Roma: ancora cronache giornalistiche sul “caro estinto”
Le cronache giornalistiche di questi giorni ci ricordano che, dopo lunghe indagini, si avvia la fase conclusiva di una vicenda, nota agli addetti ed all’opinione pubblica, sul mercato dei funerali che ha coinvolto varie strutture sanitarie, S. Camillo, CTO, Sandro Pertini, Sant’Eugenio, per citare i più noti, e numerose persone interne ed esterne, operatori funebri, alle strutture sanitarie: il 12 febbraio 2019 si aprirà il processo dopo l’udienza preliminare.
Potremmo riprendere le tante considerazioni espresse nel passato su queste vicende, che tanto danno arrecano al settore ed all’intera categoria, e riprendere i ragionamenti sulla più o meno grande notorietà dei soggetti interessati. Lo abbiamo già fatto e non abbiamo niente da aggiungere alle cose più volte sottolineate.
Tempi lunghi, troppo lunghi: questa è la prima riflessione che vogliamo sottolineare.
La Giustizia, che prima o poi arriva, quasi sempre, con questi tempi “infiniti” perde il valore dell’esempio, dell’ammonimento, dell’insegnamento e concreto invito a non seguire le strade sbagliate e, ancor peggio, perde la possibilità di bloccare chi è nell’errore in tempi accettabili dalla pubblica opinione. Troppo spesso si conferma la durata di servizi in appalto, o simili, in attesa di una sentenza definitiva che arriverà quando i fuochi sono già spenti da tempo e per estinzione naturale.
La seconda riflessione necessaria ci deve portare a valutare il rapporto tra questi fenomeni e la situazione normativa della Regione Lazio.
Nella Regione che vede la presenza della città più popolosa d’Italia, Roma, con oltre 2.500.000 abitanti ed oltre 30.000 decessi frutto anche dell’attrazione delle strutture sanitarie ed ospedaliere romane, la funeraria è governata dal vecchio e superatissimo Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, il DPR 285/90. Non è un caso, lo abbiamo sottolineato e tutti ne sono a conoscenza, che una nota sentenza del Consiglio di Stato del 2013 vieta, a causa dell’assenza di una specifica legge, l’esclusione degli operatori funebri dalla partecipazione ai bandi di gara per la gestione delle Camere Mortuarie ospedaliere.
Non solo, l’assenza di una legge regionale (Lazio e Sicilia sono le sole regioni senza la legge per il settore) ha, di fatto, impedito un riesame da parte dei Comuni sulle autorizzazioni ad esercitare questa attività e sulla regolarità delle medesime, come invece si è verificato nelle regioni che hanno legiferato sulla materia. Allora, al Governatore Zingaretti, che pure aveva promesso, nella passata legislatura, di affrontare il problema ed approvare una legge in proposito, vogliamo rivolgere un appello: pur curando il gravoso impegno della gara alla Segreteria del PD, veda di trovare anche qualche minuto per pensare ai problemi del settore funebre nel Lazio ed a Roma, città che vede oltre 600 operatori funebri, ed operare per dotare anche la sua Regione di una legge idonea a risolvere i problemi della funeraria.
Siamo convinti che quella filosofia, un po’ andreottiana, “il tempo risolve le questioni”, non è valida, almeno per il settore funebre, anzi… più il tempo passa più si incancreniscono i problemi e più difficile diventa la loro soluzione.
Cimiteri d'Italia: il “Cimitero delle Fontanelle” a Napoli
Con questo primo intervento vogliamo iniziare un percorso sui temi dei cimiteri.
Argomento vasto che accompagna la storia dell’umanità e che rappresenta tanta parte delle nostre radici.
In questo percorso non pretendiamo di trattare scientificamente il tema dei cimiteri e le complesse problematiche che ne caratterizzano la vita e le progressive trasformazioni, né approfondire le relazioni tra evoluzione dei costumi nella “città dei vivi” e conseguenti rivoluzioni nell’organizzazione della “città dei morti” oggi particolarmente significative, almeno nel nostro paese, con l’esplosione della cremazione e la fine dell’elezione dei cimiteri a sola ed unica custodia dei defunti, appunto la “città dei morti”. Vogliamo più semplicemente riportare alla memoria dei lettori esempi e “perle” della storia delle sepolture per sollecitare la curiosità e la sete di informazione e conoscenza, primo e fondamentale elemento per salvare una tradizione ed una storia di grande prestigio e valore.
IL CIMITERO DELLE FONTANELLE
Oggi, appunto, parliamo del “Cimitero delle Fontanelle” di Napoli aiutati anche dalla cronaca di questi giorni che ha visto riproporre il rapporto problematico tra la proprietà del Cimitero, unitamente alle “Catacombe di S. Gennaro”, il Vaticano, e la cooperativa “La Paranza” dei giovani del Rione Sanità che gestisce da anni questa struttura.
Il Cimitero delle Fontanelle si trova all'estremità occidentale del vallone naturale della Sanità, uno dei rioni di Napoli più ricchi di storia e tradizioni, appena fuori dalla città greco – romana, nella zona scelta per la necropoli pagana e più tardi per i cimiteri cristiani. Il sito conserva da almeno quattro secoli i resti di chi non poteva permettersi una degna sepoltura e, soprattutto, delle vittime delle grandi epidemie e pestilenze che hanno più volte colpito la città nei secoli passati.
In quest'area, situata tra il vallone dei Girolamini a monte e quello dei Vergini a valle, erano dislocate numerose cave di tufo, utilizzate fino al 1600 per reperire il materiale, il tufo appunto, per costruire la città.
Lo spazio interno alle cave di tufo fu usato a partire dal 1656, anno della peste, che provocò almeno trecentomila morti, fino all'epidemia di colera del 1836, per collocare i cadaveri in carenza di altri spazi idonei. Le cave, quindi, hanno offerto la soluzione più facile per deporre i cadaveri, e soprattutto, i cadaveri delle famiglie meno abbienti che non trovavano posto nelle chiese ed ambienti “sacri”.
Le cave, poste a monte del Rione Sanità e ai piedi della collina erano soggette ad allagamenti ed inondazioni. Una di queste, particolarmente violenta, ha trascinato fuori dalle grotte i resti dei cadaveri lungo i percorsi dell’acqua, cioè lungo le strade del rione. Allora le ossa furono ricomposte nelle grotte e furono costruiti un muro ed un altare conferendo al luogo la destinazione di ossario della città.
Le Fontanelle contengono i resti ossei di decine di migliaia di cadaveri accumulatisi nei vari secoli. Nel marzo 1872 il cimitero fu aperto al pubblico e affidato dal Comune al canonico Gaetano Barbati, ritenuto erroneamente parroco di Materdei, il quale, con l'aiuto del Cardinale Sisto Riario Sforza, eseguì una sistemazione dei resti secondo la tipologia delle ossa (crani, tibie, femori) e organizzò a mo' di chiesa provvisoria la prima cava, in attesa che fosse costruito un tempio stabile.
Il cimitero è scavato nella roccia tufacea gialla della collina di Materdei. È formato da tre grandi gallerie a sezione trapezoidale, in direzione N-S, con un'altezza variabile tra i 10 e i 15 m e lunghe un centinaio di metri collegate da corridoi laterali. Queste gallerie, per la loro maestosa grandezza, sono chiamate navate come quelle di una basilica. Ogni navata ha ai propri lati delle corsie dove sono ammucchiati teschi, tibie e femori e ha un proprio nome: la navata sinistra è detta navata dei preti perché in essa sono depositati i resti provenienti dalle terresante di chiese e congreghe; la navata centrale è detta navata degli appestati perché accoglie le ossa di quanti perirono a causa delle terribili epidemie che colpirono la città (la peste su tutte, in special modo quella del 1656); infine la navata destra è detta navata dei pezzentielli perché in essa furono poste le misere ossa della gente povera.
