Federcofit
Il primo passo, e sicuramente il più importante, nell’adeguamento delle norme sulla funeraria nella Regione Lombardia si è concluso positivamente. Le nuove disposizioni di legge sono state approvate dal Consiglio Regionale e rappresentano, oggettivamente e senza tema di smentita, un decisivo passo in avanti nella regolarizzazione delle attività dell’intero comparto.
Sarà impegno di Federcofit, come abbiamo più volte affermato, operare con iniziative pubbliche opportune per illustrare le nuove disposizioni, chiarire i dubbi, recepire le osservazioni utili all’impegno finale, quello della stesura ed approvazione del Regolamento previsto dalle nuove norme, per completare il lavoro iniziato nella passata legislatura, la riforma della Legge regionale n. 33/2009.
In questo percorso la prima iniziativa si svolgerà, appunto, giovedì 16 maggio presso la Sala Pirelli della Regione Lombardia in collaborazione con l’Assessorato regionale e con la presenza dell’assessore Giulio Gallera, per proseguire, successivamente, anche nelle altre province della Lombardia con ulteriori iniziative.
Siamo particolarmente soddisfatti del risultato ottenuto in Lombardia perché le nuove norme completano un percorso, iniziato nel lontano 2004, assicurando al settore un maggiore rigore e ordine senza penalizzare le imprese funebri presenti e garantendo, soprattutto, i bisogni delle famiglie colpite da un lutto.
Questo risultato, sicuramente ulteriormente perfettibile, è stato possibile grazie ad un metodo che le Organizzazioni nazionali del settore hanno seguito: la ricerca paziente e costante, per lunghi mesi e con confronti serrati, di una posizione condivisa sui vari temi e questioni capace, proprio per l’equilibrio che la condivisione ha, naturalmente, rappresentato, di convincere anche “la politica” della bontà delle soluzioni proposte.
Altri impegni, ancora più significativi, ci stanno di fronte.
Il Parlamento ha avviato l’esame di un Disegno di Legge, la proposta Foscolo-Bellachioma A.C. n. 1143, per il riordino dell’intero comparto e della funeraria italiana.
Si tratta di una Riforma attesa e presente nel confronto politico da lunghissimi anni, dal lontano 1999, e mai arrivata in porto nonostante le varie proposte presentate nelle ultime 4 legislature.
L’obiettivo è, per il nostro settore, di primaria importanza: ricondurre ad unità le normative sulla funeraria presenti ad oggi nelle varie regioni e riordinare complessivamente l’intero sistema in linea con l’evoluzione sociale degli ultimi 30 anni. Non solo si debbono superare le differenze normative tra Regione e Regione sui vari problemi, dalla formazione professionale, ai requisiti aziendali, alle disposizioni cimiteriali ma si dovrà, anche e finalmente, affrontare la necessità di superare le barriere rappresentate dai confini regionali che non permettono in tante realtà territoriali la cura adeguata dei defunti perché separate da una barriera invalicabile, ancorché puramente amministrativa, il confine regionale: da un ospedale di una regione non si può riportare il proprio caro presso l’abitazione distante pochi km. ma sul territorio della regione contermine.
Federcofit ha sempre espresso un giudizio positivo su questo Disegno di Legge; siamo ben consapevoli che noi siamo una parte del sistema ed avvertiamo la necessità, anche sul piano nazionale che si percorra la medesima strada fatta nella Regione Lombardia.
Il metodo lombardo, cioè, ci ha fatto raggiungere un risultato importante: permettere alle diverse organizzazioni nazionali di riconoscersi in una proposta condivisa.
Certo la Legge Nazionale presenta una maggiore complessità e la difficoltà di conciliare realtà territoriali tra loro diverse: nord e sud, grandi città e comunità locali di piccole dimensioni, territori ben serviti da comunicazioni viarie e paesi isolati, ecc., ecc. Non solo, la legge nazionale dovrà anche definire ruoli e funzioni dei vari livelli istituzionali presenti nel paese, Stato Centrale, Regioni e Amministrazioni locali.