Da allora è sorta una spontanea e significativa devozione popolare per questi defunti, nei quali i fedeli identificano le anime purganti bisognose di cura ed attenzione. Alcuni teschi furono quindi "adottati" da devoti che li allocarono in apposite teche di legno, identificandoli anche con un nome e con una storia, che affermavano essere svelati loro in sogno. Il sogno rappresenta l’espressione del contatto tra “l’anima pezzentiella e chi l’ha adottata” e la possibilità di crescita di una vera e propria relazione: io prego per te e per avvicinarti al paradiso, tu mi ricambi con altri beni, la guarigione, la realizzazione di un desiderio (matrimonio, nascita di un figlio,…), i numeri del lotto, …. Se la relazione è fruttifera io ti curo ed accudisco altrimenti si passa ad altre scelte: scelgo un’altra “capuzzella” e ricolloco quella impotente con il volto rivolto alla parete per segnalare la sua impotenza ad altri vivi desiderosi di adottare una capuzzella.
Per lunghi anni, il cimitero è stato teatro di questa religiosità popolare fatta di riti e pratiche del tutto particolari.
Alcune capuzzelle famose:
La leggenda del Capitano
Il cranio del Capitano, attorno al quale ruotano diverse leggende.
La prima versione ci racconta che una giovane promessa sposa era molto devota al teschio del capitano, e che si recava spesso a pregarlo e a chiedergli grazie. Una volta il fidanzato di lei, scettico e forse un po' geloso delle attenzioni che la sua futura moglie dedicava a quel teschio, volle accompagnarla e portandosi dietro un bastone di bambù, lo usò per conficcarlo nell'occhio del teschio (da qui l'aition dell'orbita nera), mentre, deridendolo, lo invitava a partecipare al loro prossimo matrimonio.
Il giorno delle nozze apparve tra gli ospiti un uomo vestito da carabiniere. Incuriosito da tale presenza, lo sposo chiese chi fosse e questi gli rispose che proprio lui lo aveva invitato, accecandogli un occhio; detto ciò si spogliò mostrandosi per quel che era, uno scheletro. I due sposi e altri invitati morirono sul colpo.
L'altra versione raccolta da Roberto De Simone, mette in scena una leggenda nera popolare: un giovane camorrista, donnaiolo e spergiuro, aveva osato profanare il cimitero delle Fontanelle, ivi facendo l'amore con una ragazza. A un tratto sentì la voce del capitano che lo rimproverava ed egli, ridendosene, rispose di non aver paura di un morto. Alle nuove imprecazioni del capitano, il temerario giovane lo aveva sfidato a presentarsi di persona, giurando ironicamente di aspettarlo il giorno del suo matrimonio (e intanto giurando in cuor suo di non sposarsi mai). Però il giovane, dimentico del giuramento, dopo qualche tempo si sposò. Al banchetto di nozze si presentò tra gli invitati un personaggio vestito di nero che nessuno conosceva e che spiccava per la sua figura severa e taciturna.
Alla fine del pranzo, invitato a dichiarare la sua identità, rispose di avere un dono per gli sposi, ma di volerlo mostrare solo a loro. Gli sposi lo ricevettero nella camera attigua, ma quando il giovane riconobbe il capitano fu solo questione di un attimo. Il capitano tese loro le mani e dal suo contatto infuocato gli sposi caddero morti all'istante.
Il cranio di donna Concetta, sempre lucido, tanto che una leggenda narra che ciò è dovuto al "sudore delle anime del Purgatorio".
Donna Concetta: 'a capa che suda
Un'altra capuzzella "di spicco" nel cimitero delle Fontanelle è quella di donna Concetta, più nota come 'a capa che suda.
La particolarità di tale teschio, posto all'interno di una teca, è la sua lucidatura: mentre gli altri crani sono ricoperti di polvere, quest'ultimo è invece sempre ben lucidato. Ciò forse avviene perché raccoglie meglio l'umidità del luogo sotterraneo, che è stata sempre interpretata come sudore: "Se domandate ai devoti vi diranno che quell'umidità è sudore delle anime del Purgatorio".
Gli umori che si depositano su questi resti sono ritenuti dai fedeli acqua purificatrice, emanazione dell'aldilà in quanto rappresentazione delle fatiche e delle sofferenze cui sono sottoposte le anime.
Secondo la tradizione, anche donna Concetta si presta a esaudire delle grazie; per verificare se ciò avverrà, basta toccarla e verificare se la propria mano si bagna.
Per visitare Le Fontanelle: si consiglia di affidarsi ai giovani della cooperativa “La Paranza”, particolarmente bravi e disponibili ed unire questa visita a quella delle Catacombe di S. Gennaro, con partenza da Via Capodimonte, 13. In una mattinata si potrà avere una visione ampia e di particolare interesse sulla evoluzione del sistema sepolcrale della realtà napoletana.
Nuova legge Lombardia: dichiarazione di Federcofit ed EFI
Il 23 Gennaio, abbiamo assistito di persona, alla riunione pomeridiana della Commissione Sanità al Pirellone per la definizione del testo che arriverà in Consiglio della Regione Lombardia il 19 Febbraio prossimo.
Da quanto abbiamo sentito e da come il testo sia stato modificato da più di 70 emendamenti, possiamo sinceramente affermare di ritenerci seriamente preoccupati.
Allo stato attuale non abbiamo in possesso alcun articolato ufficiale, però sull’iniziale testo DG Welfare sono stati apportati cambiamenti in direzioni nettamente NEGATIVE che mal ci fanno presagire per il futuro dell’imprenditoria funebre privata lombarda.
Analizziamole nel merito.
Il testo definisce che per fare impresa funebre in Lombardia non sarà più necessario, come invece accade ora, soddisfare alcun criterio per l’assunzione degli uomini in quanto il personale necroforo potrà essere regolarizzato con un semplice contratto a chiamata. Viene utilizzata la dizione “regolare rapporto di lavoro” quindi, questa definizione legittima di fatto i contratti a chiamata come sufficiente requisito per poter assumere il proprio personale ed eventualmente poter presentare una SCIA a fronte di una nuova attività.
Da questa lettura interpretiamo un inevitabile declino verso il precariato, e il lavoro nero “mascherato”nonché un proliferarsi di nuove richieste di apertura.
Inoltre, il testo vuole definire la funzione dei centri servizio battezzandoli alla luce del sole definendoli imprese funebri ed imponendone i requisiti e consentendo il ricorso ai contratti a chiamata per l’assunzione del personale necroforo.
Di fatto la funzione del centro servizi viene snaturata e resa completamente inutile visto che la possibilità del ricorso al personale a chiamata illimitato da parte dell’impresa funebre sua cliente rende completamente inutile la sua esistenza.
Inoltre il combinato disposto di queste norme porterà ad una seria perdita dei posti di lavoro dovuto al licenziamento di tutti coloro che ad oggi sono regolarmente assunti sia nelle attività funebri che nei centri servizio.
Viene legittimato, come espressamente scritto in un altro punto, il ricorso alla possibilità di avere soltanto il personale necroforo fornito da un centro servizi. Questa ulteriore condizione ha un forte sapore di illegalità sotto il profilo dell’intermediazione di manodopera o del crearsi di possibili posizioni di caporalato.
Continuando, è stata di fatto aperta la gestione delle case funerarie a soggetti sia pubblici che privati. Situazione che di fatto destabilizzerà totalmente il mercato vedendo l’affermazione di centinaia di situazioni di monopolio da parte di gestori pubblici. Il reale paradosso sarà che il tuo futuro concorrente oltre a poter avvicinare le famiglie con comunicazioni di natura istituzionale, sarà anche lo stesso soggetto autorizzato alla verifica e al controllo della correttezza del tuo operato.
Continuiamo segnalando che nelle definizioni è stata riportata la dicitura “sala del commiato” autorizzando la presenza del feretro ai fini cerimoniali, sia all’interno dei cimiteri che nei crematori. Il feretro, viene espressamente definito come unione di bara e cadavere e quindi non viene considerato come cassa chiusa. Ergo, all’interno dei cimiteri e crematori potranno arrivare feretri aperti nell’arco delle 24 ore dal decesso e dopo l’accertamento di morte.
Nascono di fatto le aberranti “mini case funerarie” di serie B senza requisiti e senza alcun tipo di controllo se non un banale parere positivo alla permanenza di persone alla stessa stregua di un box auto. L’assurda gestione diretta potrà avvenire all’interno del cimitero e del crematorio.
Terminiamo evidenziando la totale assenza delle incompatibilità tra imprese funebri e gestioni cimiteriali, sanitarie, parasanitarie e socio assistenziali. Evidentemente Regione Lombardia non ritiene importante le cicliche problematiche di racket e le pericolose commistioni avvenute in tutta Italia.
Ci hanno dato filo da torcere e ci daranno altro lavoro da fare, richiederemo pertanto a gran voce un tavolo di discussione prima della votazione del 19 Febbraio. Non dovrà essere messa in atto una legge originata dalla colpevole disattenzione di chi si professa profondo conoscitore della nostra materia senza avere una minima cognizione di causa.
Riccardo Salvalaggio Segretario Nazionale Federcofit
Andrea Cerato Vicepresidente Nazionale EFI
Riforma della Funeraria: PDL 1143 in Commissione Sanità
Dopo la presentazione della Proposta di Legge Foscolo – Bellachioma (Atti Camera 1143) “Disciplina delle attività funerarie, della cremazione e della conservazione o dispersione delle ceneri” registriamo, con soddisfazione, un primo passo concreto nel percorso parlamentare di questa proposta di legge che vede il consenso della nostra Federazione.
Il 13 novembre u.s. nel “PROGRAMMA DEI LAVORI DELLA COMMISSIONE (SANITÀ DELLA CAMERA) PER IL PERIODO NOVEMBRE-DICEMBRE 2018” è stata inserita, tra “gli argomenti nuovi” anche la pdl C 1143.
Dal Congresso di Firenze, dove l’on. Sara Foscolo, in una seduta partecipata da molti operatori funebri, ha presentato la Proposta di Legge per la riforma del settore, la Federazione sta seguendo con molta attenzione lo sviluppo delle vicende parlamentari. Siamo particolarmente interessati a questo sviluppo per evidenti ragioni: prima di tutto perché da quasi 30 anni l’intero comparto funerario italiano attende una legge di riforma che riposizioni il settore dopo l’ormai vecchio e superatissimo Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria DPR 285/90 e perché da tempo siamo impegnati in prima persona per facilitare una disposizione normativa equilibrata, rispettosa delle varie esperienze maturate e capace di governare l’intero sistema senza determinare figli e figliastri. La proposta di legge Foscolo-Bellachioma risponde in via generale a questi principi di fondo e, quindi, la sosteniamo con la convinzione che, pur aperti ad ogni miglioramento, con l’impianto di questa proposta di legge la funeraria italiana potrà superare i ritardi maturati in questi 30 anni di immobilismo e riprendere la strada del rinnovamento, della qualificazione professionale e dello sviluppo che la grande maggioranza degli operatori si aspetta.
Con questo spirito e con queste aspettative guardiamo con speranza e fiducia ai lavori parlamentari che si sono annunciati con questo programma di lavoro della Commissione Parlamentare.
Approvare subito la riforma della funeraria
Illustrissimo Signor Presidente della Repubblica
Illustrissimo Presidente del Consiglio
Onorevole Ministro della Sanità
La scrivente Federcofit, Federazione italiana del comparto funerario è qui a scrivere alla Vostra illustrissima attenzione, per ribadire l’urgenza di attivazione dell’iter del Disegno di Legge AC1143 a firma degli Onorevole Foscolo e Onorevole Bellachioma giacente alla Camera dei Deputati ed inerente al settore delle onoranze funebri e della medicina necroscopica.
Ciclicamente e recentemente, le procure, le forze dell’ordine sono tornate ad occuparsi di avvenimenti che inevitabilmente coinvolgono il settore delle onoranze funebri invischiandolo nello spregevole e disumano racket della “vendita del morto”.
Questo genere di malcostume ha oramai fissato nell’immaginario collettivo delle famiglie italiane, la figura dell’impresario funebre quale categoria becera e approfittatrice.
Nonostante ci dolga ammetterlo, talvolta questo risulta assoluta verità. Tuttavia questo non è da noi concepibile ne sopportabile.
La categoria dell’impresario funebre è una tipologia di professione complessa e psicologicamente usurante che vede coinvolto, chi decide di intraprenderla seriamente, in azioni ed interventi 24 ore su 24 giorno dopo giorno.
E’ nostro dovere ribadire che non esistono nel nostro settore unicamente soggetti spregiudicati e inclini al malaffare. L’operatività quotidiana in tutto il paese Italia è sorretta da persone che impegnano energie, risorse e abnegazione verso il proprio lavoro e la nostra categoria non ne fa eccezione.
Le famiglie che si trovano a dover fronteggiare il tragico avvenimento del lutto si ritrovano, ad oggi, a dover vestire un doppio abito di vittima.
La prima è una circostanza della quale il fato ne fa da padrone ma la seconda purtroppo è umanamente generata da un abbietto mercimonio che quotidianamente si perpetua in troppe strutture sanitarie italiane indipendentemente dalla latitudine geografica.
Se da una parte vediamo i grandi sforzi messi in atto per mantenere il settore sanitario nazionale a livelli di tutto rispetto, dall’altra parte non possiamo che registrare una colpevole disattenzione per le situazioni borderline giacenti nelle camere mortuarie delle strutture ospedaliere che ci riportano di fatto a condizioni paragonabili a cinquant’anni fa.
Molto si potrebbe fare al fine di arginare tale fenomeno ed un primario elemento di soluzione sarebbe l’applicazione di una nuova ed adeguata norma nazionale nel settore funebre oramai attesa da troppi decenni.
Ad oggi siamo fermi ad un DPR risalente al 1990 non adeguato a dare risposte alle differenti esigenze e tantomeno ai fenomeni di mutazione sociale delle famiglie italiane attuali.
L’aggiornamento nei confronti delle esigenze delle famiglie, un ricondizionamento del settore e una maggiore professionalizzazione degli operatori, sono solo alcuni degli obiettivi che il DdL AC1143 a firma degli Onorevole Foscolo e Onorevole Bellachioma si è prefissato. Inoltre solo ostacolando promiscuità e malaffare si possono sostanzialmente gettare le basi per una seria eliminazione di pratiche così inaccettabili.
Molte nazioni, anche a noi limitrofe, hanno un assetto normativo decisamente più attualizzato di quello italiano.
La nostra Federazione ha, tra gli scopi istituzionali, anche quello di cercare di tutelare le famiglie cercando di porle di fronte ad imprese funebri attente ad una qualità formativa, strutturale, legale, professionale e soprattutto degna di un analogo collega impresario funebre europeo.
Richiediamo alla Vostra illustre attenzione un attimo di riflessione; è la categoria stessa che invoca l’applicazione di una norma di caratura nazionale quale quella contenuta nel DdL AC 1143 a firma degli Onorevole Foscolo e Onorevole Bellachioma, da troppo tempo invano attesa.
Le famiglie hanno il diritto di non essere coinvolte nel cinico e cronico susseguirsi di avvenimenti perpetrati dalla parte insana di una professione ed indegna di esistere in uno stato di diritto quale l’Italia.
Angelo Cristian Vergani
Presidente Nazionale Federcofit
Conservazione delle ceneri: Corte di Giustizia UE contro le norme italiane
Con la sentenza pronunciata il 14 novembre 2018 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si riapre la diatriba sulla possibile esistenza dei cimiteri privati atti alla conservazione delle ceneri.
È storia, oramai, il caso di Padova il quale inizialmente innescò da parte della Chiesa Cattolica il progetto di costruzione e realizzazione di luoghi all’interno delle chiese dove poter, su richiesta, “domiciliare” le proprie ceneri.
Questo ulteriore pronunciamento sancisce il contrasto della Norma Europea con il triplice livello Nazionale, Regionale Veneta e Comunale padovana.
Viene di fatto accolta l’ipotesi di pronuncia pregiudiziale, mossa da parte di una impresa privata e appoggiata dalla familiare, per concedere la custodia delle ceneri anche in un luogo differente da quelli possibili e previsti dalla nostra normativa.
Per Vostra comodità abbiamo evidenziato in rosso i passaggi fondamentali che rappresenterebbero un importante e storico nodo di confronto normativo tra la l’Unione Europea e il nostro Paese Italia. L’Unione considera la posizione attuale divieto alle imprese private di fornire un servizio di conservazione di urne cinerarie come l'effetto di conferire ai servizi comunali un monopolio sulla fornitura del servizio di conservazione di tali urne.
Invitiamo tutti ad una attenta lettura ricordando che tale pronunciamento riguarda l’accettazione di una istanza di pronuncia pregiudiziale e quindi come tale grado di giudizio va considerata.