Vogliamo, però, affrontare questi aspetti insieme, come abbiamo fatto per la Lombardia, nello spirito di condivisione con Feniof ed EFI per centrare meglio gli obiettivi e per avere maggiore forza di convincimento.
Ad oggi ci sembra di capire che anche gli altri condividono questa impostazione e quindi inizieremo da subito a lavorare sui temi concreti previsti nelle nuove normative.
Anche sulle disposizioni nazionali attiveremo un’azione di informazione per la categoria nelle varie regioni al fine non solo di rendere consapevoli tutti gli operatori, o almeno quelli che desiderano essere informati sul proprio futuro, delle soluzioni proposte ma anche per raccogliere le osservazioni e le richieste frutto delle concrete esperienze maturate sul territorio.
Augurandoci tutti che la legislatura non si interrompa prematuramente lasciando il settore ancora una volta a “bocca asciutta”…
Un saluto a tutti
Il Presidente
P.S. in queste ore è arrivata l’informazione circa la formale “impugnativa” da parte del Governo contro la Legge Regionale Lombarda, invocata nel corso del Consiglio Regionale che ha approvato la Legge da parte del M5S lombardo. Si tratta di un atto molto grave che misconosce i poteri legislativi delle Regioni in una logica “centralista” superata da decenni e manifesta la totale sordità del Governo Centrale alle istanze dei cittadini e dei territori. Con l’impugnativa del Governo contro la legge lombarda si mette in discussione l’evoluzione del nostro settore negli ultimi 15 anni compresi gli ingenti investimenti realizzati in Lombardia con la costruzione di quasi 200 Case Funebri.
Non staremo a guardare!! Lotteremo fino in fondo per salvaguardare i risultati raggiunti, PER NON TORNARE INDIETRO e per garantire la tenuta delle attività funebri lombarde. L’APPUNTAMENTO È PER IL 16 MAGGIO: LA PRESENZA DELLA CATEGORIA NUMEROSA E COMPATTA È LA PRIMA RISPOSTA PER TUTELARE I NOSTRI DIRITTI E PER MODIFICARE LE DECISIONI DEL GOVERNO.
Legge funeraria Lombardia: le perplessità di Federcofit
Al di là di alcuni aspetti sicuramente più “attraenti” dal punto di vista della polemica politica, su cui non a caso i quotidiani fanno i titoli, Federcofit solleva da subito alcune perplessità sulle norme che riguardano direttamente le Imprese del Comparto Funerario.
Allo stato attuale la legge sembra poter essere il chiavistello per la precarizzazione del lavoro nel Comparto lombardo.
Il richiamo generico a «regolari contratti di lavoro», non appare in grado infatti di escludere i contratti «a chiamata».
«Se non verrà emendato quel passaggio - dice il segretario nazionale Federcofit Riccardo Salvalaggio - tutte le imprese che hanno dipendenti potranno lasciarli a casa, col rischio di precarizzazione generale».
Altre perplessità espresse da Federcofit riguardano la sala del commiato, che le imprese vorrebbero «a feretro chiuso» e le case funerarie, per le quali gli Operatori chiedono di normare bene limiti del pubblico e del privato.
È possibile leggere l’articolo integrale su Il Giornale
Formazione: partono i nuovi corsi
[conclusi: vai su FORMAZIONE per i corsi più recenti]
Federcofit – Federazione Italiana del Comparto Funerario apre il nuovo corso per le professioni di:
NECROFORO
ADDETTO AL TRASPORTO
DIRETTORE TECNICO ADDETTO ALLA TRATTAZIONE AFFARI
Queste sono le tre figure presenti all’interno delle imprese funebri lombarde che necessitano di un corso di formazione abilitante alla professione per poter esercitare regolarmente nelle aziende del settore funerario in Regione Lombardia.
Partenza corsi: lunedì 4 Marzo a Milano
Operatore funebre (Necroforo) durata: 24 ore
Addetto al trasporto di cadavere durata: 36 ore
(Necroforo + 12 ore)
Direttore tecnico addetto alla trattazione affari durata: 60 ore (Necroforo + trasporto + 24 ore)
Il necroforo è colui che esegue la movimentazione del feretro e segue la preparazione della salma.