«Rinvio pregiudiziale - Restrizioni alla libertà di stabilimento - Competenza della Corte - Ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale - Situazione puramente interna - Normativa nazionale che vieta ogni attività lucrativa in relazione alla conservazione delle urne cinerarie - Esame della proporzionalità - Coerenza della normativa nazionale».
Nella causa C-342/17, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (Italia), con ordinanza dell'11 maggio 2017, pervenuta in cancelleria l'8 giugno 2017, nel procedimento Memoria Srl, Antonia Dall'Antonia contro Comune di Padova, con l'intervento di: Alessandra Calore.
- La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione degli articoli 49 e 56 TFUE.
- Tale domanda è stata presentata nel contesto di una controversia che vede opposti la XXXX Srl e la sig.ra XXXXX XXXXX al Comune di Padova (Italia) in merito a una normativa, emanata da quest'ultimo, diretta a vietare agli affidatari di un'urna cineraria di demandarne la conservazione, dietro compenso, a un'impresa privata.
Contesto normativo
Diritto dell'Unione
- Il considerando 8 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36), così recita:
«8. È opportuno che le disposizioni della presente direttiva relative alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei servizi si applichino soltanto nella misura in cui le attività in questione sono aperte alla concorrenza e non obblighino pertanto gli Stati membri a liberalizzare i servizi d'interesse economico generale, a privatizzare gli enti pubblici che forniscono tali servizi o ad abolire i monopoli esistenti per quanto riguarda altre attività o certi servizi di distribuzione».
- Ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 3, primo comma, della direttiva 2006/123:
«La presente direttiva non riguarda né l'abolizione di monopoli che forniscono servizi né gli aiuti concessi dagli Stati membri cui si applicano le regole comunitarie di concorrenza».
Diritto italiano
Legge del 24 dicembre 2012, n. 234
- L'articolo 53 della legge del 24 dicembre 2012, n. 234 - Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea (GURI n. 3, del 4 gennaio 2013), stabilisce quanto segue:
«Nei confronti dei cittadini italiani non trovano applicazione norme dell'ordinamento giuridico italiano o prassi interne che producano effetti discriminatori rispetto alla condizione e al trattamento garantiti nell'ordinamento italiano ai cittadini dell'Unione europea».
Legge del 30 marzo 2001, n. 130
- L'articolo 3 della legge del 30 marzo 2001, n. 130 - Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri (GURI n. 91, del 19 aprile 2001), così dispone:
«1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro della sanità, sentiti il Ministro dell'interno e il Ministro della giustizia, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, si provvede alla modifica del [decreto del Presidente della Repubblica del 10 settembre 1990, n. 285, approvazione del regolamento di polizia mortuaria (GURI n. 239, del 12 ottobre 1990)], sulla base dei seguenti principi:
(...)
- b) l'autorizzazione alla cremazione è concessa nel rispetto della volontà espressa dal defunto o dai suoi familiari attraverso una delle seguenti modalità:
(...)
- c) la dispersione delle ceneri è consentita, nel rispetto della volontà del defunto, unicamente in aree a ciò appositamente destinate all'interno dei cimiteri o in natura o in aree private; la dispersione in aree private deve avvenire all'aperto e con il consenso dei proprietari, e non può comunque dare luogo ad attività aventi fini di lucro; la dispersione delle ceneri è in ogni caso vietata nei centri abitati (...); la dispersione in mare, nei laghi e nei fiumi è consentita nei tratti liberi da natanti e da manufatti;
- d) la dispersione delle ceneri è eseguita dal coniuge o da altro familiare avente diritto, dall'esecutore testamentario o dal rappresentante legale dell'associazione di cui alla lettera b), numero 2), cui il defunto risultava iscritto o, in mancanza, dal personale autorizzato dal comune;
(...)
- f) il trasporto delle urne contenenti le ceneri non è soggetto alle misure precauzionali igieniche previste per il trasporto delle salme, salvo diversa indicazione dell'autorità sanitaria;
(...)
- i) predisposizione di sale attigue ai crematori per consentire il rispetto dei riti di commemorazione del defunto e un dignitoso commiato.
(...)».
- A norma dell'articolo 5, paragrafo 2, di tale legge:
«Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della sanità, sentite l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), la Confederazione nazionale dei servizi (CONFSERVIZI), nonché le associazioni maggiormente rappresentative che abbiano fra i propri fini quello della cremazione dei propri soci, sono stabilite, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le tariffe per la cremazione dei cadaveri e per la conservazione o la dispersione delle ceneri nelle apposite aree all'interno dei cimiteri».
Decreto del Presidente della Repubblica del 10 settembre 1990, n. 285
- Ai sensi dell'articolo 92, comma 4, del decreto del presidente della Repubblica del 10 settembre 1990, n. 285:
«Non può essere fatta concessione di aree per sepolture private a persone o ad enti che mirino a farne oggetto di lucro o di speculazione».
Legge regionale del 4 marzo 2010, n. 18
- La legge regionale del 4 marzo 2010, n. 18 - Norme in materia funeraria, della Regione del Veneto, ha affidato ai comuni il compito di emanare le prescrizioni sulla conservazione e sulle caratteristiche delle urne cinerarie.
Regolamento dei servizi cimiteriali del Comune di Padova
- L'articolo 52 del regolamento dei servizi cimiteriali del Comune di Padova, come modificato dalla delibera del Comune di Padova del 30 novembre 2015, n. 84, così prevede:
«1. L'affidamento dell'urna cineraria per la conservazione in abitazione avverrà secondo quanto disposto in vita dal defunto, risultante da atto scritto. In mancanza, l'affidamento potrà essere richiesto dal coniuge o, in difetto, dal parente più prossimo individuato ai sensi degli articoli 74, 75, 76 e 77 del codice civile e, in caso di concorrenza di più parenti dello stesso grado, dalla maggioranza assoluta di essi.
- È consentito, in caso di comprovati vincoli affettivi o di riconoscenza, l'affidamento anche a soggetti diversi da quelli indicati nel secondo periodo del comma precedente, previo consenso scritto degli aventi diritto.
- Non è in nessun caso consentito all'affidatario demandare a terzi la conservazione dell'urna cineraria. Tale divieto vale anche in caso di espressa volontà manifestata in vita dal defunto.
- È fatto obbligo di conservare l'urna esclusivamente presso l'abitazione dell'affidatario, in luogo protetto da possibili profanazioni o sottrazioni. Non potranno essere praticate sull'urna, per nessun motivo, aperture o fori.
- In qualsiasi momento il Servizio cimiteriale potrà disporre che l'urna cineraria venga esibita dall'affidatario, per verificarne l'integrità e lo stato di conservazione.
(...)
- È in ogni tempo possibile richiedere la collocazione in area cimiteriale dell'urna già affidata.
- Oltre a quanto previsto dal quarto comma, in nessun caso la conservazione di urne cinerarie può avere finalità lucrative, e pertanto non sono ammesse attività economiche che abbiano ad oggetto, anche non esclusivo, la conservazione di urne cinerarie a qualsiasi titolo e per qualsiasi durata temporale. Tale divieto vale anche in caso di espressa volontà manifestata in vita dal defunto».
Procedimento principale e questione pregiudiziale
- La Memoria è una società costituita il 1° dicembre 2014. La sua attività consiste nell'offrire alle famiglie di defunti cremati un servizio di conservazione delle loro urne cinerarie sulla base di contratti di cessione di spazi per il deposito di dette urne in colombari. Tale servizio è presentato come finalizzato a consentire alle famiglie di evitare di dover custodire le urne presso la propria abitazione, offrendo loro un accesso ai locali dove sono conservate dette urne più agevole rispetto a quanto accade per un cimitero. I luoghi in cui tali urne sono conservate si presentano come spazi esclusivamente destinati a custodire tali urne, in ambienti esteticamente gradevoli, tranquilli, protetti e particolarmente appropriati per il raccoglimento e la preghiera in memoria dei defunti.
- A partire dal mese di settembre 2015 la Memoria ha inaugurato alcuni spazi esclusivamente destinati ad ospitare urne cinerarie, che essa denomina «Luoghi della Memoria», dislocati in diversi quartieri del Comune di Padova. L'accesso dei membri della famiglia del defunto a tali luoghi è subordinato all'accettazione di un codice di condotta interno, che impone, in particolare, l'osservanza delle norme di buona educazione, correttezza e dignità, il divieto di consumare bevande alcoliche e l'obbligo di indossare un abbigliamento corretto.
- La sig.ra XXXXX è una potenziale cliente della XXXXX, in quanto intende cremare le spoglie del proprio marito e trasferire le sue ceneri in una di tali strutture.
- Tuttavia, il Comune di Padova ha emanato la delibera n. 84, del 30 novembre 2015, che ha modificato il regolamento dei servizi cimiteriali di detto comune. Le modifiche sopravvenute producono l'effetto di escludere espressamente che l'affidatario di un'urna cineraria possa avvalersi di servizi di un'impresa privata, gestita al di fuori del servizio cimiteriale comunale, al fine di conservare tale urna fuori dell'ambito domestico.
- Il 15 febbraio 2016, la XXXXX e la sig.ra XXXXX hanno adito il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (Italia) chiedendo l'annullamento della citata delibera e, per quanto concerne la XXXXX, il risarcimento dei danni subiti a causa della medesima. Per suffragare il loro ricorso, esse adducono, in sostanza, che la normativa nazionale in discussione non è conforme al diritto dell'Unione e, più precisamente, ai principi della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi.
- In proposito, il giudice del rinvio spiega di nutrire dubbi quanto all'invocabilità di tali principi, dato che la normativa nazionale in questione si applica non già all'insieme del territorio nazionale, bensì unicamente al Comune di Padova. Per contro, laddove i suddetti principi dovessero essere considerati applicabili, il medesimo giudice ritiene che sussistano ragioni per dubitare che la normativa nazionale controversa sia conforme a tali principi, dal momento che tale normativa non è, a suo avviso, giustificata da alcuna ragione di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica.
- In tale contesto, il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«[S]e gli articoli 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea devono essere interpretati nel senso che ostano all'applicazione delle seguenti disposizioni dell'articolo 52 del regolamento dei servizi cimiteriali del Comune di Padova [come modificato dalla delibera del Comune di Padova del 30 novembre 2015, n. 84, le quali dispongono che]:
"Non è in nessun caso consentito all'affidatario demandare a terzi la conservazione dell'urna cineraria. Tale divieto vale anche in caso di espressa volontà manifestata in vita dal defunto" (comma terzo).
"È fatto obbligo di conservare l'urna esclusivamente presso l'abitazione dell'affidatario" (comma quarto). (...)
"In nessun caso la conservazione di urne cinerarie può avere finalità lucrative e pertanto non sono ammesse attività economiche che abbiano ad oggetto, anche non esclusivo, la conservazione di urne cinerarie a qualsiasi titolo e per qualsiasi durata temporale. Tale divieto vale anche in caso di espressa volontà manifestata in vita dal defunto" (comma decimo)».
- Con ordinanza del presidente della Corte del 31 luglio 2017, la domanda del giudice del rinvio intesa a sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento accelerato di cui all'articolo 105 del regolamento di procedura della Corte è stata respinta.
Sulla questione pregiudiziale
Sulla competenza della Corte
- Il governo italiano sostiene che la Corte non è competente a rispondere alla questione sottoposta, in quanto le disposizioni del diritto dell'Unione di cui si chiede l'interpretazione non si applicano alla controversia oggetto del procedimento principale, dal momento che quest'ultima attiene ad una situazione puramente interna.
- A norma dell'articolo 94 del regolamento di procedura, spetta al giudice del rinvio indicare alla Corte sotto quale profilo, malgrado il suo carattere puramente interno, la controversia dinanzi ad esso pendente presenti con gli articoli 49 e 56 TFUE un elemento di collegamento che rende la loro interpretazione necessaria per la soluzione di tale controversia (v., in questo senso, sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C-268/15, EU:C:2016:874, punto 55).
- In assenza di indicazioni siffatte, la domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere dichiarata irricevibile.
- Occorre pertanto esaminare l'eccezione sollevata dal governo italiano nel contesto della verifica della ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale.
Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale
- Va ricordato che occorre considerare che una controversia, per quanto veda opposti cittadini di uno stesso Stato membro, presenta un elemento di collegamento con gli articoli 49 e 56 TFUE tale da rendere l'interpretazione di dette disposizioni necessaria per dirimere detta controversia nell'ipotesi in cui il diritto nazionale imponga al giudice del rinvio di riconoscere a detti cittadini gli stessi diritti di cui beneficerebbero i cittadini di altri Stati membri, nella stessa situazione, in forza del diritto dell'Unione (v., in questo senso, sentenze del 21 febbraio 2013, Ordine degli Ingegneri di Verona e Provincia e a., C-111/12, EU:C:2013:100, punto 35, e del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C-268/15, EU:C:2016:874, punto 52).
- Nel caso di specie, sebbene nel procedimento principale le controparti siano, da un lato, una società di diritto italiano e una cittadina italiana, e, dall'altro, un comune situato nel territorio italiano, il giudice remittente spiega che, in forza dell'articolo 53 della legge del 24 dicembre 2012, n. 234, esso è tenuto a far beneficiare tale società e tale cittadina degli articoli 49 e 56 TFUE.
- In questo contesto, occorre constatare che il giudice del rinvio ha dimostrato sotto quale profilo la controversia dinanzi ad esso pendente presenti, nonostante il suo carattere puramente interno, un elemento di collegamento con gli articoli 49 e 56 TFUE, che rende la richiesta interpretazione del diritto dell'Unione necessaria per dirimere tale controversia e, di conseguenza, che la domanda di pronuncia pregiudiziale risulta, a tale riguardo, ricevibile.
- Peraltro il Comune di Padova e il governo italiano sostengono che la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile anche per altri motivi.
- Innanzitutto, a loro avviso, tale domanda non contiene tutti gli elementi in fatto e in diritto necessari per consentire alla Corte di rispondere proficuamente alla questione sottoposta. Il giudice remittente, in particolare, non avrebbe esposto gli argomenti del Comune di Padova intesi a mettere in luce gli interessi pubblici per la cui protezione sono state emanate le disposizioni in oggetto nel procedimento principale.
- In proposito occorre rammentare che, in conformità all'articolo 94, lettere b) e c), del regolamento di procedura, ogni domanda di pronuncia pregiudiziale deve esporre il contenuto delle norme nazionali applicabili alla controversia oggetto del procedimento principale nonché il collegamento che il giudice del rinvio stabilisce tra dette norme e le disposizioni di diritto dell'Unione di cui si chiede l'interpretazione.
- Nel caso di specie, il giudice del rinvio ha citato le pertinenti disposizioni del regolamento dei servizi cimiteriali del Comune di Padova, come modificato dalla delibera del Comune di Padova del 30 novembre 2015, n. 84, e ha specificato che l'interpretazione degli articoli 49 e 56 TFUE era richiesta in quanto la legittimità di detto regolamento era contestata a causa della sua asserita contrarietà ai principi di libera prestazione di servizi e di libertà di stabilimento.
- Quindi il giudice del rinvio ha adempiuto, in maniera giuridicamente adeguata, il suo obbligo di esporre il contenuto delle norme nazionali applicabili alla controversia nel procedimento principale nonché il collegamento esistente tra dette norme e quelle del diritto dell'Unione di cui si chiede l'interpretazione.
- Pertanto, l'eccezione di irricevibilità sollevata dal Comune di Padova e dal governo italiano deve essere respinta.
- Il governo italiano asserisce poi che la domanda di pronuncia pregiudiziale è prematura. Secondo tale governo, infatti, prima di sottoporre la questione pregiudiziale alla Corte, il giudice del rinvio avrebbe dovuto esaminare se la normativa nazionale oggetto del procedimento principale vietasse o autorizzasse l'esercizio di un'attività economica avente ad oggetto la custodia e la conservazione di urne cinerarie e, in tale occasione, avrebbe dovuto individuare gli obiettivi perseguiti da detta normativa.
- In proposito occorre ricordare che i giudici nazionali dispongono della più ampia facoltà di adire la Corte qualora ritengano che, nell'ambito di una controversia dinanzi ad essi pendente, siano sorte questioni che implicano un'interpretazione o un accertamento della validità delle disposizioni del diritto dell'Unione necessarie per definire la controversia di cui sono investiti e che, in particolare, essi sono liberi di esercitare tale facoltà nel momento del procedimento che essi giudicano opportuno (sentenza del 5 luglio 2016, Ognyanov, C-614/14, EU:C:2016:514, punto 17 e e giurisprudenza citata).