L’addetto al trasporto è colui che in più guida il mezzo, è il riferimento della squadra e redige appositi verbali.
Il direttore tecnico addetto alla trattazione è colui che ha contatti con le famiglie e organizza in tutto e per tutto l’evento.
Info e modulo di iscrizione:
http://www.federcofit.it/corsi-lombardia/
Per ogni ulteriore informazione info@federcofit.eu
Feder.Co.F.It
Viale Certosa 147
20151 Milano
02 3340 3992
Qualcosa di più di un cambio della guardia alla San Siro di Milano
I rumors che ci hanno assordato in queste settimane hanno avuto una loro conferma: la San Siro cambia volto, registro e velocità di passo.
Si tratta di un fatto di grande rilievo, almeno per il nostro piccolo settore. L’impresa funebre, o il gruppo funerario, più importante della Lombardia e tra i primissimi del nostro Paese “passa di mano” per usare un termine molto schematico.
Il gruppo San Siro, fondato nel 1965 dal Commendatore Alcide Cerato gestisce migliaia di servizi funebri tra Milano ed hinterland, ed è titolare di due Case Funebri a Milano e di una importantissima attività di monumenti e servizi cimiteriali.
La novità
Entra in campo Augens Capital che insieme alla famiglia Cerato e con il supporto finanziario di Banco BPM e di Banca Interprovinciale Illimity perfezionano la cessione del 100 % del gruppo San Siro.
La holding HOFI si pone l’obiettivo di creare il primo gruppo funerario italiano ad azionariato istituzionale seguendo le orme designate da precedenti esperienze Francesi ed Inglesi.
A differenza dei “cugini” francesi e dei “brexittiani” inglesi, in Italia il settore funerario rimane costituito da una estrema frammentazione rimanendo saldamente in mano alla gestione familiare con tutti i pro ed i contro che questo assetto genera.
Sicuramente è finita un’epoca ed inizia un nuovo percorso fino ad oggi non sperimentato nel nostro Paese se non, in qualche misura, a Firenze con la storica OFISA.
Cambio di passo e mano tesa
Marco Mantica Presidente di Augens Capital :Vorremmo che la holding HOFI e San Siro diventassero il partner preferenziale di quegli operatori che desiderano aggregare la loro realtà per migliorare la propria offerta e per assicurare la continuità della propria azienda. Siamo inoltre molto orgogliosi di aver ricevuto il finanziamento di questa importante operazione per Milano”.
Riteniamo che HOFI abbia tutto quello che sulla carta necessita per portare una significativa differenziazione di gestione anche nel settore funebre.
Risorse finanziarie, competenze manageriali, strumenti, regole, relazioni, processi e sistemi aziendali, know how (attraverso Andrea e Massimo Cerato che verranno rispettivamente nominati Presidente e Amministratore Delegato) sono i presupposti attraverso i quali la neo San Siro cercherà di creare un gruppo che dovrà operare con un respiro, una approccio ed una velocità differente.
Quando una holding ti corteggia per sposarti non ti chiede solamente la “dote” con la quale devi necessariamente presentati all’altare, ma vuole anche sapere quali sono i tuoi piani per il prossimo futuro.
Elemento principale e grande incognita rappresentano le future prossime azioni che la neo San Siro indubbiamente metterà in campo.
Interpretando le parole del Presidente Mantica supponiamo che il gruppo intenda estendere la possibilità di collaborazione e di acquisizione nei confronti di quelli che sino ad ora si potevano essere considerati puramente competitor del gruppo. Percepiamo tra le righe l’intenzione di uscire a respirare aria differente da quella della fitta nebbia milanese.