- Di conseguenza, una domanda di pronuncia pregiudiziale non può essere dichiarata irricevibile per il solo motivo che essa è sopravvenuta in una fase precoce del procedimento principale.
- L'eccezione di irricevibilità sollevata dal governo italiano deve quindi essere respinta.
- Infine il Comune di Padova ritiene che, dato che la normativa nazionale oggetto del procedimento principale riguarda lo status dei diritti personalissimi dell'individuo, i principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento ostano, in ogni caso, a una contestazione di tale normativa.
- Tuttavia, sebbene non si debba necessariamente escludere che i principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento possano risultare pertinenti, la loro eventuale interazione con le libertà di circolazione costituisce una questione di merito. Pertanto, un mero richiamo a tali principi non basta per stabilire che una domanda di pronuncia pregiudiziale è priva di utilità, e la risposta a detta domanda rimane necessaria affinché il giudice del rinvio possa pronunciare la sua decisione. Una tale domanda di pronuncia pregiudiziale non è quindi irricevibile.
- Conseguentemente, occorre respingere l'eccezione di irricevibilità sollevata dal Comune di Padova.
- Da quanto precede risulta che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.
Nel merito
Osservazioni preliminari
- In primo luogo, in sede di udienza la Commissione europea ha affermato che non occorre esaminare la normativa nazionale controversa nel procedimento principale alla luce delle disposizioni del Trattato FUE relative alle libertà fondamentali, poiché nel procedimento principale è la direttiva 2006/123 che si applica.
- Occorre tuttavia rilevare che una normativa nazionale che, come quella oggetto del procedimento principale, vieta alle imprese private di fornire un servizio di conservazione di urne cinerarie, produce, come si evince da quanto esposto nell'ordinanza di rinvio, l'effetto di conferire ai servizi comunali un monopolio sulla fornitura del servizio di conservazione di tali urne. Orbene, dall'articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 2006/123, letto alla luce del considerando 8 di tale direttiva, risulta che quest'ultima non tratta dell'abolizione dei monopoli che forniscono servizi.
- Di conseguenza, una normativa siffatta non ricade nell'ambito di applicazione della direttiva 2006/123 e deve quindi essere esaminata alla luce delle sole disposizioni del Trattato.
- In secondo luogo, nella sua questione il giudice del rinvio ha fatto riferimento sia all'articolo 49 TFUE sia all'articolo 56 TFUE.
- Tuttavia, su questo punto, si constata che solo la prima delle due citate disposizioni è applicabile al procedimento principale. Infatti, quando un operatore intende esercitare, in modo effettivo, la sua attività economica mediante un'organizzazione stabile e per una durata indeterminata, la sua situazione deve essere esaminata alla luce della libertà di stabilimento, come definita all'articolo 49 TFUE (v., in particolare, sentenze del 29 settembre 2011, Commissione/Austria, C-387/10, non pubblicata, EU:C:2011:625, punto 22, e del 23 febbraio 2016, Commissione/Ungheria, C-179/14, EU:C:2016:108, punti da 148 a 150).
- Orbene, nel procedimento principale risulta che la Memoria intende fornire, nel territorio del Comune di Padova, un servizio di conservazione di urne cinerarie mediante un'organizzazione stabile e per una durata indeterminata. Conseguentemente, la questione pregiudiziale deve essere considerata vertente sull'interpretazione del solo articolo 49 TFUE.
- Alla luce di quanto precede, occorre intendere la questione sottoposta nel senso che il giudice remittente, in sostanza, chiede se l'articolo 49 TFUE debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che vieta, anche contro l'espressa volontà del defunto, all'affidatario di un'urna cineraria di demandarne a terzi la conservazione, che lo obbliga a conservarla presso la propria abitazione, salvo affidarla ad un cimitero comunale e, inoltre, che proibisce ogni attività esercitata con finalità lucrative avente ad oggetto, anche non esclusivo, la conservazione di urne cinerarie a qualsiasi titolo e per qualsiasi durata temporale.
Sulla questione
- Anzitutto, occorre ricordare che l'articolo 49 TFUE osta a qualsiasi misura nazionale che costituisca una restrizione della libertà di stabilimento, salvo che tale restrizione sia giustificata da ragioni imperative di interesse generale (v., in questo senso, segnatamente, sentenza del 5 dicembre 2013, Venturini e a., da C-159/12 a C-161/12, EU:C:2013:791, punti 30 e 37).
- In primo luogo, secondo una giurisprudenza costante, costituisce una restrizione ai sensi dell'articolo 49 TFUE ogni provvedimento nazionale che, pur se applicabile senza discriminazioni in base alla cittadinanza, vieti, ostacoli o renda meno allettante l'esercizio, da parte dei cittadini dell'Unione, della libertà di stabilimento garantita dal Trattato (v., in questo senso, sentenza del 28 gennaio 2016, Laezza, C-375/14, EU:C:2016:60, punto 21).
- Nel caso qui in esame, tenuto conto di quanto esposto dal giudice del rinvio, occorre dichiarare che una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale, che vieta ai cittadini dell'Unione di fornire un servizio di conservazione di urne cinerarie nello Stato membro interessato, impedisce a tali cittadini di stabilirvisi per esercitare tale servizio di conservazione e che, pertanto, essa è idonea ad ostacolare i suddetti cittadini nell'esercizio della libertà di stabilimento garantita dal Trattato.
- Di conseguenza, una normativa siffatta istituisce una restrizione alla libertà di stabilimento ai sensi dell'articolo 49 TFUE.
- In secondo luogo, conformemente a una giurisprudenza costante, una restrizione alla libertà di stabilimento può essere giustificata, a condizione che si applichi senza discriminazioni basate sulla nazionalità, per ragioni imperative di interesse generale, purché sia idonea a garantire la realizzazione dell'obiettivo perseguito e non ecceda quanto necessario per conseguirlo (v., in questo senso, in particolare, sentenza del 9 marzo 2017, Piringer, C-342/15, EU:C:2017:196, punto 53 e giurisprudenza citata).
- Più in particolare, occorre ancora ricordare che una normativa nazionale è atta a garantire la realizzazione dell'obiettivo fatto valere solo qualora risponda effettivamente all'intento di realizzarlo in modo coerente e sistematico (v., in questo senso, sentenze del 10 marzo 2009, Hartlauer, C-169/07, EU:C:2009:141, punto 55, e del 23 dicembre 2015, Hiebler, C-293/14, EU:C:2015:843, punto 65).
- Nel caso di specie, il Comune di Padova e il governo italiano asseriscono che la normativa nazionale oggetto del procedimento principale - la quale è pacifico che si applichi senza discriminazioni attinenti alla nazionalità - è giustificata da ragioni imperative di interesse generale intese alla tutela della salute, alla necessità di garantire il rispetto dovuto alla memoria dei defunti e alla tutela dei valori morali e religiosi prevalenti in Italia, i quali ultimi ostano all'esistenza di attività commerciali e mondane connesse alla conservazione delle ceneri dei defunti e quindi, a che le attività di custodia dei resti mortali perseguano una finalità lucrativa.
- A questo riguardo, per quanto concerne, sotto un primo profilo, la giustificazione basata sulla tutela della salute, certamente da una costante giurisprudenza della Corte risulta che tale tutela figura tra le ragioni imperative di interesse generale riconosciute dal diritto dell'Unione, e che gli Stati membri, in questo ambito, dispongono di un ampio potere discrezionale (v., in questo senso, sentenza del 1° giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez, C-570/07 e C-571/07, EU:C:2010:300, punti 44, 68 e 106).
- Tuttavia, un obiettivo di questo genere non può giustificare la restrizione controversa nel procedimento principale, dal momento che le ceneri funerarie, diversamente dalle spoglie mortali, sotto un profilo biologico sono inerti, in quanto rese sterili dal calore, sicché la loro conservazione non può rappresentare un vincolo imposto da considerazioni sanitarie.
- Di conseguenza, l'obiettivo consistente nella tutela della salute addotto dal Comune di Padova e dal governo italiano non è idoneo a giustificare le restrizioni alla libertà di stabilimento introdotte dalla normativa nazionale oggetto del procedimento principale.
- Per quanto attiene, sotto un secondo profilo, all'obiettivo relativo alla tutela del rispetto dovuto alla memoria dei defunti, anche quest'ultimo può costituire una ragione imperativa di interesse generale.
- Inoltre, certamente una normativa nazionale che vieta alle imprese private di esercitare attività di conservazione di urne cinerarie può essere considerata idonea a garantire la realizzazione di detto obiettivo. Da una parte, infatti, un divieto del genere può garantire che la conservazione di tali urne sia affidata a strutture sottoposte a obblighi e a controlli specifici destinati ad assicurare il rispetto dovuto alla memoria dei defunti. Dall'altra parte, esso è in grado di garantire che, qualora le imprese interessate cessino le loro attività di custodia, le urne in questione non siano abbandonate o il loro contenuto non sia disperso in modi e luoghi inadatti.
- Occorre tuttavia constatare che esistono misure meno restrittive che consentono di conseguire il citato obiettivo, quali, segnatamente, l'obbligo di provvedere alla conservazione delle urne cinerarie in condizioni analoghe a quelle dei cimiteri comunali e, in caso di cessazione dell'attività, di trasferire tali urne in un cimitero pubblico o di restituirle ai parenti del defunto.
- La normativa nazionale oggetto del procedimento principale si spinge dunque oltre quanto necessario per conseguire l'obiettivo di tutelare il rispetto dovuto alla memoria dei defunti.
- Ciò considerato, le restrizioni alla libertà di stabilimento introdotte dalla normativa in parola non possono essere giustificate con riguardo alla tutela del rispetto dovuto alla memoria dei defunti.
- Per quel che riguarda, sotto un terzo profilo, i valori morali e religiosi prevalenti dello Stato membro interessato, il governo italiano afferma che questi ultimi ostano a che le attività di conservazione di resti mortali possano perseguire un fine di lucro.
- Tuttavia, senza che occorra pronunciarsi sul valore di tale obiettivo, si deve rilevare che dalla formulazione stessa dell'articolo 5, paragrafo 2, della legge del 30 marzo 2001, n. 130, si evince che l'attività di conservazione di ceneri mortuarie, in tale Stato membro, è assoggettata al pagamento di una tariffa stabilita dal Ministro dell'Interno, di concerto con il Ministro della Sanità e sentite talune associazioni.
- Orbene, l'apertura delle attività di custodia di resti mortali ad operatori privati avrebbe potuto essere assoggettata al medesimo inquadramento tariffario, che, di per sé, lo Stato membro interessato evidentemente non considera contrario ai propri valori morali e religiosi.
- Pertanto, in mancanza di ciò, la normativa nazionale in discussione nel procedimento principale si spinge oltre quanto necessario per conseguire l'obiettivo addotto e, di conseguenza, non può in ogni caso essere giustificata alla luce di tale obiettivo.
- In considerazione di quanto precede, occorre rispondere alla questione sottoposta dichiarando che l'articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che vieta, anche contro l'espressa volontà del defunto, all'affidatario di un'urna cineraria di demandarne a terzi la conservazione, che lo obbliga a conservarla presso la propria abitazione, salvo affidarla ad un cimitero comunale e, inoltre, che proibisce ogni attività esercitata con finalità lucrative avente ad oggetto, anche non esclusivo, la conservazione di urne cinerarie a qualsiasi titolo e per qualsiasi durata temporale.
Sulle spese
- Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
P.Q.M.
la Corte (Terza Sezione) dichiara:
L'articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che vieta, anche contro l'espressa volontà del defunto, all'affidatario di un'urna cineraria di demandarne a terzi la conservazione, che lo obbliga a conservarla presso la propria abitazione, salvo affidarla ad un cimitero comunale e, inoltre, che proibisce ogni attività esercitata con finalità lucrative avente ad oggetto, anche non esclusivo, la conservazione di urne cinerarie a qualsiasi titolo e per qualsiasi durata temporale.
Biella: sigilli al forno crematorio
La notizia ha fatto scalpore, anche perché l'impianto di Biella ha un bacino d'utenza più ampio della provincia piemontese (serve anche alcune imprese dell'area comasca).
Il procuratore della Repubblica di Biella Teresa Angela Camelio parla di «lugubre catena di montaggio della morte», una definizione sicuramente adatta ad attirare l'attenzione di stampa e pubblico ma, di là dalle opinioni, restano i fatti che sarebbero stati accertati: ossa frantumate a colpi di pala, ceneri umane gettate nell’immondizia, corpi estratti dalle bare e ammucchiati in scatole di cartone per poi essere bruciati a due a due.
L’indagine ha condotto all’arresto del responsabile del forno crematorio della città piemontese e al sequestro dell’impianto.
I biscotti "mortali" di una studentessa californiana
Dalla California arriva una storia degna di un film dell’orrore: alcuni studenti della Da Vinci Charter Academy High School avrebbero mangiato dei biscotti preparati con dei resti umani. Come riporta il Mirror, secondo quanto emerso dall’indagine avviata dal Dipartimento di Polizia di Davis, una studentessa avrebbe offerto ai compagni di classe dei biscotti di zucchero fatti in casa: solo dopo la merenda, la giovane avrebbe rivelato di aver usato tra gli ingredienti le ceneri della nonna defunta.
Tutto è iniziato quando uno dei ragazzi che hanno mangiato i biscotti è tornato a casa e ha raccontato l’accaduto ai genitori che, sotto shock, hanno subito avvisato sia la scuola che la Polizia: i dirigenti dell’istituto avrebbero chiesto chiarimenti al ragazzo e gli avrebbero detto di non raccontare nulla a nessun altro, per poi fargli firmare una dichiarazione, della quale i genitori hanno chiesto una copia. “L’istituto sembra essere più preoccupato di proteggere i propri interessi che quelli dei propri studenti”, ha commentato alla stampa locale il padre del ragazzo.
“Non posso rilasciare commenti su questa storia – ha dichiarato in proposito il Preside dell’istituto superiore, Tyler Millsap – ma voglio assicurare che non ci sono rischi per la salute né per il nostro campus né per i nostri studenti”. Intanto, per capire se la studentessa ha detto o meno la verità, i biscotti sono stati analizzati e ora si attendono i risultati per verificare la presenza dei resti umani; la Polizia fa sapere che comunque finora nessuno dei ragazzi coinvolti ha avuto ripercussioni fisiche o fisiologiche.
fonte: www.105.net
crediti per l'immagine: monotone-inkwell @ tumblr.com
Federcofit incontra gli imprenditori abruzzesi
La storia dei servizi funebri abruzzesi come anche del resto in altre regioni, è legata decenni di modus operandi che si sono via via consolidati nel tempo e, attraverso una corretta interpretazione di una normativa regionale, hanno stabilizzato ed uniformato il settore funebre, rendendolo una delle poche realtà rimaste in Italia con ancora un evidente rispetto della ritualità funebre. Bravura senz'altro di operatori che hanno saputo conservare la propria identità "quasi" inalterata nel tempo, ma frutto anche di una attenta normativa che ponesse poche aree di grigio interpretativo in merito alla sua applicazione. Poi naturalmente laddove non arriva la legge a normare, arriva la libera fantasia degli imprenditori privati che opera palesemente in opposizione di pareri da parte della sanità abruzzese .... Ma questa è un'altra storia.
Dicevamo che l'articolo 35 della legge regionale, descrive il trasporto e la movimentazione del feretro disciplinandolo in modo inequivocabile.
Importante è ribadire l'importanza che assume l'incaricato al trasporto poiché è colui che deve identificare il cadavere, autocertificarne la regolarità per il confezionamento del feretro e trascrivere i nominativi dei addetti per la movimentazione (minimo quattro).
I soggetti che eseguono la movimentazione del feretro, se non sono rispondenti alla stessa impresa che ha ottenuto il mandato da parte della famiglia, devono soddisfare una serie di requisiti espressamente richiesti dalla Regione e, non ultimo, utilizzare personale debitamente formato per le proprie mansioni.
Qui arriva la storicità ed il consolidarsi sul territorio, a differenza delle altre regioni, della prassi della spallata per l'esecuzione della movimentazione.