Giovanni Caciolli
Prima di tutto un pensiero al fondatore della San Siro, al, mi si permetta questo termine con molto affetto, vecchio Alcide. Uomo difficile e con il quale tanti sono stati gli scontri, ma, forse, l’uomo che, pur con tutte le pecche a lui accreditabili e sotto molteplici punti di vista, ha visto più lontano di tutti gli operatori funebri italiani, o quasi, interpretando il futuro e le prospettive di questo settore, e realizzando strutture all’avanguardia della funeraria europea. Certo l’ingresso di un soggetto finanziario nel settore funebre italiano ed in una città “europea” come Milano deve attivare una riflessione attenta da parte di tutti i protagonisti del settore.
Si tratta di un tentativo di penetrazione un settore profittevole, ma destinato a naufragare ed a ripetere l’abbandono come già sperimentato negli anni passati o si tratta dell’avvio di una fase di “maturità” per la funeraria italiana con un rapporto nuovo, più “industriale” per intendersi, dove i soggetti in campo sono molto più articolati rispetto alla tradizione “famigliare” italiana dove il fondatore accompagna i propri figli e la propria famiglia nella gestione dell’impresa?
L’intervento del capitale finanziario porta, conseguentemente, anche ad un modello nuovo che non può rimanere isolato; la prospettiva non potrà che essere il tentativo di coordinare e mettere in sinergia molteplici interventi tra loro coordinati sotto una comune filosofia di intervento; sarà una rete di imprese e case funebri? Sarà un'altra modalità operativa? Non è prudente azzardarci in queste ipotesi; quello che è certo è che, se non sarà una bolla di sapone, le logiche e lo sviluppo del settore avranno un’accelerazione ed una evoluzione nuova ed impensabile.
Riccardo Salvalaggio
Alcuni di noi accolgono l’ingresso, anche in questo settore, di un investitore puramente finanziario, come una cosa dalla quale allontanarsi con sospetto. Altri, tra cui io, vedono invece un possibile radicale cambiamento che potrebbe far nascere nuove prospettive e nuovi “comportamenti” in un settore così impermeabile alla collaborazione.
Pensare che il nuovo sia sempre simbolo di pericolo è sbagliato. Certo, bisognerà prestare attenzione e capire da che parte tirerà questo nuovo “vento” spinto da energie e motivazioni non personalistiche.
Assistiamo alla nascita di un concetto differente di impresa. Non più riconducibile ad un cognome, ma decisamente più ad un management che opera, agisce, si rapporta al mercato con differenti linee guida e azioni non riconducibili alle decisioni di poche teste.
Questo settore non ci è abituato, noi non ci siamo abituati. Sarà importante e stimolante, capire, attenzionare, analizzare e studiare a fondo il fenomeno. Ritengo maturo il terreno per la nascita di un concetto differente e coltivo la speranza che possa essere una nuova medicina per curare i mal di pancia generato dalle dinamiche croniche che affliggono questo settore. Il futuro ci dirà qualcosa di più.
Intanto vi abbiamo dato sufficienti motivi di riflessione a tutti gli operatori funebri e, ci venga consentito, anche un augurio di buon lavoro al management, nonché ai “vecchi” ex titolari, di questa vecchia e nuova San Siro.
Alzati e cammina!
"cosa non si fa per campare, ti tocca persino risorgere", questo deve avere pensato il complice del pastore sudafricano Alph Lukau, il quale ha inscenato una resurrezione.
Lo spettacolo ha entusiasmato i fedeli, ma ha infastidito molto i locali operatori di pompe funebri che hanno denunciato la manipolazione di Lukau, e il danneggiamento alla loro reputazione: avevano messo a disposizione la bara, ma non avevano idea di quello che sarebbe successo.
Dalla Crl Right Commission, un'istituzione che salvaguarda i diritti delle minoranze religiose, linguistiche e culturali nel Paese è arrivato un commento (ovviamente) lapidario: "I miracoli non esistono. Sono cose fatte per spillare soldi a persone senza speranze", naturalmente il pastore è stato sommerso dalle critiche, che piovono da tutte le parti.
La chiesa del pastore Lukau ha preferito non fare nessuna dichiarazione riguardo alle accuse. Secondo The Sowetan però, un giornale locale, la sua congrega avrebbe ammesso che il morto "era già vivo" al momento della cerimonia.
Chi non muore, si rivede...
L'articolo su Huffington Post