Fondamentale sono i requisiti che consentono l'utilizzo della "spallata" attraverso la sottoscrizione formale di un appalto genuino. Tale gergo identifica tre precise caratteristiche sulle quali si deve fondare tale istituto.
- Organizzazione dei mezzi necessari (in relazione alle esigenze)
- Esercizio del potere organizzativo e direttivo (nei confronti dei lavoratori utilizzati per l'appalto)
- Rischio d'impresa (assunzione di responsabilità da parte dell'appaltatore)
Ottemperare al decreto 81/08 in merito alla sicurezza dei luoghi e dei lavoratori è condizione di base in quanto chiunque esegua una qualsiasi attività sul territorio italiano deve rispettare e far rispettare tale normativa.
In Abruzzo non si è consolidata la prassi come in alcune altre regioni d'Italia della possibilità di avvalersi di veri e propri centri servizi che, se non regolarmente costituiti o sommariamente organizzati al fine di coprire ben'altri fini che quelli di essere reali partner, potrebbero costituire un vero e proprio via libera alla polverizzazione per le imprese funebri.
In Abruzzo, la regolarità dei servizi, l'appalto genuino di spallata, il possesso di un carro Funebre, tutte caratteristiche per cui Federcofit si è sempre battuta e continua a battersi, sono elementi che cercano di tenere fermo un principio cardine legato alla concorrenza "leale" e paritetica di tutte le aziende del comparto funerario.
Abbiamo difeso e sostenuto l'appalto genuino, abbiamo avuto tavoli di confronto con enti preposti e a gran voce diciamo agli impresari funebri che la normativa, per fortuna o sfortuna, non la fa Federcofit, quindi, se l'appalto genuino deve necessariamente soddisfare le caratteristiche e le applicazioni che vi abbiamo elencato prima, sollecitiamo gli impresari ad adattarsi non alle consuetudini, ma bensì alla normativa per evitare inevitabili sanzioni a cui noi non possiamo rimediare.
Il comodato d'uso di un mezzo è una prassi che se non incastrata a dovere con altre disposizioni dimostra di essere una debole scrittura privata che potrebbe creare danni e sanzioni in fase di controllo.
Di questo e di altre considerazioni in merito alla regolarità delle imprese, come ad esempio l'incombente fatturazione elettronica e le disposizioni al GDPR parleremo
giovedì 18 ottobre dalle ore 18
presso l'Hotel Dragonara
(USCITA PESCARA OVEST)
Certi di farvi cosa gradita vi salutiamo anche con l'invito al buffet conviviale che seguirà l'evento.
20° Natale insieme: il tempo passa in fretta quando si è in lieta compagnia
Arriva il momento degli auguri. Per noi, che conosciamo le Donne e gli Uomini del Comparto Funerario, le loro storie professionali, spesso quelle personali e familiari, questo momento non è un’occasione formale e scontata.
Siamo ogni giorno al vostro fianco e sappiamo che anche in questi giorni, mentre una gran parte dei nostri Concittadini si dedica a festeggiare la data che dà simbolicamente inizio alla storia della Cristianità, o cura i propri affetti familiari, le Donne e gli Uomini del Comparto Funerario saranno a fianco di chi soffre proprio a Natale, condivideranno il dolore del prossimo nel periodo più gioioso dell’anno.
È la missione del nostro Comparto, aiutare persone che soffrono e alleviare la loro fatica facendosene carico almeno in parte. Ogni giorno.
È un lavoro che non si può fare senza metterci il cuore, per questo, mentre si avvicina il Natale, e a tutti i Soci e a tutto il Comparto Funerario vogliamo fare i nostri auguri.
Auguri perché questi giorni, che pure saranno di impegno umano e professionale, vi diano l’occasione per stare con chi amate.
Auguri perché nel prossimo anno ognuno possa trovare soddisfazioni personali e professionali.
Auguri anche per il nostro Comparto, che ha bisogno di stabilità e sicurezze.
Auguri.
Di cuore.
A tutti.
Blocco circolazione vetture in Lombardia: l'abbiamo spuntata!
Federcofit ha richiesto e ottenuto di derogare i mezzi funebri in merito al blocco di circolazione in Regione Lombardia a seguito del nuove misure in atto per il miglioramento della qualità dell'aria.
Abbiamo conseguito il riconoscimento di funzione di pubblico servizio o di pubblica utilità delle autovetture del "comparto funerario" con la diretta conseguenza di essere derogati in merito alle limitazioni di circolazione previste dalla Deliberazione n° X /7095 del 18/09/2017.
Ci pare, al di là dell'ottimo risultato ottenuto, un importante traguardo di riconoscimento da parte di Regione Lombardia di uno status che da sempre Federcofit ha cercato di "indossare" e che a quanto pare ora siamo riusciti ad avere.
Poteste scaricare da questo link la lettera inviata all'Ill.mo Assessore al Welfare Regione Lombardia Avv. Giulio Gallera e all' Ill.mo Assessore alle Infrastrutture Trasporti e Mobilità Dott. Claudia Maria Terzi.
Qui di seguito la risposta avuta da Luigi Cajazzo Direttore Generale Welfare:
con riferimento a quanto segnalato, dopo le opportune verifiche effettuate con la direzione competente Ambiente e Clima, si conferma che non si è riscontrato, ad oggi, ostacolo alla riconoscibilità dei veicoli funebri quali mezzi che esercitano indiscutibilmente un pubblico servizio nei confronti dell'utenza, non differibile in quanto finalizzato alla celebrazione dei riti funebri.
Già nel contesto dell'articolo 13, LR 24/2006 e smi. risultava individuata la categoria generale dei veicoli utilizzati a servizio di finalità di tipo pubblico o sociale, poi ulteriormente specificata nei provvedimenti di Giunta regionale adottati nel tempo (da ultimo ed in linea con le precedenti, DGR n. 449 del 02/08/2018), per far fronte alle criticità in termini di qualità dell'aria della nostra Regione e del bacino padano.
In particolare, tali provvedimenti prevedono tra le le deroghe all'operatività delle limitazioni alla circolazione i "veicoli appartenenti a soggetti pubblici e privati che svolgono funzioni di pubblico servizio o di pubblica utilità, individuabili o con adeguato contrassegno o con certificazione del datore di lavoro" .
Nell'ambito di tale categoria riteniamo che rientrino le autovetture del comparto funerario; ciò in coerenza con la previsione dell'art. 72, comma 3, della l.r. 33/2009, che riconosce all'addetto di trasporto di cadavere quale incaricato di pubblico servizio.
Un cordiale saluto.
Luigi Cajazzo
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Direttore Generale Welfare
Palazzo Lombardia
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Finché morte non ci riunisca.
Questa storia viene dal passato, eppure l’uomo riesce ancora oggi a dividersi anche su ciò che dovrebbe unire.
È la storia di due coniugi. È raro che in questi giorni due persone sposate causino uno scandalo. Tuttavia, le cose non sono sempre state così Nei Paesi Bassi, nel diciannovesimo secolo, la religione divideva la società. Ma nel 1842, senza preoccuparsi di ciò che la società poteva pensare, una donna di 22 anni sposò un colonnello di 33 anni della cavalleria olandese.
Il marito era protestante e la moglie cattolica: il loro matrimonio suscitò scalpore nella città di Roermond, ma alla coppia non importava.
Rimasero sposati per 38 anni finché il marito morì nel 1880. Come usanza, fu sepolto nella sezione protestante del cimitero locale, che divideva i suoi occupanti per fede. Sezioni diverse furono assegnate a cattolici, protestanti ed ebrei, e ogni sezione era divisa da uno spesso muro di mattoni.
Se si era di una certa fede, non si poteva essere sepolti in un'altra sezione, il che significava che la moglie non sarebbe stata in grado di essere sepolta accanto a suo marito.
Così ha escogitato un piano intelligente che è ancora affascinante per le persone di oggi.
Mentre era viva, la moglie chiarì i suoi desideri: non voleva essere seppellita nella tomba della famiglia d’origine, desiderava essere il più vicino possibile al marito.
Ed ecco la soluzione: le due sepolture ai lati opposti del muro divisorio, due lapidi separate da un muro e dalle religioni, due coniugi riuniti da un paio di mani che si collegano sopra il divisorio in mattoni.
Ancora oggi gli uomini trovano ogni ragione per dividersi, persino nella religione. L’amore sa riunire anche nelle situazioni più difficili.